Nel mese di dicembre, praticamente in tutta Europa si sono verificati scioperi in vari settori, in particolare nei trasporti.
Il paese più coinvolto è la Gran Bretagna dove agli annunciati scioperi del settore areoportuale si sono combinati quelli delle ferrovie, delle poste, delle ambulanze, degli infermieri. Ciò che accomuna i lavoratori di tutti i settori è la rivendicazione di aumenti salariali e la disponibilità a continuare la mobilitazione “a oltranza”.
Il governo Sunak fa orecchie da mercante: da una parte esclude aumenti salariali per i dipendenti pubblici (“per evitare una spirale inflazionistica”) e dall’altra si nasconde dietro “la grave situazione economica” per le imprese. La risposta che ha messo in campo per contrastare le mobilitazioni non lascia spazio a interpretazioni: il via libero al reclutamento di lavoratori interinali per sostituire gli scioperanti (approvato lo scorso luglio) non ha dato gli effetti sperati, procede con la mobilitazione dell’esercito. 1000 militari per sostituire gli scioperanti nelle “attività necessarie”, accompagnati da personale civile volontario.
Intanto, in Germania, il 18 novembre l’IGmetal – il principale sindacato dei metalmeccanici – dopo una serie di scioperi e mobilitazioni, ha “chiuso” un accordo che prevede l’aumento dell’8,5% del salario nei prossimi due anni.
Il risultato della mobilitazione dei metalmeccanici sta facendo scuola per i lavoratori di altri settori. È il caso dei lavoratori di Amazon: il sindacato Ver.di (commercio e servizi, con oltre 2 milioni di iscritti è il secondo sindacato più grande della Germania) lancia l’appello a scioperare “in modo prolungato” per l’aumento dei salari: “i colleghi sono furiosi, non vogliono essere presi per pazzi da un’azienda che guadagna miliardi di profitti”.