Una giornata nazionale di mobilitazione contro la guerra.

Convergere a Genova, Niscemi e Cagliari il 25 febbraio

Abbassate le armi e alzate i salari – Concentramento al varco Etiopia, sul lungomare Canepa di Genova, alle 14:30
Manifestazione No Muos a Niscemi sabato 25 febbraio – Concentramento in largo Mascione alle 16
No all’invio delle armi – Fermiamo le guerre! – Concentramento in Piazza Garibaldi a Cagliari alle 09:30

Il P.CARC partecipa, sostiene e chiama gli organismi operai e popolari, le organizzazioni e i partiti del movimento comunista, le organizzazioni politiche, sindacali e sociali, i movimenti e le associazioni a partecipare a Genova, Niscemi e Cagliari per organizzarsi e coordinarsi contro la guerra, l’economia di guerra e il governo della guerra!

A fine gennaio scrivevamo sul numero 2/2023 di Resistenza (“Via il governo della guerra”):
“A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina e a cinque mesi dall’installazione del governo Meloni, i nodi vengono al pettine. Il governo Meloni ha dimostrato di essere uguale al governo Draghi.
Ha aggirato il parlamento e determinato per decreto la prosecuzione della fornitura di armi italiane all’esercito ucraino. Su quali e quante esse siano vige il più stretto riserbo.
Ha rinnovato l’impegno a sostenere economicamente il governo ucraino, ma anche in questo caso non è dato conoscere le cifre.
Ha rinnovato l’adesione alle sanzioni contro la Federazione Russa, nonostante siano un flagello per il nostro paese.
Ha fatto ulteriori passi per la realizzazione delle opere necessarie a “fare fronte alla crisi energetica” a dispetto dell’opposizione di intere comunità e nonostante il loro impatto sui territori sia devastante e la loro pericolosità certificata.
Ha proceduto con le manovre per rafforzare e ampliare (o costruire da zero, come a Coltano) basi militari italiane e Usa.

Tuttavia, una differenza fra il governo Draghi e il governo Meloni c’è ed è importante.
Il governo Draghi è stato imposto “dall’alto” e non ha mai dovuto rendere conto della sua opera alle masse popolari.
Giorgia Meloni sostiene di aver vinto le elezioni, di avere il mandato delle masse popolari per governare. Ma la maggioranza delle masse popolari è contro la partecipazione dell’Italia alla guerra della Nato, è contro le sanzioni alla Federazione Russa, è contro la sottomissione e la dipendenza del paese alla Nato e alla Ue. E di questo Giorgia Meloni dovrà, prima o poi, rendere conto.

Fino a questo momento, nel nostro paese non c’è stata una mobilitazione dispiegata contro la guerra e contro il governo della guerra e dell’economia di guerra. Questo permette a Giorgia Meloni di arrampicarsi sugli specchi: colleziona “figure barbine” (vedi le promesse non mantenute sulle accise sul carburante) e incolpa altri delle sue responsabilità (ad esempio i benzinai per i rincari sul carburante). Ma la mobilitazione delle masse popolari cresce, anche se non c’è ancora un centro autorevole che si faccia carico di svilupparla pienamente, ed è destinata a svilupparsi.
La questione di fondo NON è sperare che la mobilitazione si estenda e salga di tono e aspettare che succeda, ma partecipare attivamente al movimento che la fa crescere”.

Più o meno, negli stessi giorni il Collettivo Autonomo Lavoratori Porto (CALP) di Genova prendeva l’iniziativa e convocava un’assemblea per discutere la proposta di una manifestazione nazionale. L’assemblea si è svolta il 28 gennaio e, citiamo dal comunicato che ne è seguito: “La sala del Cap di Via Albertazzi era stracolma, molti non sono riusciti ad entrare. In collegamento, da tutta Italia, altre centinaia di compagne e di compagni. Ringraziamo ovviamente tutti coloro che hanno portato il loro contributo: dalle organizzazioni sindacali, ai collettivi, alle associazioni, fino alle organizzazioni politiche.
A un anno dall’inizio della guerra, pensiamo che sia condivisa da tutti e tutte l’urgenza di dare una rappresentanza concreta, non solo virtuale, a tutti coloro che non vogliono che questa guerra continui, a tutti coloro che rifiutano l’escalation bellica che non accenna a fermarsi. Dall’assemblea è risultato evidente che è venuto il momento di una mobilitazione reale. (…) L’opposizione alla guerra, alla vendita di armi non può che partire da noi, non può che partire dai lavoratori”.

Con questa spinta e questi contenuti, il 25 febbraio si svolgerà la manifestazione nazionale Abbassate le armi e alzate i salari con concentramento al varco Etiopia, sul lungomare Canepa di Genova, alle 14:30 e si svolgeranno anche la manifestazione a Niscemi (CL), promossa dal movimento NO MUOS e la manifestazione di Cagliari promossa da Cagliari Social Forum e Coordinamento Prepariamo la Pace. Ma non solo.

Il 9 febbraio, mentre lavorava, è morto nel porto di Trieste Paolo Bonelli, un operaio di 58 anni.
Il 10 febbraio, sempre sul lavoro, è morto nel porto di Civitavecchia Alberto Motta, di 29 anni.
Due morti di lavoro in due giorni, solo nei porti.
Alla mobilitazione contro la guerra in cui le Larghe Intese trascinano il nostro paese per obbedire alla Nato, si aggiunge la mobilitazione contro la guerra che i padroni e la classe dominante conducono ogni giorno contro le masse popolari.
USB porti, che aveva già proclamato 2 ore di sciopero contro il traffico di armi nei porti italiani, ha esteso lo sciopero a 24 ore, per tutta la giornata del 25, e ha chiamato i portuali alla mobilitazione nazionale di Genova.

Hanno ragione i portuali del CALP: “L’opposizione alla guerra, alla vendita di armi non può che partire da noi, non può che partire dai lavoratori”. Hanno ragione e il discorso è più generale.
Anche la lotta contro il carovita e per l’aumento di salari, stipendi e pensioni non può che partire dai lavoratori, come quella affinché ogni adulto abbia un lavoro utile e dignitoso.
La lotta contro la devastazione ambientale non può che essere rafforzata in modo decisivo dalla mobilitazione dei lavoratori.
La lotta per la sanità pubblica e il diritto alla salute non può che partire dai lavoratori.

La costruzione di un governo che faccia gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari non può avvenire se non attraverso la mobilitazione dei lavoratori stessi, la loro organizzazione, il coordinamento dei loro organismi di base, la loro trasformazione in classe dirigente che prende in mano la sorte delle aziende e del Paese.
Guardiamo le condizioni in cui la classe dominante ha ridotto il paese. Da mille parti sorge una domanda carica di angoscia: cosa succederà?
Compagni, compagne, succederà quello che i lavoratori e le masse popolari organizzate faranno succedere!

Perché non sono i padroni, i capitalisti e gli imperialisti a essere forti, sono i lavoratori che devono imparare a far valere tutta la loro forza!

I lavoratori organizzati possono dirigere il paese imponendo un loro governo di emergenza che apre la strada all’instaurazione del socialismo!

Facciamo appello a tutti coloro che vogliono organizzarsi per partecipare alle mobilitazioni in corso a mettersi in contatto con noi, scrivendo a carc@riseup.net

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