Pubblichiamo la lettera che una compagna del P.CARC ha scritto ad alcuni militanti del Partito Comunista, di Rifondazione Comunista e di Potere al Popolo rispetto al bilancio della campagna elettorale.
Cari compagni,
scrivo questa lettera che vuol essere un contributo al confronto costruttivo tra le nostre organizzazioni.
Scrivo perché ogni giorno vedo e tocco con mano la sincerità e la passione che mettete per costruire una società adeguata alla vita e agli interessi delle masse popolari, ma soprattutto perché vedo anche in voi la sfiducia e la rassegnazione verso il ruolo che abbiamo come comunisti.
Spesso ci siamo confrontati, per quanto riguarda il lavoro sul territorio e quello nazionale, e ci siamo trovati concordi sulla necessità impellente della rinascita del movimento comunista e anche sulla necessità di unire le forze in un fronte che si opponga alle politiche criminali dei partiti delle Larghe intese.
Quando però si arriva alla pratica poi le cose si fanno più complesse. Ancor peggio è stata irrealizzabile la costruzione di un fronte unito durante la campagna elettorale. Durante questa sono emerse diverse questioni divisive e paletti che hanno impedito di sviluppare l’unità d’azione per un fronte comune. Su quelle divisioni, su quei paletti si è incagliato ogni progetto di unità.
Come più volte ci avete detto, non capite per quale motivo dovreste costruire un fronte con elementi tanto distanti tra loro in termini di posizione o con forze politiche con cui c’è più di qualche punto di distanza (ad esempio Italexit).
Attenzione compagni! Prima di tutto dobbiamo distinguere bene la rinascita del movimento comunista dal lavoro per costruire un fronte che si opponga alle Larghe Intese e alle loro politiche. I due impegni non sono in contraddizione, anzi, uno deve alimentare l’altro.
In seconda battuta però bisogna essere franchi: nemmeno con tutti quei compagni che riconoscono il 25 aprile come data di riscossa e liberazione delle masse popolari guidate dal vecchio PCI si riesce a mettere in pratica l’unità d’azione e sviluppare il dibattito franco aperto al livello che invece serve!
La situazione generale volge alla catastrofe, più di quanto la narrazione ufficiale non faccia trasparire e ogni giorno possiamo (potete!) toccare con mano la necessità che le masse popolari hanno di unità e compattezza per fare i propri interessi.
Basta andare davanti a una fabbrica e parlare con gli operai delusi o fare un banchetto al mercato per sentircelo ripetere. Ci sono due schieramenti che sono contrapposti: le masse popolari da un lato, cioè tutti quelli che per vivere devono lavorare, e dall’altro la borghesia e i suoi parassiti.
Non possiamo in nessun modo, come comunisti, permetterci che il nostro
comportamento rafforzi il campo nemico che è in guerra con le masse popolari, nemmeno indirettamente! La frammentazione nel nostro campo fa esattamente questo, e non è retorica quando diciamo che la borghesia conduce una guerra di sterminio non dichiarata contro le masse popolari.
Non c’è spazio di fraintendimento: ci sono morti ogni giorno sul lavoro, a scuola, per la distruzione della sanità e dell’ambiente.
Eppure questo non è sufficiente per inquadrare e superare i contrasti che impediscono l’unità d’azione.
Spesso dite che non sapete cosa fare, che facciamo solo piccole attività sul territorio.
Questa, compagni, è la via giusta! È proprio dalle piccole esperienze di qualche militante che abbiamo visto come anche i segretari di sezione vengono spinti a partecipare. In questo modo bisogna procedere! Se non è la testa, se non sono i capi, a fare un serio bilancio di quanto accaduto con le elezioni, siete voi a dover promuovere il confronto e l’azione comune!
Dobbiamo quindi affrontare di petto i limiti che attanagliano il movimento comunista e confrontarci su qual è il nostro orizzonte e su come arrivarci: qual è la via per uscire dal marasma e instaurare il socialismo?
Per farlo non partiamo da zero, facciamo nostra la storia del movimento comunista e
traiamone insegnamenti!
Uno di questi è che il Partito Comunista costruisce la rivoluzione socialista fondando la
sua azione sulla costruzione della rete del nuovo potere: per i bolscevichi furono i soviet, per i comunisti in Italia furono i Consigli di Fabbrica. L’instaurazione del governo sovietico non sarebbe stata possibile senza la creazione di una rete di soviet degli operai e dei soldati (il grosso dei quali erano contadini mobilitati per la guerra) diffusa in tutto il paese e aggregata intorno al partito bolscevico.
La vittoria della Resistenza contro il nazifascismo non ci sarebbe stata senza il Partito Comunista d’Italia (PCd’I) clandestino e le sue cellule di fabbrica, senza i CLN, senza le organizzazioni di massa orientate dal PCd’I. Non a caso uno degli aspetti della bolscevizzazione del vecchio PCd’I era che le cellule di fabbrica dovevano essere il cuore, l’organizzazione base del partito (su questo Gramsci condusse una battaglia all’interno del partito nel 1923-26). Ad oggi il nostro principale compito è ricostruirla.
Quello delle masse popolari, della loro organizzazione è il nostro terreno. Qui noi costruiamo le nostre istituzioni facendo in modo che si moltiplichino organizzazioni di operai, di lavoratori e di giovani che agiscono come il Collettivo di Fabbrica della Gkn. Costruendole e rafforzandole, facendo in modo che prendano decisioni fino a imporle, già sottraiamo la direzione di quelle aziende, di quelle scuole, di quegli ospedali, comuni, quartieri alla classe dominante!
Il terreno della classe dominante è quello del teatrino della politica borghese, delle sue istituzioni. Qui noi dobbiamo fare operazioni, colpirli e indebolirli impedendogli di fare i propri interessi.
Questo il senso che aveva l’operazione dell’unità che abbiamo promosso nella campagna elettorale.
Le elezioni sono certo uno strumento per indebolire il nemico e per costruire la rete di organizzazioni operaie e popolari (usando la visibilità e l’attivismo dei militanti ad esempio per farlo), ma devono essere lo strumento, non il fine.
Se diventano un fine, se si pensa di poter arrivare a instaurare il socialismo andando al governo e procedendo a colpi di legge (come se le leggi giuste venissero applicate se fatte in Parlamento!) i paletti e le differenze diventano montagne insormontabili. Se invece l’obiettivo è rafforzare la classe operaia e le masse popolari non bisogna certo dividerle!
L’unità d’azione degli operai, dei lavoratori, dei giovani è l’arma che gli permette di passare dal difendersi al contrattaccare. Per colpire sono necessarie tutte e cinque le dita di una mano. Costruire l’unità d’azione tra comunisti e in questo momento costruire un fronte contro le Larghe Intese vuol dire dotarsi degli strumenti con cui farlo. Questo non alimenterà solo operai e lavoratori della base delle varie organizzazioni, ma alimenterà la fiducia di molti altri.
Alla luce di questo obiettivo le divisioni, gli scontri, le differenze devono essere trattare apertamente e superate.
Se non lo fanno i capi, deve essere la base a farlo!
Avanti compagni costruiamo la riscossa delle masse popolari!