Raccogliere questa intervista presentava due problemi particolari. Il primo risiedeva nel rischio di cadere nel “già detto”, perché l’elaborazione del P.CARC, come vedremo, poggia su basi solide e si sviluppa in continuità. È impossibile ragionare dei temi dell’attualità senza affrontare questioni di principio, di concezione, di metodo che sono strettamente connesse con la storia del nostro Partito e della Carovana del (nuovo)PCI, che a sua volta è strettamente connessa con la storia degli ultimi 40 anni del nostro paese.
Il secondo problema risiedeva nel rischio di oscillare nella scelta dei referenti: impostare un’intervista utile principalmente ai membri del P.CARC, ad esempio per approfondire alcuni particolari aspetti, oppure un’intervista utile principalmente all’ampia cerchia di compagni che ci guarda e segue dall’esterno, per dare un’idea di quello che è il P.CARC.
Entrambi i problemi sono stati affrontati raccogliendo spunti, richieste e sollecitazioni tanto dai membri del Partito che dai nostri simpatizzanti. Eventuali altre questioni potranno essere trattate in futuro, sulla base dei riscontri che giungeranno.
Buona lettura.
Pablo Bonuccelli, direttore di Resistenza
Origini dei CARC
Pietro, vorrei iniziare questa intervista chiedendoti una definizione del P.CARC. Cos’è il P.CARC?
Il P.CARC è un partito di comunisti che, in questa fase storica, ha l’obiettivo di portare gli organismi operai e popolari a costituire, con la mobilitazione e la lotta, un governo di emergenza delle masse popolari organizzate, quello che definiamo Governo di Blocco Popolare (GBP).
Per comprendere appieno questa definizione occorre, però, approfondire i seguenti tre aspetti: cosa significa “questa fase storica”, cos’è il Governo di Blocco Popolare e, la più importante, la relazione indissolubile fra il P.CARC e il (nuovo)PCI, il nostro partito fratello, che è lo Stato Maggiore della rivoluzione socialista in corso nel nostro paese.
La decisione di costituire due partiti comunisti per condurre la rivoluzione socialista in un paese imperialista qual è l’Italia è maturata nella Carovana del (nuovo)PCI dallo studio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale.
Senza l’adesione alla strategia del (nuovo)PCI, anche il P.CARC sarebbe un “partitino” più o meno radicale, più o meno identitario e dogmatico, simile a tanti altri. Ciò che distingue il P.CARC è il legame ideologico e politico con il (nuovo)PCI.
Dal bilancio di questa esperienza abbiamo imparato che la rivoluzione socialista non scoppia, non è il risultato spontaneo della propaganda comunista e delle lotte rivendicative delle masse popolari: la rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (GPRdiLD), una guerra promossa, organizzata e diretta dal Partito comunista. La storia moderna del nostro paese è strettamente legata alla presenza del papato e del Vaticano e a una ricca lotta di classe. Ripercorrendo a grandi linee le tappe di questa storia, ricordiamo qui il Biennio rosso del 1919-20 che portò la borghesia all’instaurazione del primo regime terroristico del mondo, il fascismo; l’opera del grande dirigente comunista Antonio Gramsci e del PCI clandestino che guidò la Resistenza antifascista alla vittoria; l’affermazione nel PCI dei revisioni moderni di Togliatti (1956), responsabili della corruzione e dello scioglimento del Partito; il movimento operaio e studentesco degli anni Settanta. Da questa storia abbiamo tratto insegnamenti importanti, che dobbiamo far nostri per non ripetere gli errori commessi dalla sinistra del vecchio PCI e superare quei limiti che gli hanno impedito di instaurare il socialismo nel nostro paese, nonostante il verificarsi di più situazioni potenzialmente rivoluzionarie.
Abbiamo più volte detto che il P.CARC e il (nuovo)PCI hanno origini comuni e condividono molte cose: concezione del mondo, strategia, tattica. Ma abbiamo anche spiegato che sono due partiti diversi, con compiti e obiettivi complementari, sono appunto partiti fratelli.
Il (nuovo)PCI è un partito di quadri che opera nella clandestinità per condurre la GPRdiLD che è già in corso nel nostro paese – siamo nella prima fase, quella della difensiva strategica – e il suo obiettivo è l’instaurazione del socialismo.
Il P.CARC che opera in maniera pubblica, è, invece, un partito di quadri e di massa che contribuisce alla GPRdiLD attuando la linea tattica della costituzione del GBP.
Quello che dobbiamo sempre considerare e affermare con chiarezza è che senza l’appartenenza alla Carovana del (nuovo)PCI, senza il solido legame ideologico con il (nuovo)PCI, senza l’adesione alla strategia del (nuovo)PCI, anche il P.CARC sarebbe un “partitino” più o meno radicale, più o meno identitario e dogmatico, simile a tanti altri.
Ciò che distingue il P.CARC dagli altri partiti comunisti che operano sul terreno della lotta politica borghese e intervengono pubblicamente nelle lotte rivendicative è, appunto, il legame ideologico e politico con il (nuovo)PCI, legame dal quale deriva l’obiettivo del P.CARC in questa fase storica: costituire un governo di emergenza delle masse popolari organizzate.
Puoi illustrare il percorso storico dei CARC?
All’inizio degli anni Ottanta, iniziava il periodo del riflusso – chiamato così perché tra i dirigenti e attivisti del movimento prevaleva il disfattismo, la demoralizzazione e il “ritorno a casa” – legato alla sconfitta della mobilitazione rivoluzionaria degli anni Settanta. I tratti salienti di quella fase storica erano due: fare fronte alla repressione che colpiva duramente il movimento rivoluzionario ed elaborare un bilancio serio della sconfitta, per trarne gli insegnamenti necessari.
Quello che all’epoca era l’embrione della Carovana del (nuovo)PCI si cimentò in questi compiti. Nacquero così il Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione e la Redazione della rivista Rapporti Sociali.
Per quanto riguarda il fronte della resistenza e della lotta contro la repressione, furono anni estremamente importanti nella formazione delle concezioni e delle linee che poi caratterizzeranno la Carovana.
Il contesto era quello in cui le organizzazioni comuniste combattenti erano lacerate da lotte ideologiche e decimate da arresti e pentimenti, mentre la sinistra borghese promuoveva la via della dissociazione dalla lotta politica rivoluzionaria, quella che veniva chiamata “la soluzione politica agli anni di piombo”. La nostra area politica diceva: il proletariato non si pente né della sua appartenenza di classe né della lotta che conduce contro la borghesia, non si pente proprio di nulla. La questione era politica: non si trattava di voltare semplicemente pagina come sostenevano i dirigenti e molti militanti degli anni Settanta, occorreva fare un bilancio serio di quella esperienza per capire perché un movimento così poderoso era stato sconfitto, perché erano falliti i tentativi di costruire un Partito comunista adeguato ai compiti della fase. Cito un libro molto importante in questo senso: Il proletariato non si è pentito, frutto e sintesi di questa posizione.
Per quanto riguarda il lavoro di elaborazione politica, fu chiaro che per fare un bilancio serio del movimento rivoluzionario degli anni Settanta e dei problemi che incontrava la rivoluzione socialista in un paese imperialista come il nostro, era necessario allargare il ragionamento. Serviva applicare il materialismo dialettico al bilancio più generale del movimento comunista nazionale e internazionale, quello che poi abbiamo chiamato “bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale”. E serviva un’analisi della situazione economica e politica della società borghese.
Queste erano le condizioni necessarie anche solo per immaginare la rinascita del movimento comunista nel nostro paese. La rivista Rapporti Sociali divenne l’ambito e il motore di questa ricerca ed elaborazione.
Accenno qui solo all’importante lavoro di analisi che, studiando Il Capitale di Marx, ci portò a comprendere che eravamo all’inizio di una nuova crisi generale del sistema capitalista, la seconda dopo quella della prima metà del XX secolo: la crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale che ha caratterizzato, non solo in Italia, il corso delle cose in tutto il mondo negli ultimi 50 anni.
All’epoca, e fino al 2008, nessuno parlava di crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. Intellettuali, economisti e anche i “comunisti” parlavano di crisi cicliche e fasi di ristrutturazione che le nuove tecnologie avrebbero risolto. Descrivevano fenomeni veri, senza però comprenderne e indicarne la causa.
Forse mi sono dilungato, ma il discorso è questo: la Carovana del (nuovo)PCI ha le radici piantate nei due movimenti che ho descritto e la sua evoluzione risponde all’esigenza di ricostruire in Italia il Partito comunista come Stato Maggiore della rivoluzione socialista. Per questo sono nati i CARC nel 1992, per ricostruire il Partito comunista. L’obiettivo è stato raggiunto, perché nel 2004 è nato il (nuovo)PCI. E da quando è nato ha assunto, come era inevitabile che fosse, il ruolo dirigente della Carovana.
La storia dei 30 anni dei CARC, e dei 40 della Carovana del (nuovo)PCI, possiamo dividerla in cinque fasi.
1. La fase precedente alla costituzione dei CARC, che va dal 1980 al 1992: è caratterizzata dall’attività de Il Bollettino del Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione e dalla Redazione di Rapporti Sociali.
2. La fase dal 1992 al 1998 in cui con la nascita dei CARC e con la pubblicazione del Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano, le condizioni per la ricostruzione di un vero partito comunista fanno un balzo in avanti.
3. La fase che va dal 1998 al 2004, in cui viene costituita la Commissione Preparatoria del Congresso di fondazione del (nuovo)PCI (nel 1999) e viene fondato il (nuovo)PCI nella clandestinità (nel 2004).
4. La fase dal 2004 al 2009, quella della trasformazione dei CARC in Partito.
5. La fase dal 2009 ad oggi, caratterizzata dal fatto che il P.CARC si pone l’obiettivo del GBP.
Fino al 2004, il nostro punto fermo è stato l’obiettivo di ricostruire un vero partito comunista. Dalla fondazione del (nuovo)PCI, contribuiamo alla sua opera per far avanzare la rivoluzione socialista.
La nostra è, per sintetizzare, la storia di chi ha sempre messo al centro la lotta di classe e per questo ha sempre “remato contro”: contro il revisionismo, il pentitismo, la dissociazione e l’anticomunismo imperante nel periodo del riflusso del movimento degli anni Settanta e della caduta del Muro di Berlino; contro la repressione di cui siamo stati bersaglio per decenni; contro il senso comune della sinistra borghese che affossava l’esperienza dei primi paesi socialisti e si accodava alla borghesia imperialista nell’affermare che il comunismo era definitivamente fallito…
Ma è anche la storia di chi, nella resistenza spontanea che le masse popolari oppongono allo sviluppo della crisi del sistema capitalista, ha sempre cercato di seminare, coltivare e raccogliere, in campo teorico e in campo pratico e organizzativo, trasformando questa resistenza in lotta per il socialismo.
È la storia, costruita passo dopo passo, di chi, mettendo al centro la concezione comunista del mondo (la scienza) e la passione rivoluzionaria, è diventato un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale per la rinascita del movimento comunista. È la storia di chi si è messo all’opera per fare qualcosa che il movimento comunista non ha ancora mai realizzato: la rivoluzione socialista in un paese imperialista. La rivista Rapporti Sociali, Il Manifesto Programma del (nuovo)PCI, la rivista La Voce del (nuovo)PCI, il giornale Resistenza, i libri delle Edizioni Rapporti Sociali rappresentano e racchiudono bene questa storia e questo patrimonio.
Il movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO) è composto da partiti, organismi, gruppi e individui che sono per il socialismo, che si propongono e operano per mettere fine al catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista (per caratteristiche sue proprie e per prolungare l’esistenza del suo sistema sociale) impone all’umanità da quando ha ripreso nelle sue mani la direzione del mondo a seguito dell’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976) – da “Aspiranti comunisti, animatori delle lotte di difesa, insofferenti del capitalismo”, La Voce del (nuovo)PCI n. 69
Cos’è la Carovana del (nuovo)PCI
Spiegaci il termine Carovana con cui si indica l’area politica diretta dal (nuovo)PCI.
Potevamo ricorrere anche ad altre definizioni, ma Carovana rende bene l’idea: parte da un punto per arrivare a destinazione; avanza attraverso battaglie (nel campo della teoria e della prassi), facendo fronte ad asperità e complicazioni, resistendo agli attacchi del nemico, agli abbandoni e alle diserzioni, conquistando terreno, uomini e donne alla causa della rivoluzione socialista. Il cammino della Carovana segue una rotta sperimentale, come ogni percorso scientifico, non è la “marcia trionfale”, che esiste solo nelle illusioni. La rotta giusta, più breve e sicura va trovata di fase in fase, avendo ben chiaro il concetto che la strategia è ferma, mentre la tattica deve essere flessibile.
In una carovana ci sono soggetti che si aggiungono, facendo una parte del cammino con il corpo principale, e altri che se ne distaccano, rallentano, cambiano strada, e a volte si ricongiungono.
In una carovana l’aspetto decisivo è che la testa non si fermi, continui ad avanzare, a elaborare la rotta sulla base dell’esperienza; che la lotta continui fino alla meta… E questo è il ruolo del (nuovo)PCI.
Bene. Quindi riprendiamo: la Carovana del (nuovo)PCI in questa fase storica…
In questa fase storica sottende tre cose distinte, ma combinate.
In termini oggettivi si intende la fase particolare di sviluppo della crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale che va dalla metà degli anni Settanta a oggi. I tratti salienti della crisi sono sempre gli stessi per ogni periodo: attacco alle conquiste e ai diritti delle masse popolari, guerra di sterminio non dichiarata, guerre di aggressione imperialista… Ma assumono, di volta in volta, manifestazioni particolari.
La fase attuale, è caratterizzata da due anni di gestione criminale della pandemia, dalla crisi climatica, dalla guerra che i gruppi imperialisti USA e UE conducono contro la Federazione Russa per interposta persona in Ucraina, dalle minacce di un allargamento del conflitto in Europa e Asia (Repubblica Popolare Cinese), dal carovita. Tra gli elementi avanzati delle masse popolari si diffonde, sempre più, la consapevolezza che parlare di riformare il capitalismo, come fa la sinistra borghese, altro non è che un’illusione e un imbroglio.
Fino al 2008 la crisi generale per molti non esisteva, perché gli effetti si potevano vedere solo con “gli occhiali” della concezione comunista del mondo. Nel 2008, invece, è iniziata la fase terminale della crisi generale.
All’incirca nel 2016, poi, è iniziata la fase in cui la crisi generale, un fenomeno che nasce nel campo economico della società, ha travolto i regimi politici della borghesia imperialista: è iniziata in ogni paese imperialista una fase di crescente instabilità politica che travolge la sua classe dominante e le relazioni fra Stati imperialisti. Insomma, arriviamo al marasma in cui siamo immersi oggi, che non ha soluzione entro i limiti e i confini della società capitalista.
In termini soggettivi, in questa fase storica ha ripreso vigore la questione dell’unità dei comunisti e il dibattito sulla ricostruzione del Partito comunista, anche se tra le diverse forze del movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO), che derivano dalla dissoluzione del vecchio PCI e dalla frammentazione del PRC, predomina – tanto nella concezione quanto nella pratica – l’influenza delle tare della sinistra del vecchio movimento comunista dei paesi imperialisti. Tare che impediscono ai partiti comunisti di assumere un ruolo rivoluzionario.
Non penso che sia necessario dilungarsi qui su di esse, mi limito a dire, in sintesi, che si manifestano nell’illusoria convinzione di poter cambiare le cose attraverso le elezioni o attraverso le lotte rivendicative o attraverso una combinazione delle due cose. Essa si esprime nella logica del “mandare in parlamento i portavoce delle lotte” e nella “sponda politica delle lotte”. Noi, al contrario, affermiamo che i lavoratori e le masse popolari devono organizzarsi per prendere in mano il governo del paese, farsi classe dirigente per uscire dalla situazione di emergenza in cui siamo immersi.
La pratica delle due tare, in questa fase storica, comporta che mentre le masse popolari sono spinte dagli effetti della crisi generale a ribellarsi, a mobilitarsi, a cercare una strada per resistere e cambiare il corso delle cose, il movimento comunista è ancora debole, inadeguato a dirigerle sulla strada della rivoluzione socialista.
In ultimo, in questa fase storica, sui comunisti pesa la nefasta eredità dei revisionisti moderni prima, e l’opera della sinistra borghese poi. Una cappa di sfiducia, scetticismo, incazzatura per le sconfitte e “il tradimento subito” vive in larga parte dei loro principali referenti: gli operai, i lavoratori, il proletariato. In Italia, dove il movimento comunista è stato grande e glorioso e conta ancora decine di migliaia di compagne e compagni che si organizzano e si mobilitano, questo aspetto è particolarmente importante.
Governo di Blocco Popolare e lotta per il socialismo
Con “cambiare le cose” intendi fare la rivoluzione socialista. Ma l’obiettivo del P.CARC è costituire un governo di emergenza delle masse popolari organizzate, giusto? Come si legano le due cose?
Se il movimento comunista del nostro paese fosse ideologicamente più forte e, di conseguenza, anche organizzativamente, “fare la rivoluzione socialista” sarebbe una questione all’ordine del giorno. In un certo senso lo è anche, perché le condizioni oggettive per fare la rivoluzione ci sono tutte, anzi il socialismo è l’unico sbocco realistico alla crisi generale. Ma stante la debolezza del movimento comunista non sarebbe serio chiamare la classe operaia e le masse popolari a “prendere il Palazzo d’Inverno”. Anzi, proprio questa concezione del “colpo di mano”, tanto in voga in chi immagina che la rivoluzione prima o poi scoppi, ed attende che scoppi, è una dimostrazione della debolezza ideologica dell’attuale movimento comunista. Vediamo di chiarire alcune cose a riguardo.
Anzitutto abbiamo detto che se il P.CARC non appartenesse alla Carovana del (nuovo)PCI sarebbe un qualunque partito di sinistra più o meno radicale, identitario e dogmatico o movimentista. Allo stesso modo senza essere inquadrato nella strategia della GPRdiLD anche il GBP sarebbe una proposta riformista e, pertanto, campata per aria.
La rivoluzione socialista non è un colpo di mano, una sommossa a lieto fine o cose del genere: è un processo, una GPRdiLD divisa in fasi. Un processo diretto dal Partito comunista che, fase per fase, raccoglie forze rivoluzionarie, le organizza e le dirige nella guerra contro la borghesia imperialista per instaurare il socialismo.
È una guerra, perché contrappone due classi (borghesia e proletariato) e il suo esito è necessariamente la presa del potere da parte della classe operaia e la soppressione della borghesia imperialista; è una guerra rivoluzionaria, perché rovescia l’ordinamento esistente e ne costruisce uno nuovo, il socialismo; è una guerra rivoluzionaria di lunga durata, perché per il suo contenuto, il partito comunista deve aggregare, organizzare, formare le sue forze, le forze del nuovo potere, e deve farlo sotto la dittatura della classe dominante.
La lotta per costituire il GBP rientra nel processo appena descritto, è una linea tattica che si inserisce nella strategia della GPRdiLD, ma che oltre alle condizioni generali considera quelle particolari della lotta di classe in questa fase. Fra di esse il fatto che il movimento comunista è ancora debole per promuovere la rivoluzione socialista “su ampia scala” e il fatto che, nel frattempo, la crisi avanza, il marasma cresce e con esso anche la resistenza spontanea e la mobilitazione delle masse popolari.
La combinazione di questi due fattori particolari porta a mobilitare sul terreno politico la classe operaia e le masse popolari perché impongano un loro governo di emergenza. Per farlo è necessario che le masse popolari siano organizzate capillarmente, che la loro parte organizzata assuma un ruolo attivo e di avanguardia nei confronti delle ampie masse.
Come vedete, nella lotta per il GBP servono gli stessi ingredienti necessari alla GPRdiLD. E infatti il GBP è una strada per avanzare in quella direzione. Non è un obiettivo alternativo, è esattamente la strada da percorrere per arrivare a fare la rivoluzione socialista nelle condizioni particolari e concrete, oggettive e soggettive, in cui ci troviamo in questa fase storica.
Il Collettivo di Fabbrica GKN nel corso dell’ultimo anno ha dimostrato che i lavoratori avanzati e gli organismi operai e popolari da loro diretti, coordinandosi, possono diventare artefici e protagonisti di un livello superiore di mobilitazione e di organizzazione: possono diventare le Nuove Autorità Pubbliche che si occupano del futuro delle aziende, dei territori e dell’intero paese. È un ottimo esempio pratico di cos’è e può fare un’organizzazione operaia e popolare per arrivare a costruire il governo di emergenza che serve, il GBP. Le decine di organizzazioni simili che già esistono nel nostro paese (comitati di lavoratori in lotta, comitati ambientali, collettivi di studenti, sindacati di base, ecc.) devono costruire un’unità d’azione, il fronte delle forze politiche e sindacali che prende in mano il governo del Paese. Questo è il GBP.
Pietro, l’obiettivo tattico del Governo di Blocco Popolare è stato assunto nel 2009. Certamente qualcuno ti avrà chiesto il motivo per cui oggi, quasi 14 anni dopo, non siamo ancora riusciti a farlo.
Sì, certo! In termini generali, è necessario ricordare che per costituire un GBP ci vuole la concomitanza di quattro condizioni: 1.che sia un obiettivo perseguito coscientemente almeno dai principali organismi operai e popolari, 2. che la rete di organismi operai e popolari sia abbastanza estesa nel paese, 3. che gli organismi operai e popolari si coordinino, 4. che agiscano da Nuove Autorità Pubbliche: come dice Salvetti della GKN “i lavoratori devono diventare classe dirigente del paese”.
Promuovendo l’ingovernabilità dal basso, attraverso la mobilitazione delle masse popolari, e considerando l’ingovernabilità dall’alto, frutto dei contrasti tra gruppi della classe dominante, è possibile imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate.
La lentezza con cui avanziamo dipende dalle difficoltà nel conquistare posizioni riguardo a queste condizioni.
L’esperienza del M5S al governo conferma che entrare nei palazzi è possibile, ma se non si conserva il legame con le organizzazioni operaie e popolari e il loro appoggio, allora è impossibile rompere con il dominio della borghesia imperialista e darsi i mezzi per attuare le misure di emergenza che servono.
Tuttavia, voglio trattare il discorso da un altro punto di vista, per centrare la questione principale.
La relazione dell’obiettivo del GBP con la GPRdiLD passa anche dal fatto che entrambi sono promossi dai comunisti. Promossi, cioè diretti. Quindi gli avanzamenti dipendono dall’elevazione (in termini qualitativi) e crescita (in termini quantitativi) dei comunisti, che diventano dirigenti del processo di costruzione delle condizioni del GBP, come tappa per avanzare nella lotta per il socialismo.
Inevitabilmente ci troviamo di fronte ai due poli di una contraddizione: da una parte è necessario che il movimento comunista cosciente e organizzato sia abbastanza forte da dirigere la mobilitazione delle masse popolari verso la costituzione del GBP, ma dall’altra proprio la lotta per il GBP, la sua costituzione e difesa dai sabotaggi e boicottaggi della borghesia imperialista e della sua Comunità Internazionale favoriranno la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato.
L’esperienza del M5S al governo conferma che entrare nei palazzi è possibile, ma se non si conserva il legame con le organizzazioni operaie e popolari e il loro appoggio, allora è impossibile rompere con il dominio della borghesia imperialista e darsi i mezzi per attuare le misure di emergenza che servono.
La difficoltà vera, dunque, il motivo per cui avanziamo lentamente, sta nella lotta per formare dirigenti comunisti adeguati, capaci a dirigere le masse popolari a farsi classe dirigente del paese.
Conoscere la concezione comunista del mondo, la strategia della GPRdiLD, la linea del GBP è una cosa; conoscerle e propagandarle efficacemente è un’altra; conoscerle, propagandarle e usarle è tutto un altro paio di maniche! Per fare la rivoluzione ci vogliono dirigenti comunisti, capi comunisti. C’è, ancora, una grave mancanza di quadri comunisti. Infatti, dedichiamo alla loro formazione molte energie.
Partito di quadri e di massa e formazione
Approfondiamo questo aspetto, perché c’è stato un passaggio nel P.CARC, una trasformazione: da Partito di quadri a Partito di quadri e di massa…
Sì, il passaggio è iniziato con il V Congresso, nel gennaio 2019, e non è ancora concluso. Per essere il partito che promuove la lotta per il GBP, il P.CARC doveva trasformarsi in qualcosa di diverso dal partito di soli quadri che è, ad esempio, il (nuovo)PCI. La trasformazione, sul piano ideologico, consiste nel fatto che oggi per essere membro del P.CARC è sufficiente aderire convintamente all’obiettivo di costituire il GBP e attivarsi per realizzarlo.
In passato, l’adesione al P.CARC era subordinata all’adesione alla GPRdiLD, alla comprensione e all’uso della concezione comunista del mondo, alla completa dedizione alla lotta politica rivoluzionaria. Oggi questi aspetti rimangono validi per i quadri superiori, non sono condizione per essere membri.
Il P.CARC è un partito aperto alle masse, che opera per formare quadri: si entra sulla base della condivisione di un obiettivo e, attraverso la lotta, si avanza nella comprensione delle cose e del proprio ruolo nella lotta di classe.
Nel dibattito del V Congresso abbiamo chiarito che la costruzione del P.CARC come partito di quadri e di massa è necessaria per svolgere efficacemente il compito di promuovere la costituzione del GBP.
C’è bisogno di combinare due movimenti: il primo è allargare le relazioni fra il movimento comunista cosciente e organizzato e la classe operaia e le masse popolari; il secondo è elevare la qualità dei suoi dirigenti e quadri affinché siano maggiormente in grado di dirigere, orientare, educare e organizzare i membri del Partito, i collaboratori e i simpatizzanti e via via il vasto campo degli operai, dei lavoratori e degli elementi avanzati delle masse popolari, che sono il tramite verso le ampie masse.
Fra i due movimenti, che sono dialetticamente legati, il secondo è quello principale e dipende interamente da noi. Non ha senso, ed è profondamente sbagliato, che i comunisti imprechino contro l’arretratezza o la scarsa combattività delle masse. Quando un comunista sostiene queste tesi maschera il suo opportunismo o il suo basso livello di adesione alla causa del comunismo.
Solo se si eleva il livello intellettuale e morale dei quadri, il Partito può allargarsi e aprirsi alle larghe masse. L’esigenza dell’allargamento del Partito attiene anche alla situazione oggettiva: ci sono molti compagni e molte compagne che hanno “la bandiera rossa nel cuore” che, delusi e frustrati dalle esperienze nei partiti della sinistra borghese, cercano una collocazione e un ambito in cui dare il loro contribuito e contrastare il disfattismo che li spinge a ritirarsi a vita privata.
Allo stesso modo, ci sono molti elementi avanzati, operai, lavoratori, donne e giovani delle masse popolari che pur non avendo un legame ideale con il vecchio movimento comunista, sono preoccupati o indignati per il corso delle cose, si rendono conto della necessità di trasformare la società e sono propensi a impegnarsi. Incontriamo in questi mesi molti individui del primo e del secondo tipo. Ma incontrarli non è sufficiente: occorre che impariamo a dare risposte in termini intellettuali, morali e pratici, che impariamo a coinvolgerli, a capire quale contributo possono già dare e da dove partire, impariamo a vedere quello che sono e quello che ancora non sono, ma possono diventare grazie al legame con la Carovana del (n)PCI.
La politica attiva di allargamento del Partito che abbiamo sperimentato, e il cui bilancio e sviluppo portiamo al VI Congresso, ci dimostra anche una cosa estremamente importante: la società capitalista marcia oggettivamente verso il socialismo, e gli elementi più avanzati delle masse popolari cercano una collocazione in questo processo oggettivo. Incontriamo e abbiamo a che fare con persone molto diverse da noi, da quello che siamo oggi e a maggior ragione da quello che siamo stati in passato. Quindi sì, a ognuno di loro il Partito propone una trasformazione intellettuale e morale, che in genere inizia dalla pratica, ma l’aspetto principale è che i dirigenti del Partito si trasformino come comunisti per essere educatori, formatori e organizzatori capaci di raccogliere e dirigere questo processo.
Per i quadri del Partito è richiesto un processo di riforma intellettuale e morale per contrastare l’influenza della classe dominante fra le nostre file e le trappole con cui la classe dominante cerca di impedire che le masse popolari dedichino le loro risorse e le loro migliori forze alla lotta di classe: la cultura dell’evasione dalla realtà, la confusione e l’intossicazione delle coscienze; le attività correnti con cui viene saturato il tempo libero; il mondo virtuale di immagini, attività, parole, suoni, giochi e chiacchiere senza conclusione.
Le tre trappole riguardano tutte le masse popolari, ma la lotta contro di esse riguarda in primo luogo i comunisti.
Quando parliamo di organismi dirigenti, ad esempio la Direzione Nazionale, l’età media è attorno ai 45 anni. Quando parliamo di segretari Federali o di Sezione, spesso parliamo di compagne sotto i 50 anni. Se poi parliamo di compagni in formazione per dirigere settori nazionali o federali, parliamo, spesso, di compagne sotto i 35 anni.
Questa è la strada che percorriamo e che già ci ha portato a fare importanti esperienze.
Ricordo a questo proposito l’intervento di avanguardia che il Partito ha fatto durante la pandemia con le Brigate Volontarie di solidarietà e con il movimento No Green Pass; l’iniziativa con organismi e coordinamenti del MCCO come Unità Popolare; l’intervento a sostegno e rafforzamento della lotta dei lavoratori (dalla GKN alla Whirlpool); l’intervento nella lotta contro il governo Draghi e nella recente campagna elettorale.
Ora si tratta di consolidare i risultati raggiunti e le relazioni stabilite a fronte della nuova fase nella lotta per il GBP che si è aperta con l’esito delle elezioni del 25 settembre e l’installazione del governo Draghi-Meloni.
Ritornando al lavoro interno del Partito, esistono quindi due tipi di militanza?
Per la verità ne esistono anche di più. Esiste il livello del quadro, superiore e intermedio, e quello del militante di base. Ma man mano che il Partito cresce, il livello dei quadri si va articolando – come ho già detto la formazione dei quadri è il collo di bottiglia per avanzare nella direzione della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari – ma si articola anche quello del militante di base.
Ci sono compagni che per ragioni loro non vogliono diventare membri del P.CARC, ma sono attivi nelle Sezioni quanto un membro tesserato. Ci sono simpatizzanti che sottoscrivono la tessera simpatizzanti e altri che preferiscono non averla, ma danno comunque un sostegno. Man mano che si sviluppa la quantità dei militanti di base, si allarga la tipologia di persone che entrano nella rete del Partito e nella sua area di influenza.
Insomma, oggi il P.CARC è un organismo vivo, in espansione, con un numero di membri relativamente ristretto, e questo è effettivamente un problema che ancora rallenta lo sviluppo della nostra azione, certamente ristretto rispetto ai risultati che otteniamo: sembriamo un partito di migliaia di iscritti, ma in verità il grosso delle attività è il frutto della relazione fra il gruppo dirigente e la rete composita di militanti di base, simpatizzanti, sostenitori.
Torno un attimo sulla questione del livello dei quadri che si va articolando: da una parte il P.CARC fa un lavoro di formazione ed elevazione di tutti i membri che intendono avanzare nell’assunzione di responsabilità nella lotta di classe, dall’altra è anche previsto che un compagno che si candida a diventare membro del P.CARC decida di voler intraprendere un percorso di formazione per essere inquadrato da subito con ruoli di responsabilità. In questo caso il periodo di candidatura è più lungo e l’attività di formazione, cura e verifica è più intensa. Questo soprattutto nel caso il compagno in questione provenga da altre organizzazioni o partiti, o abbia un’importante esperienza politica pregressa. Allora è richiesto un intervento approfondito sul piano ideologico e personale, è richiesta la riforma intellettuale e morale.
Torno su questo perché, nell’impresa che stiamo conducendo, la trasformazione in partito di quadri e di massa è stata certamente una svolta positiva e coerente con lo sviluppo del contesto politico e del Partito.
Per diventare il Partito del GBP dobbiamo “aprire” ancora di più il partito e renderlo più adeguato ai suoi compiti. Tuttavia dobbiamo avanzare nella dialettica tra quantità e qualità, in cui è la seconda a essere decisiva.
Rinascita del movimento comunista in Italia
Hai parlato del Partito “che si è aperto”. Vorrei portare la discussione sulle relazioni con gli altri partiti comunisti, quelli esterni alla Carovana del (nuovo)PCI.
Se c’è il rischio di intendere la domanda nel senso che c’è stato un periodo in cui il P.CARC era chiuso al confronto, alle relazioni e alla collaborazione con altre organizzazioni e partiti, allora questo non è vero. Il settarismo è una deviazione che abbiamo sempre combattuto tra le nostre file: appartiene alla natura della Carovana anteporre, sempre e comunque, gli interessi delle masse e della rivoluzione socialista a quelli di partito.
La trasformazione del P.CARC in Partito di quadri e di massa ha certamente avuto un ruolo nello sviluppo delle relazioni e della collaborazione, in particolare con le sezioni e i circoli di base degli altri partiti. Ma per spiegare lo stato delle relazioni e gli sviluppi cui tendiamo devo introdurre un concetto e, inevitabilmente, fare una ricostruzione.
“Cordone sanitario” è il termine con cui abbiamo definito l’insieme di atteggiamenti che i gruppi dirigenti dei partiti della sinistra radicale – ovvero i partiti della sinistra borghese nati dalla disgregazione del vecchio PCI – hanno avuto, per anni, nei nostri confronti per ostacolare la nostra attività verso la loro base. Alcuni di questi atteggiamenti sono “classici”: indisponibilità a farci intervenire nelle iniziative, tentativi di isolamento durante i cortei e nelle piazze, ecc.
Altri sono specifici: promuovere la circolazione di voci sul fatto che la Carovana del (nuovo)PCI è stata creata ed è pagata dai servizi segreti oppure, al contrario, che siamo fiancheggiatori delle Brigate Rosse. Su questo parla la nostra storia e gli attacchi costanti che abbiamo ricevuto dalle forze della repressione. A veicolare queste voci sono esponenti, spesso capi politici, di altri partiti che ci concepiscono come rivali in grado di attrarre la loro base.
Ai metodi classici abbiamo risposto nel tempo facendo valere la pratica, nel senso che il ruolo politico che via via abbiamo assunto ha progressivamente limitato le manovre dei promotori del “cordone sanitario”. Il cordone esiste ancora, ma si è allentato di molto. Questo perché la gravità della situazione economica e sociale non rende gioco facile a chi lo promuove; perché in certi casi, in certi posti e in certi contesti è ormai diventato impossibile intervenire seriamente senza coinvolgere il P.CARC; e per la via fallimentare (all’impronta del personalismo e della concorrenza) che alcuni dirigenti di partiti o di organizzazioni hanno intrapreso.
Ai metodi più infami abbiamo risposto usando l’esperienza accumulata nella resistenza e lotta alla repressione. La Carovana ha subito per decenni una persecuzione giudiziaria. Non solo perquisizioni, arresti, pedinamenti e sequestri di materiale per giustificare inchieste per “associazione sovversiva”, ma anche il tentativo di imbastire procedimenti giudiziari con l’aiuto di due infiltrati. Quando gli infiltrati sono stati individuati, li abbiamo denunciati e sputtanati pubblicamente, con tanto di nome, cognome e ruolo ricoperto nella trama giudiziaria. Da tempo sfidiamo i promotori delle denigrazioni a nostro carico a dimostrare quello che dicono. Farebbero un nobile servizio alla causa rivoluzionaria. Altrimenti tacciano! Perché certe chiacchiere senza fondamento portano solo acqua al mulino della borghesia.
Il cordone sanitario si è allentato anche se continuano ad esistere “campioni” del primo e del secondo tipo di atteggiamenti. Le nostre relazioni con i circoli e le sezioni degli altri partiti si sono moltiplicate, come anche le iniziative comuni. E questo è indicativo di un dato importante: la situazione impone di convergere, di costruire un’unità d’azione. Alcuni fra i principali organismi operai e popolari del paese marciano già in questo senso e i comunisti, per essere all’altezza del ruolo che vogliono assumere, devono essere di stimolo e spinta anche su questo fronte.
Se avete compreso quanto ho detto poco fa sulle due tare che il movimento comunista contemporaneo ha ereditato dal vecchio movimento comunista, comprenderete che una parte dello spirito di concorrenza fra partiti e organizzazioni comuniste deriva anche dall’errata convinzione che il “peso elettorale” o “il peso nelle piazze” abbiano un ruolo decisivo ai fini della trasformazione della società. Anche alle elezioni politiche dello scorso settembre c’è stato chi ha perseverato nella “divisione dell’atomo” in nome della concorrenza elettorale.
Noi siamo per sviluppare la più ampia unità d’azione e il dibattito franco e aperto e anzi crediamo che i comunisti debbano essere d’esempio in questo. Nel contesto dell’unità d’azione, siamo per sviluppare il dibattito ideologico, la lotta ideologica, perché è solo dal prevalere delle idee giuste su quelle sbagliate, dal prevalere del vero sul falso, dell’avanzato sull’arretrato che è possibile costruire l’unità dei comunisti, che è unità ideologica, base materiale grazie a cui opera il partito comunista.
Però si susseguono, ciclicamente, appelli a costruire un “grande partito comunista”, un “vero partito comunista”…
Sì è vero! Questi appelli sono, in positivo, la manifestazione di una necessità riconosciuta ben più ampiamente di quanto si è portati a credere: in Italia sono centinaia di migliaia gli “orfani” del partito comunista. In negativo, sono la dimostrazione del circolo vizioso, dal punto di vista ideologico, in cui continuano ad avvitarsi quei promotori, che puntano sulla quantità dei loro interventi più che sulla qualità.
Se poi dici ad alcuni di coloro che aspirano al partito grande e forte che il Partito comunista bolscevico russo fu fondato da sei persone, questi rispondono che “erano altri tempi”. Erano altri tempi, certo, ma che il fulcro del partito comunista sia la concezione che lo guida è una legge universale!
Il valore della lotta ideologica
Torniamo al termine “Carovana”. Hai detto che è un organismo composito che compie un percorso; in certe fasi alcuni si aggiungono e poi cambiano strada, si fermano, rallentano… Mentre ne parlavi, pensavo alle lotte ideologiche che hanno attraversato il P.CARC, lotte che sono finite con l’espulsione di una parte di compagni. Ecco, ritengo che i motivi di quelle lotte ideologiche fossero questioni politiche che è importante discutere ancora oggi, perché alcune delle tesi promosse “dalla destra” di allora esistono ancora. Erano sbagliate anni fa e sono sbagliate anche oggi. Sono d’ostacolo alla rinascita del movimento comunista. Giusto?
Il tema delle lotte ideologiche è potenzialmente molto vasto. Per entrare in alcuni dettagli non dovrei dare per scontate una serie di cose, che i lettori non conoscono e non possono conoscere. Però è vero che il centro dello scontro era ideologico ed è vero anche che alcune delle tesi “sconfitte”, isolate ed espulse dalla Carovana esistono ancora oggi nel movimento comunista e sono d’ostacolo alla sua rinascita.
La prima lotta ideologica affrontata dai CARC fu nel 1997. Al centro dello scontro c’era il seguente interrogativo: è giusto che l’avanguardia del movimento comunista impieghi le sue migliori forze e il massimo delle sue risorse nella ricostruzione del partito comunista, oppure deve, più genericamente, sostenere il movimento spontaneo delle masse popolari per portarlo su posizioni rivoluzionarie? La linea di destra, espressa dai compagni che diedero vita al gruppo “Linearossa”, sosteneva lo sviluppo del movimento rivendicativo come via per costruire il partito; una via che è naufragata nel giro di qualche anno.
Ho parlato prima del lavoro di elaborazione del bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale come base costitutiva della Carovana stessa. I compagni che allora erano alla testa della Carovana si impegnarono per attuare, alle condizioni dell’epoca, i principi, i criteri e la linea che scaturiva dall’esperienza del movimento comunista, mentre i promotori della linea di destra si appoggiavano su tesi che erano già state sconfitte prima da Marx e poi da Lenin. Proprio la sconfitta della tesi illusoria per cui le masse possono fare la rivoluzione socialista senza il partito d’avanguardia della classe operaia permise la vittoria della rivoluzione socialista in Russia.
Questa tesi errata sussiste ancora come deviazione all’esterno della Carovana e come limite anche nella Carovana.
All’esterno della Carovana è ben evidente nelle organizzazioni che, ad esempio, propugnano la via delle lotte rivendicative come strada per la rivoluzione. Concepiscono il partito come un’organizzazione sindacale più grande, radicale e capace, ma in questo modo si pone il partito alla coda delle masse, non alla loro testa.
Come fa un’organizzazione di retroguardia ad essere dirigente della rivoluzione socialista? Il fatto che questa tesi esista esternamente alla Carovana è inevitabile, stante le tare di cui ho parlato.
Ma l’influenza di questa tesi esiste anche all’interno del P.CARC. Non più come tesi strutturata e linea alternativa e antagonista, ma come limite ideologico che si manifesta, ad esempio, quando alcuni nostri compagni si illudono che il movimento spontaneo delle masse possa sopperire al lavoro cosciente e sistematico dei comunisti nella creazione delle condizioni per il GBP. Non è così: le masse popolari sono spinte a organizzarsi, ma da sole non lo sanno fare, non possono andare oltre un certo grado; gli organismi esistenti sono spinti a coordinarsi, ma da soli non possono farlo oltre un certo livello superficiale, in modo discontinuo.
Il fatto che questa concezione sia presente, ma non strutturata come linea organica e antagonista, permette che al nostro interno la trattiamo con la formazione e il bilancio dell’esperienza: essa non rischia più di portare fuori strada la Carovana!
La terza lotta ideologica è stata importante non solo perché ha liberato la Carovana da una zavorra, ma anche perché ha rafforzato la sinistra su un concetto fondamentale: i comunisti non sono solo soggetto promotore del movimento di trasformazione della realtà, ma ne sono anche oggetto. Cioè per diventare capaci di fare ciò che non sanno ancora fare, devono trasformarsi. Comunisti si diventa!
La seconda lotta ideologica si è svolta nel 1999. Posto che con la precedente erano state espulse le componenti promotrici della linea movimentista di destra, si sviluppò una lotta che, al di là delle apparenze, delle forme e delle circostanze, politicamente si può sintetizzare in questo modo: era giusto che quanto esisteva di avanguardia del movimento comunista si dedicasse all’elevazione della coscienza e della pratica dei comunisti per avanzare nella costruzione del Partito oppure doveva piuttosto coltivare l’obiettivo di elevare la coscienza e la mobilitazione delle masse popolari per “politicizzare le lotte spontanee”?
Detta in altri termini, la linea di destra indicava la strada dell’economicismo movimentista come strada per ricostruire il Partito comunista. Un’evoluzione rispetto alla lotta ideologica precedente, ma con un importante tratto comune: anteporre la supposta superiorità del movimento spontaneo al ruolo del Partito comunista.
È una posizione diffusa anche oggi nel movimento comunista cosciente e organizzato: pensate a quelli che promuovono infiniti organismi di massa; che, per intervenire fra le masse, omettono di essere comunisti, non parlano di socialismo, non parlano di rivoluzione, nella speranza di “intercettare i lavoratori avanzati”.
La terza lotta ideologica è avvenuta nel 2008. Essa ha coinvolto direttamente anche il (nuovo)PCI. La data indica che la lotta ideologica è avvenuta in una fase in cui tutta una serie di questioni di orientamento erano definite e il grosso del lavoro iniziava a riguardare l’attuazione della linea.
Infatti la lotta ideologica coinvolse tutti gli organismi della Carovana attorno a una questione decisiva ai fini dell’attuazione della linea della fase, una questione che aveva al centro l’assimilazione, a un livello più alto, del materialismo dialettico come concezione del mondo, come metodo per conoscere la realtà e come guida per trasformarla.
La terza lotta ideologica è stata importante, non solo perché si è conclusa con l’espulsione della linea di destra – e ciò ha liberato la Carovana da una zavorra – ma anche perché ha rafforzato la sinistra che ha condotto la lotta e tutti gli altri, gli incerti, i dubbiosi, ecc. su un concetto fondamentale: i comunisti non sono solo soggetto promotore del movimento di trasformazione della realtà, ma ne sono anche oggetto. Cioè per diventare capaci di fare ciò che non sanno ancora fare, devono trasformarsi: comunisti si diventa!
Penso che ogni lettore può facilmente riconoscere quanto il contenuto della terza lotta ideologica sia perfettamente attuale, a partire dal fatto che nel movimento comunista ci sono linee disfattiste (la rivoluzione socialista non è possibile), attendiste (la rivoluzione socialista scoppierà prima o poi) e opportuniste (non scoppia, ma intanto aspettiamo, facciamo ciò che è consentito fare).
Il principio di essere oggetto e soggetto della trasformazione, cioè della rivoluzione, è un concetto profondamente dialettico e padroneggiarlo è un aspetto essenziale del lavoro di formazione che promuoviamo.
Se c’è un filo comune nell’esito delle lotte ideologiche è che nessuna delle componenti di destra che ha lasciato la Carovana o ne è stata espulsa ha poi fatto passi avanti nella costruzione del Partito e, quindi, nella costruzione della rivoluzione. Non è una consolazione, figuriamoci, è la dimostrazione proprio del concetto di Carovana: può essere che avremo ancora a che fare con chi ha cambiato direzione oppure è rimasto indietro; può essere che faremo un altro pezzo di strada insieme a chi è rimasto attivo nel movimento delle masse. Oppure no. Ma la Carovana prosegue. E anzi, per dirla meglio e completamente, la Carovana ha proseguito rafforzandosi proprio grazie alle lotte ideologiche: ecco un’altra dimostrazione di cosa intendiamo quando diciamo che l’unità dei comunisti è unità ideologica e che l’unità può forgiarsi solo attraverso la lotta ideologica.
Relazioni internazionali
Abbiamo parlato spesso del movimento comunista cosciente e organizzato del nostro paese, ma non di quello internazionale. Il P.CARC cura poco le relazioni internazionali?
Lo sviluppo di relazioni internazionali più solide si sta ponendo con una certa urgenza e i sommovimenti degli ultimi anni, in particolare dal 2016, lo incalzano. Certamente è un aspetto che dobbiamo potenziare nel prossimo futuro.
Tuttavia non è che curiamo poco le relazioni internazionali, è più corretto dire che abbiamo selezionato severamente ciò di cui occuparci, anche a livello internazionale. Mi spiego.
Per alcuni anni abbiamo seguito da vicino gli aggregati internazionali promossi da grandi e importanti partiti maoisti, in particolare del Nepal e delle Filippine; abbiamo dialogato e stretto relazioni con le forze comuniste (marxiste-leniniste) presenti in Germania e in altri paesi. Abbiamo sviluppato con loro relazioni per tutto un certo periodo, ma siamo convinti che il nodo centrale dello sviluppo della rivoluzione socialista mondiale risieda nell’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti. Anche questo è un insegnamento della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e non a caso la rivoluzione socialista non ha trionfato in alcun paese imperialista. Pertanto abbiamo cercato a lungo la conferma dell’esistenza di partiti comunisti di paesi imperialisti che avessero fatto un bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, che avessero in un certo senso superato il marxismo-leninismo in favore del marxismo-leninismo-maoismo. Poiché non ne abbiamo trovati, e nel frattempo la lotta nel nostro paese richiedeva uno sforzo maggiore, a un certo punto abbiamo allentato e poi sospeso le relazioni internazionali.
Più recentemente, dati i sommovimenti politici in tutti i paesi imperialisti, in particolare dal 2016, sono emersi aggregati interessanti, se non per questioni ideologiche, per lo meno in termini di capacità di inchiesta ed elaborazione della realtà. È il caso di Kytes, una rivista USA/Canadese.
Rimane valido il principio che è un settore da potenziare anche per andare più a fondo nella comprensione di processi e dinamiche che riguardano i paesi imperialisti, tutti sconvolti dagli effetti della crisi generale.
Diritti civili e lotta di classe
Cambiamo discorso. Ti pongo direttamente una questione che per un verso o un altro viene sempre tirata in ballo. A volte ci criticano perché non ci siamo allineati alla sostituzione del maschile con gli asterischi, le u o i simboli che rendono illeggibile un testo. Questa scelta viene interpretata come un ostacolo alla lotta contro le discriminazioni di genere. Vuoi fare una riflessione, portando anche la posizione del Partito sul tema?
Talvolta la forma svilisce – o serve a nascondere o camuffare – la sostanza. Le discussioni sugli asterischi, le u, ecc. non solo hanno poco di concreto per la lotta di classe o per l’analisi di classe – ad esempio, ci sono donne che guadagnano meno, pur svolgendo lo stesso lavoro degli uomini, solo per il fatto di essere donne. Che c’entrano gli asterischi? – ma in certi casi svilisce la lotta contro la discriminazione di genere.
È un classico caso in cui la borghesia si appropria della lotta per i diritti civili, ma dal momento che è una classe reazionaria e non ha contenuti positivi da promuovere, promuove questioni di forma e alimenta anche per questa via l’interclassismo e l’anticomunismo.
Attenzione, ciò non vuol dire affatto che, poiché “le questioni di genere le pone anche la borghesia” allora siano “roba da borghesi”: non cadiamo in questa sciocchezza!
Voglio dire che tutte le questioni, anche quelle di genere, vanno analizzate sotto un profilo di classe e alla luce della lotta di classe, che è la sola via che le masse popolari possono imboccare per trattare al meglio anche la lotta contro le discriminazioni di genere o di razza.
Per le donne della borghesia non ci sono discriminazioni che non possono essere risolte con il denaro. Per le donne delle masse popolari, invece, le discriminazioni non possono avere soluzione diversa dal mettere fine alla società maschilista, patriarcale, oppressiva e oscurantista che è generata dal capitalismo ed è funzionale al suo sistema di potere e oppressione.
È del tutto vero che non ci siamo arresi agli asterischi, alle u e ai simboli non pronunciabili, ma è del tutto vero che nel nostro Partito vige la discriminazione positiva: a parità di capacità, promuoviamo l’assunzione di ruolo e di responsabilità delle donne. E lo stesso facciamo con i giovani.
Non sono discorsi, non sono enunciazione di principi, sono fatti concreti: quando parliamo di organismi dirigenti parliamo di collettivi nazionali, ad esempio la Direzione Nazionale, dove l’età media è attorno ai 45 anni.
Quando parliamo di segretari Federali o di Sezione, spesso parliamo di compagne sotto i 50 anni. Se poi parliamo di compagni in formazione per dirigere settori nazionali o federali, parliamo, spesso, di compagne sotto i 35 anni.
Questo non vuol dire che nel P.CARC sottovalutiamo la lotta contro l’oppressione di genere, la prendiamo sotto gamba o, addirittura, la neghiamo. Vuol dire che fra gli strumenti con cui la contrastiamo, ne utilizziamo uno fra i più importanti, il protagonismo delle donne che, come gli uomini, studiano, imparano, attuano la concezione comunista del mondo.
Il prossimo congresso del P.CARC
Pietro, ci avviamo alle conclusioni. Penso sia utile una riflessione sulla fase congressuale che inizia a dicembre, dato che ad aprile si svolgerà il VI Congresso nazionale. Hai parlato della funzione rivoluzionaria della lotta ideologica, hai parlato della necessità di formare nuovi quadri, hai parlato anche delle condizioni oggettive in cui il P.CARC lotta per il Governo di Blocco Popolare. Quanto di queste questioni entra nel VI Congresso?
Il Congresso del P.CARC è il congresso di un partito comunista che conduciamo con lo spirito e le modalità che hanno caratterizzato i partiti comunisti che hanno fatto la storia del movimento comunista. Il fatto che diamo molta importanza alla formazione e al dibattito franco e aperto nel corso dell’attività ordinaria comporta che il Congresso sia occasione per tirare sintesi e bilanci, per individuare insegnamenti, tracciare linee sviluppo. Nel Congresso non ci sono “rese dei conti”.
Aggiungo che fino a questo punto, ma il corso proseguirà, ogni congresso è in concatenazione con quello precedente, in termini di elaborazione. Come ho detto, il quadro dell’analisi, dell’orientamento generale, della strategia e della tattica sono aspetti definiti e via via consolidati, pertanto l’oggetto del Congresso è l’attuazione della linea, la sperimentazione, la scoperta.
I sommovimenti intercorsi fra il V Congresso, a inizio del 2019, e il VI che terremo l’l e il 2 aprile 2023, sono stati di grande portata. In questo periodo il P.CARC si è sviluppato molto, ha assunto un ruolo più definito e deciso nella promozione delle condizioni del GBP. Abbiamo ampi margini per avanzare ancora, grazie al bilancio dell’esperienza dell’intervento sul M5S e sul governo Conte 1, di promozione della mobilitazione contro la gestione criminale della pandemia, ma soprattutto nel lavoro operaio, avendo seguito da vicino la nascita e gli sviluppi della mobilitazione promossa dal Collettivo di Fabbrica della GKN.
Ho citato alcune cose, solo le principali, ma arriveremo al VI Congresso con importanti sperimentazioni nel lavoro organizzativo, con passi avanti nella strutturazione del lavoro sui giovani e sugli studenti delle masse popolari, con la costituzione di un settore nazionale di lavoro contro la repressione e di un settore propaganda che va strutturandosi con l’uso di molteplici strumenti.
Ci sono, infine, alcuni nodi ideologici da approfondire, che oggi sono decisivi ai fini dello sviluppo della nostra azione: una maggiore comprensione della differenza e distinzione fra i comunisti, le avanguardie di lotta e le masse popolari; il significato concreto di cosa significa diventare dirigenti; una maggiore cura nella comprensione delle caratteristiche dei lavoratori avanzati e degli elementi avanzati delle masse popolari, che sono i referenti principali del nostro lavoro.
Faremo il punto sullo sviluppo del nostro lavoro sui tre filoni che caratterizzano l’intervento di questa fase:
1. sul movimento spontaneo di resistenza delle masse popolari con l’obiettivo di rafforzare gli organismi operai e popolari esistenti, costruirne di nuovi e coordinarli tra loro;
2. sulle organizzazioni politiche e sindacali, le associazioni, le personalità della politica, della cultura, del mondo associativo, sugli eletti sinceramente dediti agli interessi delle masse popolari con l’obiettivo di alimentare l’unità d’azione e la costruzione del fronte anti Larghe Intese;
3. sui partiti e le organizzazioni che raccolgono quanti fra la classe operaia e le masse popolari hanno “la falce e martello nel cuore” con l’obiettivo di alimentare la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato.
Sul fronte esterno, abbiamo da mettere in ordine le linee di sviluppo dell’intervento fatto alle scorse elezioni politiche, quelle di settembre, e riordinare l’insieme di princìpi e criteri della partecipazione dei comunisti alla lotta politica elettorale promossa dalla borghesia, un patrimonio per molti aspetti già elaborato, ma che l’esperienza delle elezioni di settembre ci ha permesso di arricchire, verificare e sintetizzare a un livello superiore.