Sabato 29 ottobre a piazza Venezia, in occasione del centenario della Marcia su Roma, si è svolto un presidio per celebrare un secolo di resistenza antifascista. Alla mobilitazione hanno preso parte circa duecento compagni di forze politiche differenti.
Come P.CARC abbiamo aderito dall’inizio al percorso di costruzione delle iniziative per il 29 ottobre che ricordiamo, in contemporanea al presidio di Roma, ha portato anche allo svolgimento di una manifestazione a Milano.
Traiamo un bilancio positivo di queste iniziative benchè non abbiano registrato la partecipazione di massa auspicata e necessaria, data la portata dell’anniversario e la fase politica inaugurata dal governo reazionario della Meloni, continuatore e attuatore dell’Agenda Draghi.
Nel caso romano questo è dipeso principalmente dal boicottaggio dell’iniziativa da parte delle principali forze comuniste organizzate, principali destinatarie dell’appello “Secolo Antifascista” diramato ai primi di settembre e del suo messaggio di convergenza antifascista. La causa di ciò sono le resistenze, nel campo delle forze comuniste e anti-larghe intese, a trattare le questioni divisive emerse in campagna elettorale. È il costume arretrato di impostare rapporti tra organizzazioni improntate sullo stile “tarallucci e vino” o guerra per bande, contro la necessità di imparare a praticare unità d’azione, dibattito franco e aperto e solidarietà reciproca. È nondimeno il tenace spirito da bottegai che induce capi politici che si definiscono perfino comunisti a diffidare di sane iniziative da fronte come quella che si è svolta il 29 ottobre perchè il loro simbolo non avrebbe potuto primeggiare sugli altri.
In questo contesto il fatto che duecento compagni si siano radunati in piazza Venezia, rispondendo positivamente all’appello e molti dei quali “auto-convocandosi” per celebrare un secolo di resistenza antifascista, è un segnale molto positivo. Che incoraggia i comunisti e gli antifascisti romani ad insistere nel promuovere iniziative unitarie, a maggior ragione sul terreno della lotta antifascista che con l’installazione del governo Meloni è destinata a prendere sempre maggior piede. Per non lasciare spazio alcuno al PD e alle forze varie dell’antifascismo padronale, di facciata, che non mette in discussione l’ordine costituito, ma soffia sul e sfrutta il sentimento antifascista delle masse per tenerle sottomesse al sistema di potere della borghesia e del clero.
L’antifascismo padronale di PD e associati sta sempre più stretto agli elementi avanzati delle masse popolari, quelli che cercano una via d’uscita al marasma della crisi in cui siamo immersi.
Uniamo le forze e mobilitiamoci contro il governo Meloni (ennesimo governo padronale al soldo degli imperialisti), il carovita, i licenziamenti, lo smantellamento della sanità e dell’istruzione pubblica e la devastazione ambientale.
È tempo di riscossa quindi e le decine di mobilitazioni in corso nel nostro paese vanno concepite come tante occasione e tanti passi per costruire l’unità e il fronte delle forze che dovranno cacciare il governo Meloni e imporre un Governo di Emergenza delle masse popolari organizzate.
A Roma, a Napoli, a Milano, a Firenze, Bologna e nel resto del paese soffia vento di ribellione. Avanti compagni, alla riscossa!
Di seguito l’intervento al presidio di Chiara Masini, segretaria della sezione di Roma.
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“Il 28 Ottobre di cento anni fa si apriva la pagina più buia della storia del nostro paese.
Mussolini e le camice nere entravano a Roma,
– protetti e scortati dalle forze armate dell’allora monarchia sabauda,
– finanziati dal denaro della parte più reazionaria dei capitalisti, degli industriali, degli agrari del nostro paese,
– benedetti dalle frazioni più retrograde della Chiesa di Roma che alcuni anni dopo, nel 1929, faranno di Mussolini il loro “uomo della provvidenza”.
Oggi onoriamo tutti i martiri della lotta antifascista, sangue del nostro sangue, dai compagni caduti nei primissimi anni del 1920 a quelli caduti a regime fascista decaduto, dopo il 1945, quando i fascisti furono riciclati come manovalanza anticomunista degli USA, della Confindustria, delle Organizzazioni criminali, del Vaticano.
Ricordiamo gli Arditi del Popolo che si sollevarono in armi contro le squadracce.
Noi comunisti ricordiamo in particolare Antonio Gramsci fondatore del primo Partito Comunista Italiano, ucciso in carcere negandogli le cure che gli erano necessarie,
Ricordiamo il primo PCI che dalla clandestinità organizzò e creò le condizioni della vittoriosa Resistenza Antifascista degli anni 1943-1945, il punto più alto raggiunto dai lavoratori e dalle masse popolari del nostro paese nella lotta per il socialismo, il punto più basso mai raggiunto per i capitalisti e gli sfruttatori che il fascismo avevano armato e messo al potere.
Ricordiamo anche la resistenza delle armate partigiane nelle colonie del fascismo, come in Etiopia,
Ricordiamo i partigiani della Volante Rossa e tutte le organizzazioni antifasciste che nel dopoguerra diedero il loro contributo nella lotta contro il fascismo, nel frattempo trasformatosi in manovalanza del terrorismo anticomunista di Stato, da Portella della Ginestra a Piazza Fontana, da Piazza della Loggia alla Stazione di Bologna.
Oggi ricordiamo lo sforzo delle masse popolari italiane, protagoniste e forza motrice della resistenza al fascismo, perché, ricordiamolo, il fascismo fu la risposta terroristica della borghesia e del clero d’Italia contro la resistenza delle masse popolari che guidata dai comunisti e dai rivoluzionari, furono sul punto di fare in Italia come in Russia e instaurare il socialismo.
Per annientare questa minacciosa resistenza i padroni stabilirono una dittatura feroce contro le masse popolari, perseguitando a morte gli antifascisti ed elargendo misere concessioni per chi si arruolava al seguito dei padroni e di Mussolini.
La soluzione praticata dai padroni in Italia fece scuola e fu poi emulata in Spagna con il franchismo, in Portogallo da Salazar, perfino superata dai nazisti in Germania.
Nonostante ciò la borghesia non ebbe la meglio. L’imperialismo fu sconfitto e il socialismo da un solo paese, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, divenne realtà fino ad un terzo del pianeta.
E l’imperialismo è sconfitto ancora oggi, malgrado nel frattempo, per cause interne, il movimento comunista internazionale, che all’imperialismo aveva scavato la fossa, è andato in declino.
Malgrado nel frattempo, approfittando del crollo del campo socialista e della debolezza del movimento comunista, il mondo intero sia piombato in un’epoca di nera reazione, epoca di nera reazione di cui si avverte il fetore in particolare nei paesi imperialisti come l’Italia, paesi dove la rivoluzione socialista nel secolo scorso non è riuscita ad affermarsi, paesi da cui si dirama il potere sul mondo della borghesia imperialista.
L’imperialismo è sconfitto non perché non sia aggressivo: al contrario più tarda a crollare più aumenta la sua aggressività e ciò lo vediamo bene oggi, con la guerra per procura scatenata dalla Nato e dall’Ue contro le masse popolari ucraine e del Donbass e contro la Federazione Russa.
Esso è sconfitto perché il mondo che capitalisti e reazionari hanno messo su è un mondo che non sta più in piedi, crolla su se stesso, come pandemia, disastro ambientale e da ultimo la guerra, platealmente ci dimostrano.
L’era del socialismo e del comunismo per il cui avvento lottavano ardentemente gli antifascisti che cento anni fa fronteggiarono le camice nere, bussa con forza alla porta della storia per affermare le sue ragioni.
L’alternativa tra socialismo o barbarie è oramai superata dalla storia. Al punto oramai raggiunto dal corso catastrofico delle cose,
Socialismo o Socialismo è l’alternativa futura che sta dinnanzi alle masse popolari.
Che manifestazioni come quella di oggi servano, simbolicamente, a raccogliere il testimone dei compagni che hanno lottato prima di noi.
Scacciamo via il disfattismo che il nemico cerca di depositare nei nostri cuori e nelle nostre menti.
Scacciamo via l’attendismo che rende succubi di chi domina e detiene il potere.
Scacciamo via il settarismo che ci impedisce di unire le forze nel fronte ampio di cui c’è bisogno oggi, contro le larghe intese, la loro guerra, il loro carovita, la loro desertificazione industriale. Che ci impedisce perfino di vedere e unirci alla resistenza delle masse popolari, che è ampia, articolata e dispiegata, benché non sia la bandiera rossa a marciare oggi alla sua sua testa.
Giorgia Meloni sta al fascismo come Enrico Letta sta al comunismo, ma indubbiamente sono in tanti oggi ad essere preoccupati dall’ascesa al governo della destra più reazionaria.
Anche se le elezioni del 25 settembre scorso sono state una disfatta esse dimostrano che tra la nostra gente c’è una grande disponibilità di forze, una grande riserva di energie che la propria condizione materiale pone nella condizione di dover insorgere, come dicono i compagni del Collettivo di Fabbrica Gkn.
Andiamo a capeggiare questa resistenza compagni e compagne, uniamoci ad essa a prescindere dalle bandiere che assume.
Siamo lievito della sua crescente organizzazione e lotta (moltiplichiamo gli organismi di azienda come il Collettivo di Fabbrica Gkn e come i collettivi che già operano in scuole e università).
Siamo direzione del suo movimento e non aspettiamo che il governo Meloni “faccia” per indicare chiaro l’obiettivo di cacciare questo governo. E puntare all’obiettivo che sia la parte migliore del movimento delle masse popolari del nostro paese ad esprimere un governo, che anzitutto metta al bando l’invio di armi ai nazisti di Kiev e ristabilisca la sovranità del popolo nel protettorato di Nato, multinazionali, mafie che l’Italia è diventata.
A cento anni dall’inizio della pagina più buia della storia d’Italia, scriviamo con più forza e lungimiranza l’avvenire per cui già ha lottato chi ci ha preceduto”.