Congresso Cgil: voci e critiche dai delegati

Pubblichiamo l’intervento di una lavoratrice della logistica, rappresentante sindacale e delegata al congresso di categoria Filt (Federazione Italiana Lavoratori Trasporti) – Cgil che si è svolto nella sua regione.

Oltre a denunciare una situazione disastrosa per il mondo degli appalti, che il governo Meloni oggi intende rendere sempre di più ambito di saccheggio dei diritti dei lavoratori da parte dei padroni, l’intervento mette anche al centro una pratica frutto degli insegnamenti che l’esperienza del Collettivo di Fabbrica Gkn di Firenze ha fornito a quei lavoratori per cui sembrava non esserci alcuna via d’uscita dal marasma della crisi.

Creare un gruppo di lavoratori organizzati che si confronta e discute delle problematiche della propria azienda, che si incontra anche fuori dal lavoro per cercare soluzioni al tentativo dei padroni di mettere lavoratori contro lavoratori è possibile e necessario per spezzare la catena dello sfruttamento che tiene al giogo la classe operaia.

Oltre a mettere in evidenza quanto accade nel proprio posto di lavoro, la lavoratrice pone una critica al governo Meloni additandolo come fascista. Anche se per noi questo governo non ha le caratteristiche di un governo fascista, ma rappresenta invece la longa manus con cui la classe dominante prosegue l’attuazione dell’agenda Draghi, concordiamo col fatto che non darà alcun apporto positivo in termini di benessere per i lavoratori e per il resto delle masse popolari. E di fatto lo sta già dimostrando come si evince anche dall’intervento che segue. Sul governo Meloni e sulla sua natura rinviamo alla lettura dell’articolo Cartellino rosso per il governo Meloni pubblicato sul numero 11-12/2022 di Resistenza.

La lavoratrice fa emergere bene infine la necessità che questo governo debba essere contrastato in ogni modo e, aggiungiamo noi, deve essere cacciato e sostituito da un governo che attui immediatamente le misure che impediscano ai padroni di scorrazzare sulle teste dei lavoratori. Spiega anche cosa un sindacato come la Cgil, che raccoglie migliaia di iscritti in tutto il paese, avrebbe la forza di fare se sostenesse l’organizzazione dei lavoratori, partecipasse attivamente alla quotidianità dei posti di lavoro e desse continuità alle mobilitazioni che nelle scorse settimane hanno portato in piazza migliaia di lavoratori. Su cosa possono fare quei sindacalisti che vogliono mobilitarsi a sostegno dei lavoratori e dare sbocco alle centinaia di lotte e vertenze in corso nel paese rimandiamo alla lettura dell’articolo Il grido di unità è in cerca di una bocca, pubblicato dalla Staffetta Rossa, l’Agenzia Stampa del P.CARC.

Buona lettura

***

Come Rsa di un’azienda di logistica del gruppo Poste Italiane intervengo in questa assemblea per portare un contributo a nome di tutti i lavoratori di un magazzino che negli ultimi anni ha visto crescere i propri volumi a causa della pandemia. Ha visto smistare e uscire in consegna migliaia di spedizioni giornaliere frutto del consumismo più sfrenato. Ed è anche grazie al nostro lavoro se Poste Italiane ha vantato per il 2021 una crescita nei ricavi pari al 6,6%.

Ma noi? Cosa ne abbiamo guadagnato? Turni di lavoro massacranti, giornate lavorative di 10/12 ore e salari neanche lontanamente commisurati ai rischi a cui questo lavoro espone principalmente facchini e corrieri. Apparteniamo a un settore nel quale lo sfruttamento è dispiegato e lo sarà sempre di più per quelli che lavorano per le aziende appaltatrici. Una giungla che sembra dover diventare sempre più fitta con la deregolamentazione degli appalti che, anche se oggi riguarda solo il settore pubblico, ha spesso ricadute anche nel privato.

Ci dicono per esempio, che il nuovo codice degli appalti rappresenta una semplificazione, meno burocrazia. Ma che significa per i lavoratori? Per noi, meno vincoli sui subappalti, che potrebbero addirittura diventare a cascata senza alcun controllo, l’appalto integrato, l’obbligo degli adeguamenti sui rincari dei materiali… rappresentano quanto oggi ci fa più paura e un altro pretesto che le aziende usano per tagliare diritti, come la sicurezza sul lavoro e i salari.

I lavoratori e il loro sindacato non devono permettere che leggi ingiuste, quelle che danneggiano i lavoratori e i diritti che difendiamo ogni giorno, che permettono di spacchettare e dividere i lavoratori, vengano applicate. Non è sufficiente che una misura sia legale per non opporci e impedire la sua applicazione! Queste misure vanno invece contrastate con ogni mezzo possibile!

Proprio mentre parlo, a Ospedaletto in provincia di Pisa continua il presidio dei facchini della cooperativa Zeta Express in appalto per Fedex, licenziati dall’oggi al domani per il fallimento dell’azienda dalla quale erano assunti e che non lasceranno il proprio posto di lotta finché non vedranno le garanzie contrattuali minime che gli spettano. Noi esprimiamo piena solidarietà ai nostri colleghi perché quello degli appalti è uno dei problemi più gravi della logistica e contro cui serve attrezzarsi da subito, come l’esperienza dei lavoratori della Gkn di Firenze ci insegna.

Organizzarsi, formare un gruppo di lavoratori che discute e si confronta sui problemi del proprio posto di lavoro, che vuole trovare soluzioni a una situazione disastrosa… è quello che stiamo provando a fare nel nostro magazzino, e vogliamo farlo insieme, come filiera, dipendenti diretti e lavoratori degli appalti perché siamo ingranaggi di una macchina destinata a non funzionare più se un pezzo si rompe!

Questa è una pratica che il sindacato deve sostenere e alimentare nei posti di lavoro, non solo per resistere agli attacchi che i datori di lavoro fanno ai diritti dei lavoratori, per poi gioire di quello che saremo riusciti a non farci strappare. Ma soprattutto per prevedere e prevenire questi attacchi, per non farci strappare più alcun diritto ma anzi, riconquistare quelli che abbiamo perso!

Aggiungo poi una riflessione che la situazione politica attuale mi suscita, che mi viene in mente quando penso al governo che oggi ha in mano il paese. Un governo di destra che continua a spendere soldi pubblici per alimentare la guerra in Ucraina anziché indicare soluzioni per la pace, che nella legge di bilancio propone misure antipopolari come la Flat Tax mentre nulla prevede a sostegno dei lavoratori e dei servizi pubblici essenziali di cui abbiamo bisogno, come la sanità e l’istruzione. Alla faccia del cosiddetto Made in Italy, non muove un dito per impedire alle multinazionali di scorrazzare come fatto sempre alla Gkn di Firenze, alla Whirlpool di Napoli, alla Wartsila di Trieste e via delocalizzando. Un governo che non farà niente per quelli che, come noi, per vivere hanno bisogno di lavorare e i cui salari non permettono più neanche di pagare le bollette!

È pensando a queste cose che mi domando perché dopo la manifestazione nazionale del 5 novembre a Roma, alla quale abbiamo partecipato tutti, la CGIL non ha dato continuità alla mobilitazione se non con l’organizzazione di scioperi organizzati in fretta e furia e in modo frammentato. Quello che si è svolto nella nostra Regione ha visto anche la partecipazione del segretario nazionale Maurizio Landini, ma dai nostri magazzini non ha aderito nessuno perché nessuno ci ha informati!

È questo il modo con cui la CGIL intende combattere contro il governo fascista di Giorgia Meloni? Se è questo allora non possiamo lamentarci se i lavoratori non partecipano agli scioperi e alle manifestazioni, non possiamo lamentarci se non vedono una prospettiva di miglioramento per le loro condizioni di vita e di lavoro che non sia quella di sperare di arrivare vivi alla fine del mese, o peggio ancora si arriva a dire che sono tutti fascisti!

Auspico quindi che in maniera unitaria il sindacato convochi quanto prima uno sciopero generale, per dare continuità alle mobilitazioni passate, che dica un chiaro no alla giungla degli appalti e all’applicazione di leggi contro i lavoratori e che metta al centro i loro interessi immediati come la sicurezza sui luoghi di lavoro, il carovita, il problema della devastazione ambientale e della guerra in Ucraina che paghiamo tutti da quasi un anno.

Concludo auspicando anche a una presenza maggiore del sindacato sia nel nostro magazzino e in generale nei posti di lavoro, una presenza necessaria per alimentare la fiducia nei lavoratori, per rappresentarli ma anche e soprattutto per imparare da loro, perché chi meglio di noi può sapere come funziona la nostra azienda e chi meglio di noi può sapere come poterla far funzionare meglio?

I lavoratori devono tornare ad essere i protagonisti del sindacato se non vuole essere travolto dalla marea della crisi e se vuole essere all’altezza del compito storico che si è assunto.

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