Tribuna politica
Bilancio delle elezioni del 25 settembre, ragionamenti e prospettive

I risultati delle elezioni del 25 settembre non sono un argomento chiuso, superato “perché il governo è stato fatto”.
La questione politica principale è ancora tutta aperta per la cricca Mattarella/Draghi. Il loro colpo di mano è stato un mezzo flop (vedi l’articolo dedicato su Resistenza n. 10/2022), le elezioni non hanno portato risultati in termini di maggiore governabilità del paese, ma anzi hanno mostrato l’enorme sfiducia verso i partiti borghesi e il sistema politico della classe dominante. Sfiducia che, per la maggior parte, il 25 settembre è stata incanalata nell’astensionismo. Ma le liste anti sistema hanno complessivamente raccolto – divise e in concorrenza – ben più del 3% necessario a entrare in parlamento, una percentuale che sarebbe cresciuta, anche se non si può dire di quanto, se avessero messo da parte la contrapposizione ponendosi come polo credibile, promotore della lotta e della mobilitazione.
Pertanto, i risultati delle elezioni del 25 settembre non sono affatto un argomento chiuso, in particolare proprio per i dirigenti delle liste anti sistema.
In questo spazio raccogliamo alcune interviste per sviluppare il ragionamento.


Igor Camilli

Anzitutto ti chiedo una valutazione sul governo Meloni a poche settimane dal suo insediamento: sei d’accordo che opera sulla strada tracciata dall’agenda Draghi?
Il governo Meloni non ha tardato un solo istante a mostrare la continuità con le politiche internazionali di quello guidato da Draghi. Ma questo per noi era chiaro già da tempo, sapevamo oltremodo bene che la spartizione tra filogovernativi ed opposizione presso il Parlamento italiano aveva già posto l’estrema e voluta possibilità che il governo prossimo sarebbe stato guidato da Fratelli d’Italia. Una strategia ben congegnata per condurre avanti, senza grandi problemi, le politiche della NATO lasciando spazi reazionari alle politiche interne. Del resto la strategia è sempre quella, favorire le forze reazionarie con limitato consenso popolare per poterle controllare, in medio oriente è così per i movimenti integralisti, in occidente è così con i movimenti di matrice fascista ed ultranazionalista

Alle elezioni del 25 settembre nessuna lista anti-sistema è riuscita a entrare in Parlamento. Adesso ognuna è chiamata a fare un bilancio seria dei risultati e della linea che ha seguito, a partire da due questioni: a) costruzione di un fronte unitario delle forze anti agenda Draghi per sviluppare la lotta contro carovita, guerra, subordinazione alla NATO e alla UE, cambiamento climatico e il sostegno delle lotte contro la chiusura di aziende, b) iniziative per portare gli astenuti a votare (sono tanti tra gli oppositori al governo Draghi e al sistema capitalista che non sono andati a votare). Che bilancio ha fatto la tua lista su questi due temi?
Il principio di liste antisistema è sacrosanto, al vaglio, poi, bisogna vedere chi lo è realmente e chi non lo è. La differenza, in certi ambienti è sempre tra forze populiste è forze popolari. Certamente negli ultimi anni, in seno alla pandemia, si sono create molte piazze di popolo che hanno mostrato una forte continuità e presenza e quindi una risposta popolare al disagio sanitario, in queste realtà spontanee si sono riunite diverse istanze culturali che compongono la varietà del popolo italiano ma si è anche inserito di tutto, sia in buona fede che non. La nascita di fronti antisistema, come ad esempio Italia Sovrana e Popolare, di cui io ho fatto parte ed ero candidato nel seggio dell’Emilia, ha dimostrato uno slancio particolare nell’unire diverse realtà culturali che venivano vissute dalla popolazione con più disinvoltura di quando conducevano una campagna ideologica con i partiti tradizionali del nostro comparto Comunista, questo ci ha dato la facoltà di poter esprimere la nostra visione socialista di fronte a migliaia di persone in diverse piazze d’Italia, ma ci ha anche posto nelle condizioni di ripulire quegli ambienti da infiltrazioni fasciste, insomma il lavoro che ogni Comunista è destinato a fare per tornare ad essere l’avanguardia di un Popolo. Certamente il nostro tema originario, il Patriottismo ci ha aiutato molto nelle simpatie delle piazze ed il nostro programma, estremamente di Classe, ci ha messo sulla giusta via per marciare contro il sistema.

Per le elezioni politiche non è stato fatto nessun passo significativo per unire le forze antisistema in un unico fronte politico/coalizione elettorale. Vari capi politici hanno indicato come causa lo scarso tempo a disposizione. È possibile – forse è più opportuno dire che è necessario – fare quel percorso oggi: quali prospettive vedi? Quali le condizioni favorevoli e quali le difficoltà?
Questo non è del tutto corretto, sforzi sono stati fatti eccome, ISP è stata sostenuta e composta da ben 15 realtà politiche variegate che venivano dalle piazze del dissenso, altri tentativi di unità non sono stati possibili anche perché alcuni hanno scelto vie reazionarie, identitarie di destra, mostrando così di non avere il sistema come primo avversario nella loro lotta. Io credo che cercare di cavalcare le piazze, i popoli del dissenso, sia un ordine per noi Socialisti ma che vada, altresì fatto, con un criterio ben preciso, con una linea politica che venga dalla base ma che sia in grado di garantire dei vertici efficaci, seri, al passo coi tempi, ma credo anche che le forze alla testa della lotta di classe dovrebbero comprendere l’esempio ed unirsi a questo reale modo di fare politica tra il popolo. In fondo, cosa è mancato ai Comunisti negli ultimi 20 anni? Il Popolo, che forse se fossimo stati meno elitari, moralisti e spocchiosi, oggi sarebbe ancora tra le nostre fila. La scommessa di ISP è stata difficile perché sapevamo che i tempi scelti per la prova elettorale erano viziati dalla volontà dei Partiti di sistema di non permetterci di accreditarci al parlamento italiano, ma, questo atteggiamento ha sancito soprattutto la sconfitta democratica del popolo dei lavoratori italiani, tutti intendo.

Un passo concreto consiste nel trattare apertamente i punti di divergenza, le “questioni divisive”, in modo da definirsi reciprocamente in modo chiaro e sviluppare la più ampia unità d’azione sui punti su cui invece c’è convergenza. Ne indico quattro, le più sentite in questa fase: 1. gestione della pandemia (Green Pass, obbligo vaccinale), 2. analisi della guerra in corso in Ucraina (ruolo NATO e Federazione Russa), 3. sovranità nazionale (uscita dalla NATO e dall’UE), 4. antifascismo. Tu e l’organizzazione che rappresenti siete disposti a promuovere e partecipare a momenti di confronto (conferenze, referendum popolari autogestiti e altro) su questi temi?
I temi della domanda, sono centrali ed essenziali, di fatto, noi, nel nostro programma elettorale e non solo, li abbiamo trattati con forza e convinzione, ma, alcuni di questi ho notato, soprattutto a, sinistra, sono motivo di rotture e ripicche di origine più morale che politica. Oggi vi è certamente la possibilità di aprire un percorso di condivisione e di realizzare azioni di protesta popolari che nei prossimi tempi, sono certo, la crisi condurrà molti ad interessarsene. Ma le grandi domande sono, quanto si è disposti a rinunciare del proprio orto privato per il bene di un grande campo fruttuoso collettivo, quanti passi indietro si è disposti a fare per fare un grande balzo in avanti insieme, infine, quanta modestia si è in grado di brandire per il bene del Popolo?

Alcuni addebitano il “risultato elettorale insoddisfacente” all’ostracismo dei media borghesi e alla legge elettorale truffa. Ma non erano entrambi prevedibili, non erano una condizione di partenza? Non si trattava allora di mettere a punto (e sperimentare) metodi e strumenti per farvi fronte, per aggirarli e anche per contrastare l’operazione ordita da Draghi-Mattarella e soci? La costruzione di una coalizione più allargata possibile delle forze anti Draghi non poteva essere un modo? E una campagna di rottura contro le regole imposte un altro? Ostracismo dei media, legge elettorale truffa, soglie di sbarramento, manovre sporche… quali insegnamenti, a parere tuo e della tua organizzazione, bisogna trarne, sulla lotta politica elettorale e sull’attuale regime politico? Alcuni lo definiscono “moderno fascismo”, altri “democrazia”…
Sapevamo fin da subito che lo spazio a disposizione era volontariamente limitato, ma, sapevamo pure che per combattere il sistema bisogna farlo sulla scacchiera del sistema stesso, cercando di accerchiarlo, di combatterlo ed il nostro esercito non può che essere il popolo, quel popolo che noi sappiamo essere idealmente dalla nostra parte ma che spesso, per vizi morali, abbiamo scelto di tenerlo lontano per giudizio di purezza o per exploit di intellettualismo sterile. Io credo che forze come la nostra, come Patria Socialista, siano in grado di esprimere una profonda credibilità politica e siano in grado di stimolare una dialettica utile, seria, senza eco che si possa disperdere nelle caverne della purezza. A questo tavolo si gioca a scacchi, non a dama. La fanghiglia sporca del sistema, il fumo acre delle armi della reazione si combattono senza paura e con strategia e tattica come in una guerra di guerriglia. La durezza della guerra sarà la purezza della Vittoria. Oggi ci battiamo contro governi nazionali ed internazionali che vedono ancora le forze della finanza mondiale allearsi con il marciume dei peggiori fascismi, con una liquidità superiore all’acqua, noi dobbiamo rispondere con le correnti ataviche dei popoli in rivolta, che come tempeste oceaniche di massa saranno in grado di sollevare onde che spaventino il sistema. Non ho mai creduto alla differenza tra certi fascismi e certe democrazie, ora i fascisti oltre ad essere il braccio armato sono anche l’avanguardia politica di questa democrazia finanziaria, lo sono nella cultura che porteranno avanti, tra loro condividono la volontà di impoverire la gente e di schiavizzare i popoli alle regole atlantiche del lavoro e del mercato. Il fascismo, fondamentale, nasce per quello.

Una domanda più generale. Nel campo delle forze antisistema spesso il ragionamento è confinato al “fare opposizione”. Eppure in Italia ci sono evidenti manifestazioni della necessità di un cambio radicale: di politiche, di “visione” e di prospettiva, di costruzione di un’alternativa di governo. Continuare a concepirsi principalmente come “forza di opposizione”, anziché come governo di emergenza alternativo ai governi del sistema che hanno devastato il Paese, come sta assieme al fatto che siamo un una situazione grave e straordinaria? Non pensi che rappresenti un limite all’iniziativa delle forze anti Larghe Intese e ne comprima il ruolo? L’esperienza del CLN, che si era costituito e agiva non come forza di opposizione ma come governo alternativo del paese, non è istruttiva a questo proposito?
Il principio di per se non è sbagliato, ricordo il rivoluzionario patriota Michael Collins che incitava i militanti dell’Esercito Repubblicano Irlandese ad agire come se la Repubblica esistesse già e a difenderla quindi, oppure il Black Panther Party che nominava i sui quadri dirigenti come Ministri, avere il coraggio di spingersi oltre, spesso premia e dà sicurezza ai popoli di non impegnarsi in una battaglia inutile, ma è pur vero che proprio agli occhi è alle orecchie dei media di regime bisogna saper parlare, bisogna, esprimere quella credibilità di popolo che se non ci interpellassero si produrrebbe quel “senso di colpa” giornalistico che ancora tiene un lieve filo con la gente comune.
Nella scorsa tornata elettorale il senso dell’opposizione era vivo nel linguaggio popolare e si è scelto di seguirlo, ma credo che i giochi erano belli e fatti, Draghi ha ricoperto con rara “professionslità” il suo ruolo, portando a termine il più grande tradimento del popolo.

Due domande per i comunisti
Sulle alleanze, tre questioni: a) alleanze solo elettorali o anche e soprattutto per promuovere e rafforzare la mobilitazione e l’organizzazione popolare? b) allearsi perché troppo deboli per correre da soli alle elezioni o allearsi per coalizzare tutte le forze anti Larghe Intese e far contribuire ognuna a percorrere un pezzo della strada verso l’instaurazione del socialismo? c) così è possibile superare anche la questione del mantenere o meno il proprio simbolo, non pensi?
Noi siamo riconosciuti come i più identitaria tra le sinistre Comuniste, siamo i più difensivi dei nostri simboli ed i più arditi nel difendere le posizioni che il destino ci ha dato, ma nel contempo spesso guardiamo con una lieve tristezza a quanto si ammoniscano tutti per non essere coerenti con le proprie simbologie ed invece a quanto si è superficiali nel difendere la volontà del Popolo. In molte occasioni, negli ultimi 15 anni, abbiamo rinunciato ad esporre i nostri simboli per favorire percorsi unitari, lo abbiamo fatto con orgoglio anche perché ciascuno dei nostri Legionari è comunque un simbolo, ma evidentemente la continuità di alcune delle nostre collaborazioni non era priva di scadenza. Il problema non è rinunciare ai simboli, il problema è la persistenza pesante di alcuni dirigenti che senza rispetto alcuna della storia dell’altro, continuano a sorridere allo specchio di Dorian Gray pensando di fare egemonia, sugli altri, di spuntarla per primi, questo è il vero problema, spesso siamo la tomba magnetica dei nostri ideali, questo è dovuto, credo, alla paura che se l’idea è troppo elevata ci impone un miglioramento di sé stessi e quindi si preferisce issare la propria bandiera bassa sul pennone perché siano loro a farla sventolare.

Comunisti ed elezioni: la tendenza è a ragionare sul qui e ora, senza definire a monte cosa significa usare da comunisti la partecipazione alle elezioni e alle assemblee elettive, senza inquadrare la tattica elettorale nella strategia dei comunisti e nel regime politico esistente nel paese. Qual è il ruolo della partecipazione alle elezioni e alle assemblee elettive nel percorso che il movimento comunista deve compiere per rovesciare il potere esistente e instaurare il potere della classe operaia? [La questione riguarda in particolare i comunisti dei paesi europei e degli USA (dove il modo di produzione capitalista nella lotta contro il feudalesimo si è pienamente sviluppato con le sue espressioni politiche: le libertà individuali, la cultura e l’istruzione, la libertà di associazione, la partecipazione popolare alla vita politica, l’attività sindacale): in questi paesi la difficoltà del movimento comunista a trovare la via alla rivoluzione socialista è evidente]
Questa, infine, è la, domanda più difficile, se avessi una risposta vera in mano, probabilmente avrei la rivoluzione nell’altra. So, però, che è dovere di tutti i Comunisti marciare in tutte le istanze del Popolo senza tralasciarne alcuna, che sia politica, sociale, economica e culturale, spirituale. Certamente la prima cosa da fare è la costruzione di un movimento o Partito politico che sia vera espressione di un Popolo e che sia vera visione di una umanità nuova, che abbia quella credibilità rivoluzionaria per poter chiedere i più alti sacrifici al popolo. I Comunisti debbono scolpire la più grande Avanguardia che guidi la riscossa popolare, ma la Rivoluzione deve farla il popolo, oggi quello dell’industria, quello dei servizi, quello dei professionisti, quelle dell’agricoltura, quello della formazione, quello della cultura, dell’arte e quello della difesa. Il percorso oggi è quello istituzionale che deve servire a dare voce alle classi del lavoro in parlamento costruendo così quella sicurezza dell’azione e del pensiero che potrà portare il popolo all’estremo atto di coraggio e di Giustizia che è tornare nei palazzi del potere, avere il potere. Voglio ricordare che l’etimologia della parola è del principio della democrazia è Demos-Crazia, potere del popolo.

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