Per il 4 dicembre è stata convocata a Milano una manifestazione “contro la guerra” (Piazzale Cadorna alle 16). L’appello è sintetico, ma sostanzialmente racchiude rivendicazioni giuste, per quanto parziali: fermare l’invio di armi italiane all’Ucraina, sospensione delle sanzioni alla Federazione Russa, assunzione da parte dell’Italia di un ruolo che favorisce la via negoziale del conflitto.
In verità mi sembra un appello persino moderato, dato che non accenna neppure, colpevolmente, all’uscita dell’Italia dalla NATO!
Gli organizzatori – il coordinamento Uniti contro la guerra – chiarisce che le uniche bandiere ammesse sono i tricolori italiani.
Stando a queste poche informazioni, è plausibile che fra le masse popolari l’iniziativa trovi alcune adesioni e qualche sostegno, fosse anche solo per la voglia di “fare qualcosa” in un contesto in cui – alla faccia della “sovranità nazionale” tanto sbandierata – la cricca Meloni & C. afferma e riafferma di continuo fedeltà alla NATO e sostegno al governo fantoccio ucraino, facendo sprofondare il nostro paese nella spirale della guerra.
Il 9 novembre, a pochi giorni dalla circolazione dell’appello menzionato, esce un comunicato di Milano Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale, una sigla che raccoglie varie anime del movimento antifascista con una vicinanza agli ambienti istituzionali o para istituzionali (ANPI, ARCI, ecc.). Il comunicato dice che la manifestazione del 4 dicembre è organizzata dai neonazisti di Lealtà e Azione, pertanto non solo va boicottata, ma bisogna scendere in piazza per impedire che “Milano sia sfregiata ancora una volta” (qui il link del corteo antifascista convocato per il 4). Il comunicato si conclude con un appello alle istituzioni (sindaco, ecc.) affinché vietino la manifestazione “contro la guerra”.
Credo che a chi legge sia chiaro il paradosso in cui mi trovo.
Se partecipo alla manifestazione contro la guerra, che al netto di alcune importanti omissioni è chiaramente CONTRO la guerra, finisco nel ruolo di chi sdogana i neonazisti.
Se partecipo all’eventuale manifestazione antifascista, rischio di finire al carro di chi ha contribuito a trasformare il 25 aprile di Milano in uno schifoso sostegno alla NATO e ai battaglioni neonazisti ucraini (non sono di palato fine: chi ha taciuto anziché cacciare il PD da quella piazza a calci in culo è stato in qualche modo complice).
Da alcuni giorni penso a cosa sia più giusto fare, ma più ancora penso ai motivi per cui si è creata questa situazione. Di seguito condivido con voi – e spero con i vostri lettori – il ragionamento con cui penso di aver “risolto” la contraddizione.
Per chi non conosce la realtà di Milano, devo però dire due cose a premessa.
La prima è che Lealtà e Azione è DAVVERO un’organizzazione neonazista, famigerata per le aggressioni di cui nel corso del tempo i suoi seguaci sono stati protagonisti, in alcuni casi tentati omicidi e molti accoltellamenti di attivisti e militanti antifascisti.
La seconda è che a causa della poca lungimiranza, lo scarso livello di analisi e la sottomissione alla propaganda di regime, una fetta importante dei movimenti che a Milano si definiscono “antifascisti” hanno disertato (in alcuni casi condannato) le numerose e partecipate manifestazioni spontanee contro il Green Pass; quella assenza ha permesso che organizzazioni neofasciste e neonaziste, fra cui Lealtà e Azione, fossero presenti in quelle piazze. Non hanno potuto palesarsi e anzi hanno dovuto camuffarsi perché, nonostante le assenze, in quelle piazze c’era pieno di compagni e di compagne che hanno fatto tutto un lavoro per alimentare in senso positivo quella mobilitazione. Il risultato è che se a livello di sigla politica le organizzazioni neofasciste sono tutt’ora costrette a mascherarsi (e il coordinamento che firma l’appello del 4 dicembre ne è un esempio), alcune di esse si sono infilate nelle pieghe del “dissenso” e hanno alcuni margini di manovra fra settori popolari che sono delusi, scontenti e incazzati verso la sinistra borghese, le associazioni, i partiti e le organizzazioni sindacali da cui si sono sentiti – e sono stati – traditi.
Veniamo alle questioni politiche.
A furia di ostentare la posizione “né / né” (né con Putin né con la NATO, ad esempio) la sinistra borghese ha sollevato due macigni che non riesce più a sostenere (ma era prevedibile).
In primo luogo, ha depotenziato la mobilitazione contro la guerra, nel senso che l’ha posta come questione di principio, di valore, di morale scollegandola dalla realtà concreta e dalla pratica. Un esempio semplice, ma efficace: non ci sono basi militari russe in Italia, non ci sono poligoni russi, non ci sono comandi russi in territorio italiano, non ci sono diktat russi imposti al governo italiano, né sottomissione del governo italiano al sistema di potere della Federazione Russa! Cioè: chi è contro la guerra (o, se volete, per la pace) nel nostro paese DEVE necessariamente mobilitarsi contro la NATO. L’equidistanza, sbagliata a livello politico (ma tralascio qui ogni ragionamento), è del tutto irrealizzabile a livello pratico. O meglio, è realizzabile al prezzo di rimanere immobili.
In questo (relativo) immobilismo, chi si mette alla testa della mobilitazione contro la guerra ottiene per forza dei risultati. E se oggi i risultati non sono in termini numerici (grandi manifestazioni), essi sono in termini politici, in termini di rilevanza.
In secondo luogo, la sinistra borghese ha prestato e presta il fianco alla propaganda guerrafondaia del PD e di tutta la classe dominante (in effetti non c’è differenza fra PD, Draghi, Calenda, Renzi e Meloni). La situazione che si è creata è che per “essere contro la guerra” sembra sia necessario presentare un certificato di immunità dall’essere filo-Putin (o, in altri termini a loro cari, rossobruni). Ma questo comporta una umiliante “ginnastica di obbedienza”, uno sforzo che, giustamente, un proletario che subisce le conseguenze dirette delle sanzioni alla Federazione Russa, ad esempio, non ha nessuna intenzione di fare. Non è nell’interesse dei proletari e delle masse popolari essere “contro Putin”, né doverlo affermare e doverlo persino dimostrare. Invece è perfettamente nei loro interessi, nei nostri interessi, essere contro la guerra, contro la NATO, conto le sanzioni, contro l’invio di armi all’Ucraina, ecc. Pertanto, chi è “di sinistra” di cosa deve occuparsi? Di dimostrare che è anti Putin o di affermare, sostenere e perseguire gli interessi del proletariato e delle masse popolari?
Entrambe le questioni si manifestano come un enorme spazio vuoto: non sono i fascisti a intestarsi la mobilitazione per la pace e contro la guerra, è la sinistra borghese che lo permette con i suoi mille cavillosi condizionali.
Ecco quello che farò il 4 dicembre.
Sono ben convinto che ci sia una notevole differenza fra
– il ritrovarsi in una piazza “di popolo” con migliaia di persone frequentata anche da organizzazioni fasciste che cercano di egemonizzarla (e quindi opporre ai tentativi di “egemonia” dei fascisti una linea positiva e di classe che alimenta la mobilitazione rivoluzionaria)
– l’organizzare una mobilitazione insieme ai fascisti
– oppure il partecipare a una manifestazione palesemente indetta dai fascisti.
In ragione di ciò, il 4 dicembre NON andrò alla manifestazione “contro la guerra”. Non è in quella piazza che si contende l’orientamento ai fascisti, come invece è stato per le manifestazioni spontanee di migliaia di persone contro il Green Pass (ammetto che l’assenza della parola d’ordine “uscire dalla NATO” dall’appello mi facilita la decisione).
Sono ben convinto che sia sbagliato abboccare agli appelli dei promotori dell’antifascismo padronale, quello di facciata, quello che fa comodo per “mettere la polvere sotto il tappeto”, quello che elude – o perfino nega – la lotta di classe. Sono ben convinto che i comunisti debbano partecipare alla manifestazione antifascista per affermare gli interessi del proletariato e delle masse popolari contro la guerra, contro il fascismo, contro la mobilitazione reazionaria e chi la promuove, quale che sia la bandiera dietro cui si nasconde.
Bisogna cioè ripetere 1000 volte ciò che qualcuno – e voi siete fra questi – ha fatto il 25 aprile scorso. Perché sono nemici del proletariato e delle masse popolari tanto i “pacifisti” che spremono i lavoratori per inviare armi ai battaglioni nazisti ucraini nascosti dietro le bandiere arcobaleno in bella mostra, quanto i finti ribelli antisistema che nascondono sotto i giubbotti le celtiche e le svastiche.
Vittorio M.