Sulle elezioni regionali del Lazio del 12 e 13 febbraio
Il 12 e il 13 febbraio nel Lazio si vota per il rinnovo dell’Amministrazione Regionale. L’anticipazione delle elezioni regionali del Lazio, così come di quelle siciliane già tenutesi e quelle della Lombardia che si terranno sempre il 12 febbraio, è in continuità con l’operazione Draghi – Mattarella che ha portato alle elezioni politiche del 25 settembre ‘22. Dunque la composizione di un consiglio regionale addomesticato al sistema di larghe intese è l’obiettivo per cui queste elezioni regionali sono state convocate.
Le coalizioni del sistema di larghe intese
1.La coalizione a guida PD che candida a Presidente Alessio D’Amato, già Assessore alla Sanità della Giunta Zingaretti e soggetto a capo della gestione dello smantellamento e privatizzazione del servizio sanitario nazionale nel Lazio negli anni della pandemia da Covid19; a ulteriore consolidamento degli interessi di ricchi e straricchi che la candidatura D’Amato si propone di proteggere, il PD nel Lazio ha stretto alleanza con Italia Viva – Azione di Calenda e Renzi; un’operazione coperta da sinistra dalle liste civetta di una serie di comitati elettorali riuniti attorno a notabili della sinistra borghese del Lazio come, per esempio, l’aggregato Sinistra Civica Ecologista, già cartello elettorale di centri sociali e organismi popolari sostenitori della giunta PD di Gualtieri al Comune di Roma.
2.La coalizione a guida Fratelli d’Italia che candida a Presidente Francesco Rocca, già presidente della Croce Rossa Italiana e anche lui, come D’Amato, uomo forte del partito dei privatizzatori della sanità; la candidatura di Rocca è appoggiata dalla Lega di Salvini e da Forza Italia e raccoglie al seguito raggruppamenti reazionari di vario tipo: dai fuoriusciti di Casa Pound Italia confluiti nella Lega ai seguaci di Pierluigi Paragone a transfughi del M5S passati alla destra reazionaria come l’ex Presidente M5S del VII Municipio Monica Lozzi.
3.La coalizione a guida M5S, che nel Lazio è reduce dalla partecipazione con cariche ed Assessori all’attività della Giunta Zingaretti e candida a Presidente Donatella Bianchi, conduttrice TV e già presidente del Parco delle Cinque Terre in Liguria su nomina della giunta Toti, dunque un soggetto contiguo al sistema di larghe intese; la candidatura apparentemente “autonoma” del M5S rivendica l’operato della giunta Zingaretti e riscuote l’appoggio elettorale dei comitati elettorali riuniti attorno a notabili della sinistra borghese nel Lazio (Stefano Fassina, Paolo Cento, Loredana De Petris) da sempre in orbita PD e oggi promotori del cosiddetto Coordinamento 2050 e della lista civica “Polo Progressista” in appoggio al M5S, che hanno la funzione di traghettare consenso da sinistra verso il M5S e bilanciare a favore di quest’ultimo la contesa con il PD per chi debba essere la forza egemone del “campo largo” di cui si riempiono la bocca tanto Conte quanto Letta.
L’adesione al partito della privatizzazione della sanità, cui tutti e tre gli schieramenti hanno dato prova di fedeltà, da ultimo con la gestione criminale dell’emergenza Covid 19 nel Lazio, è il bollino di presentazione di tutti e tre questi schieramenti al cospetto dei “grandi elettori” di Roma e del Lazio. A cominciare dal Vaticano, principale accaparratore degli affari e dei profitti derivati dallo smantellamento del servizio sanitario.
Forze anti – larghe intese e tendenze negative da contrastare
Le forze anti – larghe intese partecipano a questa campagna elettorale in condizioni scompaginate. Alcune delle liste presentatesi alle passate elezioni politiche hanno rinunciato a presentarsi (come nel caso di Italia Sovrana e Popolare). Altre liste invece confermano la loro partecipazione in solitaria, come Unione Popolare che candida Rosa Rinaldi del PRC e il PCI di Mauro Alboresi che candida Sonia Pecorilli.
Tra le organizzazioni del movimento comunista e di sinistra individuiamo in particolare due tendenze negative che sono all’origine della situazione descritta. Entrambe queste tendenze sono il risultato di un bilancio errato o assente della disfatta delle elezioni politiche del 25 settembre:
– da un lato il settarismo che porta a considerare le altre forze politiche comuniste e anti-larghe intese alla stregua di concorrenti con cui sgomitare anziché alleati con cui coalizzarsi con l’obiettivo di dare voce al malcontento delle masse popolari e rendere ingestibile per il sistema di larghe intese, la composizione e il funzionamento del prossimo consiglio regionale; portavoce di questa tendenza sono sia il PCI Alboresi che Unione Popolare, che alle prossime regionali si contenderanno i voti dello stesso elettorato (i compagni con la falce e martello nel cuore) andando incontro a risultati elettorali certamente poco incisivi,
– dall’altro lato il codismo verso le larghe intese e la sua attuale “fronda di sinistra” cioè il M5S, che dalla sua adesione nel marzo ’21 alla giunta Zingaretti è stato inglobato anche in Regione Lazio nel sistema delle larghe intese ed ha abbandonato il suo ruolo politico di rottura e di portavoce del malcontento delle masse popolari; a conferma di questo andazzo la linea seguita per la scelta del candidato “autonomo dal PD” alle prossime regionali, all’insegna della ricerca di vip e figure accettabili per il sistema di larghe intese; nonostante la conclamata deriva del M5S, esponenti di sinistra borghese come Maurizio Acerbo e Luigi De Magistris, oggi che il M5S è stato ampiamente messo sotto controllo dal sistema delle larghe intese, plaudono alla sua opposizione al governo Meloni, “responsabile” e composta, di chi denuncia le malefatte ma non osa organizzare e mobilitare le masse popolari, di chi non vota l’invio di armi all’Ucraina ma ribadisce la propria osservanza euro-atlantica; mentre inveivano contro il “fascismo” del M5S quando esso era una mina vagante nel teatrino politico borghese … da qui il tentativo, fallito, di De Magistris e della frazione Acerbo del PRC di avere eletti in Regione Lazio provando a traghettare Unione Popolare verso l’ appoggio elettorale al M5S e all’apparecchio elettorale dei Fassina, Cento, De Petris.
La matrice comune di entrambe le tendenze negative sopra descritte è la deviazione elettoralista che induce a considerare la partecipazione al teatrino politico borghese alla stregua del terreno d’azione strategico per i comunisti. E’ così che comparire sulla scheda elettorale, avere spazio nei talk show e considerazione dai sondaggisti, competere nel teatrino politico finiscono con il sostituire la centralità per i comunisti dell’intervento nella lotta di classe. Anziché partecipare alle elezioni in funzione delle esigenze di sviluppo della lotta di classe si finisce con il parteciparvi in funzione del rafforzamento di ristretti interessi di bottega. Ecco perché alle prossime elezioni regionali partecipano liste elettorali comuniste e di sinistra che coerentemente correranno in autonomia dalle larghe intese ma presentandosi in solitaria e destinate a risultati elettorali ininfluenti. Così come, dall’altro lato della barricata (al carro delle larghe intese), ci sono organismi e singoli che perfino si dichiarano comunisti e di sinistra, centri sociali, comitati che rinsalderanno la propria obbedienza clientelare al PD o appoggeranno il M5S, finendo comunque con il portare acqua al nemico.
Il grande assente: un fronte elettorale anti-larghe intese
Manca all’appello, come per le elezioni politiche del 25 settembre, una coalizione delle forze elettorali anti-larghe intese che avrebbe costituito un solido e visibile punto di riferimento per gli elettori malcontenti del sistema di larghe intese e per la massa di astenuti, già considerevole alle elezioni politiche e destinata ad aumentare. Quello di cui oggi c’è bisogno è un fronte che unisca le forze politiche comuniste, di sinistra, antifasciste e per l’attuazione delle parti progressiste della nostra Costituzione. Un fronte che raduni e dia voce al variegato mondo degli organismi operai, popolari, giovanili, territoriali che sul territorio regionale si battono contro lo smantellamento dell’apparato produttivo che procede anno dopo anno, a beneficio della sete di profitto dei gruppi multinazionali che arrivano, lasciano il deserto e portano via i loro capitali. Un fronte che dia voce al malcontento e alla lotta contro la privatizzazione del servizio sanitario mascherata da emergenza permanente e per servizi pubblici degni di questo nome. Un fronte contro la gestione emergenziale e a beneficio di pochi gruppi capitalisti del disastro ecologico che anche nel Lazio significa transizione ecologica all’insegna di green washing e ancora termovalorizzatori per mettere a profitto l’emergenza rifiuti. Un fronte che dia voce alle masse popolari che vivono territori sempre più depredati da palazzinari, grandi costruttori e speculatori in affari nel sistema delle grandi opere inutili e costose. Un fronte per la costruzione di un’Amministrazione regionale che mobiliti le sue forze e le sue risorse per creare posti di lavoro attorno alla realizzazione delle tante piccole opere necessarie a rimettere in sesto i territori e i loro servizi, ad esempio per la realizzazione di un vero piano contro l’emergenza abitativa con la costruzione di nuova edilizia popolare e requisizione del grande patrimonio di immobili vuoti o abbandonati, a causa degli interessi della speculazione immobiliare, presenti a Roma e nel Lazio. Un fronte per un’Amministrazione regionale d’emergenza popolare, che operando in rottura coi diktat imposti dal governo centrale elabori e attui, in stretto legame con il movimento delle organizzazioni operaie e popolari del territorio, misure e soluzioni nell’interesse delle masse popolari.
Se questo blocco elettorale e questa unità possibile non si è realizzata ciò è certamente dovuto alle tendenze negative che abbiamo sommariamente rappresentato. Al contempo è anche frutto di limiti nostri, di forza, influenza e capacità di battagliare e far prevalere la linea giusta in relazione all’intervento dei comunisti nella lotta politica borghese. L’elettoralismo da un lato, di cui sono forme specifiche le tendenze negative sopra illustrate e l’astensionismo di principio dall’altro lato, di quanti rifiutano per partito preso di sporcarsi le mani con le elezioni, sono deviazioni che relegano i comunisti a vecchi ed impolverati schemi e alimentano l’arretrato spirito settario e concorrenziale con cui oggi le forze comuniste e anti-larghe intese, generalmente, regolano i rapporti tra di loro.
E’ per questo che impegneremo le nostre forze in campagna elettorale, nel sostenere e favorire le iniziative, sia organizzate da UP e PCI Alboresi sia organizzate da organismi che non concorrono alle elezioni,
– che favoriscono la confluenza del fronte anti-larghe intese che è oggi necessario e urgente costruire,
– che rafforzano la rete di organismi operai, popolari, tematici esistenti a Roma e nel Lazio,
– che traducono le promesse contenute nei programmi elettorali in atti e iniziative al servizio del movimento delle organizzazioni operaie e popolari, dei movimenti, dei comitati, delle reti che animano la resistenza contro il disastroso corso delle cose nella nostra regione.
La nostra indicazione di voto, che renderemo pubblica a ridosso della scadenza elettorale, andrà ai candidati di UP e PCI che si stanno distinguendo e si distingueranno per una campagna elettorale nella direzione sopra indicata.