Il 28 gennaio, a Genova, si è svolta un’assemblea pubblica indetta dai lavoratori del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp) finalizzata alla costruzione di una giornata di mobilitazione contro la guerra per il 25 febbraio. L’obiettivo è coinvolgere tutti i lavoratori, i cittadini, i sindacati, le organizzazioni, i collettivi, i centri sociali e le forze politiche nella costruzione di questa giornata.
L’attività dei portuali del Calp contro le guerre degli imperialisti e il traffico di armi nei porti italiani proseguono da anni. Alla denuncia della presenza di mezzi militari e armi, destinati a guerre come quella in Yemen in barba alla legislazione nazionale vigente in materia, uniscono da sempre scioperi e mobilitazioni per impedire il carico e scarico delle navi della morte. Una lotta in cui sono stati capaci di coinvolgere decine di organismi, associazioni di lavoratori, sindacati, partiti e perfino ambienti legati alla Chiesa!
Tutto questo è costato al Calp varie denunce, tra cui quella per “associazione a delinquere” (!) nel 2021, ma quando la classe dominante colpisce vuol dire che la via intrapresa è quella giusta! Le denunce non hanno fermato i compagni impegnati a costruire un coordinamento dei portuali a livello nazionale e internazionale, a tenere dibattiti nelle università, a sostenere le mobilitazioni contro la costruzione di nuove basi militari e contro i produttori di armi.
Con lo sviluppo del conflitto in Ucraina, in cui è coinvolto anche il nostro paese, i portuali del Calp hanno intensificato la loro attività relazionandosi con altre organizzazioni delle masse popolari. Da qui l’adesione al Convegno contro la guerra del 4-5 febbraio a Varese e la partecipazione a iniziative internazionali come la Conferenza Intersindacale contro la Guerra di Londra del 21 gennaio.
Nel loro appello alla mobilitazione per il 25 febbraio scrivono giustamente:
“In Italia il Governo Meloni continua la politica “filoatlantista” del Governo Draghi dimostrando che non esiste nessuna possibilità né volontà di disubbidire a una politica sanguinosa e fallimentare anche per lo stesso futuro della Ue.
I lavoratori e gli sfruttati di ogni paese non hanno nulla da guadagnare. La guerra non è soltanto un enorme macello per i popoli ma porta con sé anche devastazione sociale, tagli di risorse per il lavoro e per il welfare per sostenere le spese militari. Porta ad aumenti delle tariffe che si scaricano sulle popolazioni mentre le speculazioni sui prezzi fanno lievitare i profitti di pochi soggetti economici. Risorse pubbliche a favore della guerra tolte a quelle che sono le richieste dei lavoratori come il riconoscimento dei lavori usuranti o gli aumenti salariali in base anche all’aumento dell’inflazione. O come le risorse negate al “reddito di cittadinanza” e la “disoccupazione”. Soldi che vengono meno per la pubblica istruzione o la pubblica sanità. Fermarli però è possibile cominciando dai nostri territori. Boicottando la guerra cominciando da casa nostra”.
Hanno ragione i portuali: la mobilitazione dal basso delle masse popolari può e deve fermare la guerra imperialista! E lo farà se i collettivi di lavoratori come il Calp assumeranno un ruolo sempre più di spinta per l’organizzazione del resto dei lavoratori e di coordinamento con altre esperienze a livello nazionale e non solo. La via maestra è rafforzare il legame con gli operai delle grandi fabbriche genovesi come la Fincantieri, l’Ansaldo o la Leonardo, con il Collettivo di Fabbrica Gkn, con il Movimento Disoccupati 7 Novembre di Napoli, e via dicendo.
Quanto più organismi come il Calp assumeranno questo ruolo, tanto più crescerà il coordinamento delle organizzazioni operaie e popolari del paese. Questi sono i presupposti che daranno alla mobilitazione contro la guerra imperialista la base necessaria per svilupparsi e porre fine alla partecipazione dell’Italia ai conflitti in cui la classe dominante ci ha imbarcati.
Come P.CARC sosteniamo la manifestazione e la lotta dei compagni del Calp, invitando tutti i nostri lettori a fare altrettanto.