Succede costantemente di trovarsi di fronte a menzogne e idiozie, ne siamo immersi.
Ad esempio, ogni giorno, su ogni canale televisivo e su tutti i giornali veniamo a conoscenza dei “poveri imprenditori” che non trovano manodopera per colpa del Reddito di Cittadinanza. Troviamo opinionisti e politicanti che accusano chi lo percepisce di non aver voglia di lavorare, di vivere sulle spalle della società, sulle spalle di chi lavora.
Ci sono premi Nobel per la pace che ci chiamano a fare “ogni sacrificio necessario” per permettere al governo italiano di inviare ingenti quantitativi di armi di ultima generazione al governo ucraino: è l’unico modo per contrastare la guerra, dicono.
Ci sono giudici che chiudono processi per stupro colpevolizzando la vittima che, in fondo, “se l’è cercata” o “non ha opposto resistenza”. Ce ne sono altri che aprono processi contro organizzazioni popolari perché sono “associazioni a delinquere” o mandano a processo dirigenti sindacali perché “minacciando e dirigendo gli scioperi estorcevano conquiste e aumenti salariali”. Ci sono ministri di questo governo che denunciano gli studenti perché non si rassegnano a essere le vittime sacrificali dell’alternanza scuola-lavoro.
Il 4 giugno 2021, a poche settimane dalla “tragica fatalità” (ecco un’altra idiozia! Il padrone ha manomesso scientemente i sistemi di sicurezza “per andare più veloce” e aumentare la produzione) in cui a Prato Luana D’Orazio ha perso la vita sul suo posto di lavoro, il nostro compagno Lino Parra è stato denunciato dalla Polizia. Durante un volantinaggio di fronte ai cancelli della Sevel (gruppo FCA) di Atessa, con il megafono avrebbe pronunciato parole che non andavano dette. Gli contestano una specifica frase: “Voi della Polizia siete la morte degli operai, perché non andate a indagare su chi ha ammazzato Luana a Prato. La Polizia ammazza gli operai. Voi siete contro gli operai”.
I poliziotti presenti sul posto si sono sentiti “feriti nell’orgoglio” e oltraggiati, per questo lo hanno denunciato.
Già dovrebbe far riflettere la presenza della Polizia di fronte ai cancelli di una fabbrica per un volantinaggio (che ci facevano? Perché erano lì? A osservare cosa? Ad ascoltare cosa? A prevenire quale crimine? A intimidire chi?), sicuramente deve far riflettere che si siano sentiti oltraggiati. Ammesso che il compagno abbia davvero pronunciato quella frase, essa è una menzogna? È un’idiozia?
Forse bisogna scavare nella memoria per ricordare Polizia e Carabinieri che sparano sugli operai in mobilitazione per ammazzarli, ma è avvenuto. Molte volte.
Bisogna scavare meno per ricordarli mentre picchiano a sangue, spaccano teste, lasciano invalidi e portano in carcere militanti, sindacalisti o semplici scioperanti. Anche questo è successo infinite volte.
Non occorre scavare nella memoria per vedere che il manganello lo usano ancora, spesso e senza troppi complimenti, contro chi sciopera e manifesta.
Ammesso dunque che il compagno Lino Parra abbia pronunciato quella frase, l’abbia pronunciata esattamente così o così sia stata riportata per poterlo denunciare, cosa ha fatto di diverso dal raccontare la verità?
Lino sarà processato il 14 luglio. Non perché ha detto un’idiozia, non perché ha detto una menzogna, ma perché ha detto la verità. L’ha detta, più che con le parole, con il fatto di essere presente fisicamente davanti ai cancelli di una grande fabbrica in cui, come in ogni azienda, i controlli per la sicurezza non vengono fatti o vengono fatti con un occhio chiuso; in cui i ritmi e i carichi di lavoro sono massacranti, ma “bisogna andare sempre più veloce”; in cui i lavoratori sono vittime di incidenti che diventano sempre più spesso mortali.
Lino verrà processato perché era di fronte a quei cancelli per dire agli operai e alle operaie: “Organizziamoci! Luana aveva 22 anni. Ma al suo posto potevi esserci tu. O tuo figlio. O tua figlia. Organizziamoci per mettere fine a questa società che ci tratta come carne da macello”.
I capitalisti non sopportano la verità. Mettono bavagli, denunciano, processano, condannano per impedire che gli operai e le masse popolari si organizzino contro di loro. Lino rischia una condanna da 6 mesi a 3 anni di reclusione per aver rotto il ricatto a cui sono sottoposti tutti proletari: “taci e lavora, oppure la paghi”.
Forse avrebbe dovuto pesare meglio le parole. Forse non doveva dire niente. Non avrebbe dovuto esporsi. Forse non avrebbe neppure dovuto macinare chilometri per andare ai cancelli di quella fabbrica. Si sarebbe risparmiato una denuncia e un processo.
Ma Lino è un comunista. Sa che ogni volta che si cede al ricatto, si dà ai capitalisti e ai padroni una forza che altrimenti non avrebbero. Perché il potere criminale della classe dominante poggia su due pilastri:
– un’articolata e incessante opera di intossicazione delle coscienze e di diversione dalla realtà (un mondo di menzogne virtuali e reali);
– la repressione che da selettiva (contro i comunisti e le avanguardie di lotta) diviene sempre più dispiegata.
Con questi strumenti tentano di ridurci in uno stato di rassegnata sottomissione.
Ma nessuna manovra, rappresaglia o ricatto può impedire che chi è colpito dalla repressione sia stretto e difeso dalla solidarietà delle masse popolari.
Facciamo appello agli operai, ai lavoratori, agli studenti, alle masse popolari, agli organismi politici e alle organizzazioni sindacali affinché facciano sentire la loro voce e la loro solidarietà al compagno Lino Parra.
Il processo contro di lui è il tentativo della classe dominante di intimorire chi alza la voce per dire la verità, chi muove i passi per promuovere l’organizzazione, chi oppone alla rassegnata sottomissione la via della mobilitazione e della riscossa.
Basta omicidi sul lavoro! Basta sfruttamento!
Strappiamo i bavagli della censura e rispediamo al mittente la repressione!
Solidarietà al compagno Lino Parra!
Per inviare messaggi di solidarietà, comunicati e prese di posizione: carc@riseup.net