Sul numero 11-12/2022 di Resistenza abbiamo definito il governo Meloni l’ennesimo governo del pilota automatico che viene imposto dall’alto per attuare un programma già scritto. Il contenuto della Legge di Bilancio, ad eccezione di alcune quisquilie, e l’iter della sua approvazione sono lì a dimostrarlo.
Tuttavia, se attuare l’Agenda Draghi è il principale compito del governo Meloni, allo stesso tempo è anche il suo tallone d’Achille. Per vari motivi.
Mentono oggi o mentivano ieri
Il governo Meloni attua lo stesso programma del governo Draghi, ma è composto da partiti che erano alla sua opposizione (Fratelli d’Italia) o che, pur facendone parte, alimentavano la cagnara e battevano i piedi (Lega e Forza Italia).
La “fortuna” di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia (FdI) è strettamente legata al ruolo che hanno interpretato negli ultimi anni: quello di opposizione “ai poteri forti” e alla Ue e di paladini degli italiani e degli interessi nazionali. È grazie a questo ruolo che la loro visibilità è cresciuta. Il fatto che FdI fosse l’unica opposizione parlamentare al governo Draghi è il motivo per cui alle elezioni del 25 settembre è stato il partito più votato, strappando i voti a Forza Italia e, soprattutto, alla Lega.
Esigua minoranza
A differenza del governo Draghi (e di vari altri del pilota automatico: Monti, Renzi, Gentiloni), il governo Meloni è il frutto di una consultazione elettorale. I media di regime non perdono occasione per affermare che Giorgia Meloni e FdI hanno il sostegno della grande maggioranza delle masse popolari. Ma non è affatto così, basta fare due conti.
La coalizione di Centro-destra ha raccolto complessivamente 12.300.244 voti, il 26% degli aventi diritto.
Il partito più votato, FdI, ne ha presi 7.302.517, il 15% degli aventi diritto.
Altro che maggioranza degli italiani! Il governo Meloni sta in sella con il consenso di una parte minoritaria della popolazione: circa 3 italiani su 4 non hanno votato per i partiti che lo compongono.
(Fonte dei dati elettorali: IPSOS)
Ricapitoliamo
Il governo Meloni
– è stato costituito e installato dopo elezioni poco o per niente rappresentative (con un tasso di astensione sopra il 39%), svolte con una legge elettorale truffa;
– è composto da partiti che sono stati votati da una minoranza di elettori, molti dei quali erano convinti di votare CONTRO l’agenda Draghi;
– attua lo stesso programma contro cui, solo sei mesi fa, “faceva opposizione”.
È abbastanza evidente che esso è esattamente l’opposto di come viene presentato dalla propaganda di regime: non è un governo solido, non è un governo di prospettiva, non è il promotore delle “grandi riforme necessarie al paese”.
Ogni giorno che passa – e a ogni misura a cui mette mano – il governo Meloni alimenta il malcontento di quella larga parte della popolazione che non lo sostiene, che non lo voleva e che non ha votato per i partiti che lo compongono. Ma ogni giorno che passa, il governo Meloni – alla prova pratica di quali sono gli affari e gli interessi di cui è garante e promotore – perde il consenso e il sostegno anche di quella parte delle masse popolari che avevano votato per FdI, attirate dalla retorica patriottarda e dalle dichiarazioni di fuoco contro la Ue, le banche, i banchieri, gli speculatori, ecc.
Qui, sugli effetti di questa palese e insanabile contraddizione, sta la principale differenza fra il governo Draghi e il governo Meloni.
Nostalgie e canaglie
Il governo Draghi aveva nell’album di famiglia le (poche) immagini pubbliche dei faccendieri che hanno sottomesso l’Italia ai circoli della finanza e della speculazione internazionale (di cui Draghi è diventato uno degli attori principali da presidente della BCE, fra il 2011 e il 2019).
L’album di famiglia del governo Meloni è zeppo di canaglie in camicia nera, di saluti romani, di repubblichini e fucilatori di partigiani, di gente invischiata con le stragi di Stato e di picchiatori degli anni Settanta. E anche dei promotori del razzismo di Stato e della persecuzione degli immigrati (i ministri Maroni e Salvini, per citarne due) e dell’odio e la discriminazione antimeridionale (ministro Calderoli). È pieno pure delle fotocopie degli atti dei processi per le trattative Stato – mafia portati in dote da Berlusconi.
Nell’attingere dalle “nostalgie” per i “valori” di questo album di famiglia, il governo Meloni ha uno strumento particolare e tutto suo per promuovere l’intossicazione dell’opinione pubblica, la diversione dalla lotta di classe dei settori più arretrati e abbrutiti delle masse, la guerra fra poveri, il razzismo.
E in effetti, la rievocazione di certe “nostalgie”
– riesce a creare divisioni fra le masse popolari. Ne è esempio quella parte di masse popolari che abbocca alla propaganda di regime che descrive l’eliminazione del Reddito di Cittadinanza come l’abolizione di un privilegio per chi “non ha voglia di lavorare”;
– riesce ad alzare una cortina di fumo che confonde le acque. Vedi quella parte di masse popolari che cade nella propaganda del PD e della sinistra borghese secondo cui “il governo Meloni è il più reazionario della storia”.
Per finire
Il governo Meloni è reazionario perché attua l’agenda Draghi. La stessa agenda che ha attuato in passato il PD e che ancora attuerebbe se fosse al governo.
Le nostalgie per il Ventennio che caratterizzano il governo Meloni sono un ulteriore motivo di mobilitazione per quella parte di masse popolari che ne sono il bersaglio. Ma quella mobilitazione, oltre che nella lotta per cacciare il governo Meloni, per non essere tradita e strumentalizzata, per non portare acqua agli speculatori che promuovono l’antifascismo e l’antirazzismo padronale, deve essere incanalata nella lotta per un governo di emergenza popolare.