Secondo certi compagni, quando alle elezioni trovi sulla scheda il simbolo della falce e martello, non devi avere esitazioni e devi mettere la x su quello. Per questi compagni la strada per favorire l’unità dei comunisti passa da qui e pertanto i loro sforzi sono tutti rivolti a far sì che questo simbolo compaia sulla scheda.
Secondo altri compagni, alle elezioni bisogna votare per le liste che candidano i compagni e gli organismi con i quali “si ha a che fare tutti i giorni” e con cui si coltivano relazioni politiche, si fanno iniziative comuni, ecc. Votare “quelli che si conoscono” è, per loro, la strada per rafforzare l’unità d’azione.
C’è poi chi delle elezioni proprio non ne vuole sapere e promuove, anzi, l’astensionismo. Altri ancora, all’opposto, sono convinti che bisogna votare il meno peggio per non disperdere il voto.
Insomma, quando si parla di elezioni bisogna mettere in conto che qualunque scelta influirà necessariamente sui rapporti con altri compagni, partiti e organismi.
Per le elezioni del 25 settembre la Carovana del (nuovo)PCI ha dovuto fare i conti non solo con la delusione di coloro per i quali non ha dato indicazione di voto, ma anche con la reazione di quanti si sono “offesi” per aver espressamente chiamato capi politici, militanti e attivisti delle altre liste a votare per Unione Popolare.
Inorriditi quelli che si presentavano con la falce e il martello, stizziti quelli con cui abbiamo fatto (e per quanto ci riguarda faremo) iniziative comuni, delusi i promotori dell’astensionismo e divertiti quelli che hanno votato “il meno peggio”.
Anche all’interno del P.CARC la nostra linea ha sollevato discussioni e dubbi ed è emersa la preoccupazione per la reazione degli altri, come se la promozione di un tale orientamento potesse “rovinare” relazioni costruite nel tempo e, a volte, faticosamente.
La verità è che aver portato una linea che rompeva nettamente con l’elettoralismo e il cretinismo parlamentare da una parte ha suscitato reazioni scomposte e infantili, ma dall’altra ci ha offerto la possibilità di elevare la discussione politica con coloro ai quali, ad esempio, non torna l’idea che l’unità dei comunisti passi da una x su una scheda elettorale o che l’unità d’azione, per svilupparsi proficuamente, preveda di andare a votare “per chi conosci” anziché sulla base di un ragionamento politico.
E, infatti, laddove i nostri compagni hanno affrontato con spirito costruttivo le critiche, anche pesanti, e gli atteggiamenti infantili, la discussione si è sviluppata e il rapporto politico non solo prosegue, ma si è rafforzato.
Quando nel 2013 la Carovana del (nuovo)PCI diede indicazione di voto per il M5S, si sollevò uno scandalo e fummo sommersi da insulti, denigrazioni, dileggi. Ma nel 2018 molti di coloro che ci attaccarono votarono per il M5S.
Nel 2018 siamo stati sommersi dalle critiche per aver affermato e argomentato che chi considerava il governo Conte 1 come “il governo più reazionario della storia repubblicana” era fuori dal mondo e reggeva il sacco al PD, ma oggi molti di quelli che gridavano al moderno fascismo del governo Conte 1 difendono il Reddito di Cittadinanza come “l’unica misura a favore dei poveri degli ultimi 50 anni”.
Né le denigrazioni del 2013, né quelle del 2018 ci hanno impedito di avere e sviluppare relazioni proficue e unità d’azione con altri partiti e organizzazioni.
Possiamo trarre un insegnamento da questo? Sì, più di uno.
1. L’unità dei comunisti non passa dalla x sul simbolo alle elezioni, è un processo di unità ideologica. L’unità ideologica si forgia necessariamente nella lotta fra idee giuste e sbagliate, fra vero e falso, fra avanzato e arretrato. Chi rifugge dalla lotta ideologica, ostacola irrimediabilmente l’unità dei comunisti.
2. L’unità d’azione è possibile se non impone alcun vincolo ideologico. Se l’unità d’azione fosse vincolata da quello su cui siamo d’accordo a livello ideologico e politico, non sarebbe possibile. L’unità d’azione parte dal fatto che, in un certo momento e in un certo contesto, si condividono obiettivi specifici per il raggiungimento dei quali si collabora. E si collabora nonostante le divergenze sulle questioni ideologiche e politiche.
3. Le elezioni sono un’operazione politica promossa dalla classe dominante. I comunisti vi intervengono con propri obiettivi, usando i mezzi più consoni al loro raggiungimento, usando le tattiche più appropriate e facendo scelte ad essi funzionali. Il fatto che la condotta dei comunisti non sia compresa, riconosciuta e approvata da chi – al di là di come si definisce – ragiona secondo il senso comune corrente, non deve spaventare, è del tutto normale.
4. L’intervento dei comunisti, se conforme allo sviluppo della lotta politica rivoluzionaria – oggi nel nostro paese è la lotta per costituire un governo di emergenza popolare – provoca sommovimenti: separa l’avanzato dall’arretrato. Per l’arretrato il nostro intervento e la nostra posizione sono sbagliati, campati per aria, ridicoli. Per l’avanzato, al di là delle reazioni immediate, sono spunto per riflessioni e ragionamenti. È sulle tendenze avanzate che i comunisti devono concentrarsi.