La situazione nel nostro paese è esplosiva. Guerra, carovita, chiusura di aziende, morti sul posto di lavoro, inquinamento: in ogni aspetto dell’esistenza siamo in una situazione di emergenza.
I lavoratori sono immersi in questo marasma, devono fronteggiare situazioni, dentro e fuori il posto di lavoro, che li spingono a organizzarsi e mobilitarsi.
A fronte di questa situazione, i sindacati di base hanno trovato la via per agire unitariamente, dichiarando lo sciopero generale per il 2 dicembre. Alcuni di essi rilanciano subito con una manifestazione nazionale a Roma per il giorno seguente.
A quanto detto si aggiunge che l’installazione del governo Meloni spinge i vertici della CGIL a promuovere la mobilitazione sia su sollecitazioni “dall’alto” (perché facciano da sponda al PD all’opposizione, come ai tempi dei governi Berlusconi), sia perché la base degli iscritti se lo aspetta e, in certi casi, lo chiede apertamente. E, infatti, la CGIL ha già iniziato a promuovere su scala più ampia la mobilitazione di lavoratori e pensionati: dalla manifestazione dell’8 ottobre a quella del 22 ottobre, dalla manifestazione del 5 novembre alle assemblee di base del suo XIX Congresso.
Da una parte, la CGIL deve mantenere un ruolo verso i lavoratori, perché il numero degli iscritti e la fiducia che raccoglie sono l’unico motivo per cui i padroni e il governo di turno la invitano alla loro tavola (non se ne farebbero nulla di un sindacato che non controlla la grande massa dei lavoratori); dall’altra deve piegare gli interessi dei lavoratori a quelli dei padroni (e delle Larghe Intese) per non essere esclusa dagli affari. Da qui il suo tenere i piedi in due staffe: a parole incendiari, ma nella pratica pompieri. (…) Se i vertici della CGIL persistono sulla strada della sottomissione ai padroni e ai governi delle Larghe Intese, la fuga degli iscritti è destinata ad aumentare. Ma di una CGIL ridimensionata, sempre meno rappresentativa e influente, i padroni e le Larghe Intese non sanno cosa farsene.
D’altra parte, se i vertici della CGIL imboccano la via della lotta per affermare gli interessi dei lavoratori, allora i padroni e le Larghe Intese smetteranno di invitarli alla loro tavola per dividere con loro parte del malloppo estorto ai lavoratori.
La contraddizione attorno a cui ruota il XIX Congresso è questa. – Da “Sul XIX Congresso della CGIL” – Resistenza n. 7-8/2022.
Come ci si deve porre di fronte alle mobilitazioni promosse dalla CGIL? Vanno considerate principalmente come una manovra dall’alto per incanalare la mobilitazione dei lavoratori nelle briglie dei pompieri delle lotte, cosa che in parte è vera, oppure vanno considerate alla luce di ciò che possono diventare e del contributo che possono dare alla più generale mobilitazione che rende ingovernabile il paese?
Già da come abbiamo formulato la domanda, la risposta è chiara.
Ci sono mille scuse per imboccare la via sbagliata: “i vertici della CGIL hanno sempre tradito i lavoratori”, “Landini è un parolaio”, “si svegliano ora su ordine del PD, ma dove erano quanto è stata votata la legge Fornero? E il Jobs Act?”. Ma il discorso è che sono appunto scuse per evitare di mettere le mani in pasta OGGI.
Il fatto è che se si lascia l’orientamento delle mobilitazioni ai vertici della CGIL, al PD, ecc. è improbabile che le mobilitazioni del principale sindacato confederale possano contribuire alla più generale mobilitazione che rende ingovernabile il paese. La verità è che in quelle piazze ci devono essere i comunisti, i lavoratori avanzati, i sindacati di base…
A proposito dei sindacati di base, un esempio per mettere a fuoco l’insensatezza del settarismo e della concorrenza (concorrenza fra loro e concorrenza con la CGIL): per gli interessi generali dei lavoratori, sarebbe utile o dannoso che la CGIL fosse costretta a proclamare sciopero il 2 dicembre, lo stesso giorno dello sciopero generale dei sindacati di base? I sindacati di base stanno intervenendo sulla base degli iscritti della CGIL affinché ciò avvenga?
Da anni, la CGIL ha imboccato la via per diventare compiutamente un’agenzia parastatale di servizi e un organo di controllo del padronato e dei vertici della Repubblica Pontificia sui lavoratori. Questo è il progetto per cui sono lautamente pagati i suoi dirigenti nazionali. Ha milioni di lavoratori iscritti sui quali questi dirigenti fanno opera di pompieraggio e diversione.
Allo stesso tempo, però, questi milioni di lavoratori iscritti vivono la crisi e ne subiscono quotidianamente le conseguenze. Fra questi ci sono lavoratori che non si rassegnano a fare le vittime sacrificali.
Ci sono delegati di base combattivi, onesti e capaci. Ci sono soggetti magari delusi e scoraggiati, ma in cerca di una strada e di una via d’uscita.
Tutti questi iniziano a vedere, o a venire in contatto, in un modo o nell’altro, con esempi come quello del Collettivo di Fabbrica della GKN di Firenze, degli operai della Caterpillar di Jesi o della Wartsila di Trieste; provano sulla loro pelle una situazione che li costringe a darsi da fare.
Altri ancora entrano in contatto con i comunisti che gli indicano una via di riscossa. Questa via di riscossa immediata è la mobilitazione per cacciare il governo appena insediatosi e imporre un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate.
La via della lotta che la CGIL deve imboccare è questa e i comunisti devono spingerla ad imboccarla. É nell’interesse della CGIL stessa, perché è l’unica soluzione positiva alla contraddizione interna che la lacera, e soprattutto perché è nell’interesse delle masse popolari del nostro paese.