A cavallo tra la manifestazione di Bologna (22 ottobre) e quella di Napoli (5 novembre), organizzate dal Collettivo di Fabbrica con una rete di organismi popolari emiliani e napoletani, Borgomeo annuncia l’imminente arrivo in fabbrica dei camion per svuotare il magazzino dai “rottami”, che in realtà sono semiassi da immettere sul mercato (il CdF li ha esposti fuori dalla fabbrica per smascherare il padrone).
Ad aspettare i tir davanti ai cancelli, però, il 7 novembre ci sono centinaia di persone: delegazioni operaie da tutta Italia, il sindaco di Campi Bisenzio e il segretario provinciale della FIOM.
Camion non pervenuti, dal magazzino non esce uno spillo.
Il giorno dopo, agli operai non viene versata la CIG: Borgomeo dice di non voler più anticipare i soldi, scaricando la responsabilità sull’INPS (che, in mancanza di un piano industriale che la giustifichi, rifiuta di aprire la procedura) e sui lavoratori “che occupano lo stabilimento”. Il CdF risponde organizzando tre presidi simultanei: alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, all’aeroporto di Firenze e sotto la Regione.
Il 14 novembre, con le parole d’ordine “rompere l’assedio”, gli operai si presentano in massa al Consiglio Comunale di Firenze per spingerlo ad attivarsi in merito alla vertenza. Il Comune di Firenze si dichiara solidale, a parole, ma nei fatti si nasconde dietro la scusa di “non avere gli strumenti per intervenire”.
Dopo 30 ore ininterrotte di seduta consiliare, gli operai escono con la promessa del sindaco di organizzare in fabbrica un Consiglio Comunale straordinario dedicato alla vertenza, in modo da riconoscere la presenza del presidio in fabbrica e stroncare la campagna di criminalizzazione che Borgomeo ha avviato per denigrare gli operai. Ma poco dopo ritira tutto, adducendo scuse. Un atto che vale più di mille discorsi.
Nel frattempo, gli operai si riorganizzano e rilanciano, a fronte della nuova situazione.
Viene costituita la Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS) in collaborazione con l’ARCI, per poter disporre di una soluzione legalmente e organizzativamente adeguata a gestire finanziamenti e progetti utili a risolvere l’emergenza stipendi. La fabbrica viene dichiarata pubblica, perché dovrà riaprire solo con investimenti pubblici, e socialmente integrata, perché dovrà produrre cose utili al territorio.
Si rimette in moto il “gruppo degli ingegneri solidali” che l’anno scorso aveva presentato il Piano della mobilità sostenibile, e diventa “Comitato tecnico-scientifico per la reindustrializzazione” a cui si aggiungono nuovi studenti, ricercatori e docenti universitari, oltre che alcuni operai. Su questa base inizia la ricerca di aziende e filiere di produzione adeguate a far ripartire lo stabilimento.
Con Borgomeo che continua a fare la vittima e denuncia che lo stabilimento è inagibile a causa della presenza di operai e solidali – lui che non ha mai rispettato nemmeno un punto dell’accordo quadro firmato a gennaio 2022 – gli operai decidono di organizzare una consultazione popolare dall’1 all’11 dicembre, per chiedere alla cittadinanza quale deve essere il futuro della fabbrica.
Vengono allestiti veri e propri seggi nei circoli ARCI di tutta Firenze e provincia, nelle sedi dei sindacati di base, dei partiti e delle associazioni, nei quartieri, nelle università, nei mercatini di Natale e perfino fuori dalle chiese, un’ondata di partecipazione che spinge anche i telegiornali regionali a darne notizia.
Il “quesito referendario” chiede a cittadini e lavoratori se sono favorevoli a un intervento pubblico immediato per la ex GKN, vincolato però ai principi di “pubblica utilità” e “controllo pubblico”. Le firme, ovviamente, non hanno alcun valore legale, ma è secondario: conferiscono legittimità alla lotta!
Il 4 dicembre si svolge un’importante assemblea in fabbrica. Un’iniziativa articolata, composta da diversi tavoli di lavoro: l’assemblea principale sul cosiddetto “patto dell’Appennino” (ovvero per il rafforzamento della collaborazione con gli organismi popolari emiliani con cui è stata promossa la manifestazione del 22 ottobre); un tavolo sulla reindustrializzazione dal basso; uno sull’agricoltura integrata allo stabilimento; uno sul progetto di ambulatorio popolare. Una giornata in cui gli operai hanno chiamato a raccolta il territorio, centinaia di persone, decine di organismi per progettare insieme e dal basso il futuro della ex GKN.
Il 9 dicembre, in un’assemblea organizzata a Firenze dal Centro Popolare Autogestito (CPA), si confrontano il Collettivo di Fabbrica GKN, il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali di Genova e il Movimento disoccupati “7 novembre” di Napoli. Un momento importante per gettare le basi del coordinamento tra alcune delle principali organizzazioni operaie e popolari del paese.
Mentre scriviamo la mobilitazione prosegue su tutti i fronti. Ancora una volta, essa rappresenta concretamente quello che intendiamo quando diciamo che gli organismi operai e popolari possono (e quindi devono) agire da nuove autorità pubbliche, da nuova classe dirigente.