Il corteo del 22 ottobre a Bologna

Il 22 ottobre, 15 mila persone hanno partecipato alla manifestazione convocata congiuntamente dal Collettivo di Fabbrica della GKN di Firenze e dal movimento ambientalista e contro le grandi opere – tra cui l’Assemblea No Passante Bologna, Fridays For Future e la Rete Sovranità Alimentare Emilia-Romagna – contro la realizzazione del “Passante di mezzo”.

I promotori della manifestazione contestano la costruzione del Passante perché incarna perfettamente il modello capitalista di fare fronte a problemi e contraddizioni prodotti dal capitalismo stesso.

La congestione della viabilità – un problema reale a Bologna – viene affrontata con la realizzazione di un enorme snodo stradale che servirà solo da toppa, avrà un enorme costo ambientale, sarà un’enorme speculazione per i comitati di affari e le varie correnti dei partiti del cemento e dell’asfalto.

È estremamente significativo che questa mobilitazione, apparentemente locale, abbia richiamato attenzione e partecipazione da tutta Italia.

In effetti, si è trattato di una grande e importante mobilitazione nazionale che ha “ufficialmente” aperto l’autunno caldo, e che la concomitanza con l’insediamento del governo Meloni ha ulteriormente riempito di significato.

Per Passante di mezzo si intende il potenziamento dell’attuale snodo A14/tangenziale di Bologna tramite un allargamento della sede stradale di circa 8 metri per ciascun lato e per una lunghezza di circa 13 km.

Un investimento di oltre 1,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono altri 250 milioni per interventi migliorativi delle vie di accesso ad esso.

La manifestazione di Bologna è il risultato di un percorso lungo più di un anno, quello della “convergenza” fra mobilitazioni operaie e lotta per la difesa dell’ambiente e contro il modello economico e sociale che produce la crisi climatica.

Una convergenza niente affatto spontanea: la classe dominante (nella sua accezione ampia che comprende partiti della sinistra padronale, sindacati di regime, movimenti ambientalisti borghesi, ecc.) ha costantemente alimentato la contrapposizione fra diritto al lavoro e diritto a vivere in un ambiente sano e salubre da tutelare.

“Posti di lavoro o salute” è stato per decenni il ricatto imposto, ad esempio, a Taranto con l’ILVA, in Sardegna con la Saras e in ogni luogo a elevata concentrazione industriale.

Gli operai della GKN hanno spezzato il ricatto. La lotta contro la delocalizzazione li ha spinti a ragionare sul fatto che, stante le conoscenze e le tecnologie esistenti, non è affatto vero che una fabbrica debba necessariamente inquinare. Questo è stato vero in passato, nella fase primordiale della produzione industriale di merci, ma oggi ci sono tutte le condizioni per produrre senza inquinare; l’inquinamento e la devastazione dell’ambiente sono solo una scelta, una conseguenza della logica del profitto. Una conseguenza del capitalismo.

Ma non basta che una sola fabbrica sia “virtuosa”, è tutto il sistema di produzione e distribuzione di beni e servizi che deve esserlo. Da qui il “Piano per la mobilità sostenibile” – elaborato su mandato degli operai GKN da tecnici e ingegneri solidali con la loro lotta – in cui rientra anche la ripresa della produzione alla GKN. Il Piano dimostra che lo stabilimento di Firenze non solo può continuare a produrre senza inquinare, ma può anche svolgere un ruolo all’interno del processo più articolato e complesso di rinnovamento del paese.

Da questi ragionamenti, “l’alleanza” degli operai GKN con i movimenti ambientalisti. Uniti anziché contrapposti.

La manifestazione del 22 ottobre a Bologna, quindi, è stata una manifestazione contro il Passante, è stata una manifestazione ambientalista, ma è stata anche una manifestazione operaia, integralmente anticapitalista.

Raccogliere ciò che si è seminato
Un costante lavoro di incontri, assemblee, discussioni, iniziative, presidi, manifestazioni locali… in poche parole: “costruzione della rete”. Soffermiamoci su questo aspetto.

Il Collettivo di Fabbrica della GKN è stato attivo sul territorio fiorentino ben prima che arrivasse la notizia della chiusura della fabbrica. Interveniva nelle mobilitazioni cittadine, a sostegno degli operai di altre aziende, nelle manifestazioni ambientaliste e antifasciste.

Questa presenza e questo attivismo sono stati un ingrediente decisivo per raccogliere tutta la solidarietà seminata nel tempo, quando a inizio luglio 2021 è arrivata la notizia della chiusura della fabbrica. Questo ha reso il presidio permanente alla GKN un centro politico, un luogo di incontro, di organizzazione e solidarietà.

Dopo l’annuncio della chiusura, il Collettivo di Fabbrica ha allargato il suo raggio di azione: non solo in Toscana, ma in tante altre regioni, a livello nazionale. La manifestazione del 22 ottobre a Bologna è il risultato di questo movimento.

Il 5 novembre, un altro appuntamento di mobilitazione, a Napoli, promosso dal Collettivo di Fabbrica GKN assieme al Movimento di Lotta – Disoccupati “7 novembre” e ai disoccupati del Cantiere 167 di Scampia.

A Firenze, Bologna, Napoli, e in decine di altre manifestazioni locali, “convergiamo e insorgiamo” è la parola d’ordine che attiva e connette organismi operai e popolari di tutto il paese.

Abbiamo già accennato al fatto che, proprio nelle ore della manifestazione di Bologna, si installava il governo Meloni. La concomitanza fra i due eventi è stata ovviamente un caso, ma si è trattato di uno di quei casi che offrono una ricostruzione plastica della situazione: se a Roma Giorgia Meloni si apprestava a ricevere da Mario Draghi la campanella del Presidente del Consiglio dei Ministri, a Bologna risuonavano i tamburi operai e gli slogan degli organismi popolari.

Non c’è alcuna forzatura nel concludere che le due situazioni, pressoché concomitanti, descrivono la sintesi della lotta di classe di questa fase: da una parte la vecchia classe dominante, decadente e reazionaria, come lo è tutta la classe dominante nella fase decadente del capitalismo, e dall’altra quella che deve diventare la nuova classe dirigente del paese, forse ancora disordinata, ma sana, solidale, lungimirante e combattiva.

Una conclusione
Una singola manifestazione, per quanto importante e per quanto riuscita, non risolve nulla. Sembra una banalità, un’ovvietà, invece è un discorso importante che riguarda il nesso fra fine e mezzo. Le manifestazioni sono un mezzo, la lotta è un mezzo. Il fine è costituire un governo di emergenza popolare.

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