Per mettere a fuoco la situazione bisogna sgombrare il campo dalle tonnellate di futilità con cui ci inonda la propaganda di regime e dalle fobie della sinistra borghese.
Il governo Meloni è figlioccio del governo Draghi e suo prosecutore. Prima che fosse installato, il genitore 1 (Mattarella) e il genitore 2 (Draghi) hanno fatto il possibile per instradarlo sui binari del governo precedente.
Il governo Meloni NON è il governo più reazionario della storia repubblicana. Basta con questa lagna che la sinistra borghese ripete ogni volta che il PD perde le elezioni! Casomai è il governo più debole e traballante della storia recente. Per la cricca Mattarella/Draghi già farlo venire al mondo è stata una fatica non da poco: FdI e Lega hanno beneficiato di una legge elettorale truffa e di elezioni/lampo (altro che anticipate!) per spiazzare tutte le liste anti sistema. È appena nato e già è attraversato da beghe, tensioni e guerra per bande; è composto e sostenuto da partiti che stanno insieme con lo sputo: tutti parlano di Berlusconi e della crisi di Forza Italia, ma in pochi dicono che in Veneto, ad esempio, le due correnti della Lega hanno fatto ricorso alle vie legali dopo il congresso regionale.
Ma non è tutto. Il nuovo governo deve dimostrare subito da quale parte sta. Meloni aveva promesso di cancellare il Reddito di Cittadinanza – e forse ci proverà – ma il contesto è quello di un paese dove si moltiplicano le famiglie che non riescono a tirare avanti.
C’è la riforma delle pensioni, c’è la morsa del carovita (non aumentano solo le bollette di gas ed energia elettrica, ma tutti i beni e i servizi, i generi alimentari, gli affitti, ecc.). C’è la guerra in Ucraina, con la NATO che pretende fedeltà, finanziamenti e armamenti, mentre la maggioranza delle masse popolari è contraria.
Se a tutto questo aggiungete che vari esponenti del Centro-destra non fanno alcuno sforzo per nascondere le loro nostalgie per il Ventennio fascista e le loro posizioni reazionarie (minacciano di abrogare il diritto all’aborto, promuovono le discriminazioni di razza e di sesso), il quadro che emerge ridimensiona il racconto della propaganda di regime, contrasta il pessimismo della sinistra borghese e prosciuga la pozzanghera in cui sguazzano i disfattisti: la verità è che l’azione cosciente delle organizzazioni operaie e popolari, dei sindacati di base e combattivi, dei movimenti e delle reti sociali può rovesciare il governo Meloni.
Rovesciarlo, non solo mettendolo, metaforicamente, a testa in giù come meritano i nostalgici del Ventennio e gli ex squadristi missini che oggi si riciclano in giacca e cravatta e con il Rolex al polso, ma in senso letterale: il governo Meloni va cacciato dal campo prima ancora che inizi a giocare la partita.
Per mettere a fuoco quello che c’è da fare bisogna liberare il campo dall’idea che gli argomenti che trattiamo sono “questioni generali” senza rilevanza ai fini pratici. Riguardano tutti i lavoratori e gli elementi avanzati delle masse popolari – anche te che leggi – e tutti gli organismi operai e popolari, i movimenti, le organizzazioni politiche e sindacali.
Posta la questione principale in termini di analisi – il governo Meloni è debole e traballante e può essere cacciato dal campo prima ancora che la partita inizi – si tratta di affrontare un secondo passo: siamo d’accordo oppure no?
Ai lettori che non sono d’accordo o sono scettici, chiediamo di entrare nel merito: su quali aspetti la pensate diversamente? Su cosa concordate con noi?
Per i lettori che sono d’accordo si pone un’altra questione: come si lega questa analisi all’attività pratica di ognuno di voi?
Lo spieghiamo schematicamente, indicando i passi essenziali che occorre fare per approfittare delle crepe in campo nemico e valorizzare al massimo i sommovimenti in corso.
Anzitutto, bisogna partecipare attivamente e nel modo più organizzato possibile a tutte le mobilitazioni (su carovita, guerra, ambiente, scuola, sanità, degrado) che coinvolgono le masse popolari. A quelle grandi e a quelle piccole.
È del tutto secondario chi ne è il promotore, così come il fatto che i promotori ci permettano o meno di esporre simboli e bandiere o siano contenti o meno della nostra presenza (vedi articolo sulle mobilitazioni promosse dalla CGIL a pag. 11). Bisogna partecipare in ogni caso e allargare al massimo la partecipazione.
In secondo luogo, bisogna portare creativamente in ogni ambito e in ogni mobilitazione la parola d’ordine “Cacciare Giorgia Meloni e tutti gli altri servi della NATO, della UE e di Confindustria dal governo del paese”.
È del tutto possibile che troviamo chi sostiene che quella particolare e specifica mobilitazione non c’entra niente con la lotta contro il governo: questa è un’ottima occasione per spiegare proprio il contrario. Tutto c’entra con il governo del paese. C’entra la mobilitazione contro il carovita, quella contro la guerra, contro i tagli all’istruzione e alla sanità, ma c’entrano anche le proteste degli alluvionati, che pagano l’aumento delle spese militari anziché l’aumento delle spese per la cura e la manutenzione dei territori, o le proteste delle famiglie delle vittime del terremoto dell’Aquila che il Tribunale ha riconosciuto responsabili della propria morte (sic!).
A quelli che ci tengono a “essere corretti” e insistono che il governo Meloni non è ancora entrato in partita e non gli si può attribuire “colpe che non ha”, va ricordato che Giorgia Meloni è iscritta al campionato da oltre 20 anni; è già stata ministro; ha avuto tutto il tempo che voleva per distinguersi dalla cricca di politicanti e speculatori che hanno fatto scempio dei diritti e delle conquiste delle masse popolari e invece li ha criticati a parole e sostenuti nei fatti.
In terzo luogo, bisogna usare ogni occasione per contrastare l’influenza di quelli che aspettano che accada chissà quale altro disastro per scendere in piazza, organizzarsi e mobilitarsi su ampia scala.
Fateci caso, in genere si tratta di quadri dirigenti – più alto è il loro grado e più fanno i pompieri – di organizzazioni legate più o meno strettamente al PD o al Vaticano (o a tutti e due).
Il loro compito è mantenere la calma, richiamare alle responsabilità, esprimere indignazione e preoccupazione e… boicottare ogni iniziativa che minaccia di uscire fuori dal loro controllo. Le loro parole alimentano la passività delle masse, la loro azione è un ostacolo al protagonismo popolare.
In quarto luogo, bisogna far valere in ogni ambito e contesto il principio che tutto quello che va negli interessi delle masse popolari è legittimo, anche se è considerato illegale dalle leggi e istituzioni della borghesia.
Un esempio: a fronte dell’aumento sconsiderato delle bollette, molti sceglieranno – per tanti sarà una necessità – di non pagarle, in parte o per intero. È probabile che una simile decisione sottoponga molte famiglie al rischio del distacco delle utenze.
Il distacco delle utenze è LEGALE, ma in questa situazione è assolutamente ILLEGITTIMO. Non pagare le bollette o praticare l’autoriduzione è ILLEGALE, ma è assolutamente LEGITTIMO.
Questo è il criterio da estendere, sostenere e utilizzare sistematicamente, senza cadere nella trappola delle campagne di criminalizzazione, che vanno anzi denunciate a gran voce: chi intacca gli interessi dei ricchi, della classe dominante, per affermare gli interessi delle masse popolari va sempre incoraggiato e sostenuto.
In ultimo, ma solo perché in un elenco c’è sempre un ultimo punto, bisogna promuovere ovunque l’organizzazione.
Ogni mobilitazione deve essere occasione per allargare e coordinare la rete della parte organizzata delle masse popolari, per rafforzare gli organismi operai e popolari esistenti e crearne di nuovi, per promuovere un fronte comune di lotta e solidarietà.
Ognuno di questi passi, ma soprattutto la combinazione di questi passi, trasforma il discorso su quello che bisognerebbe fare in iniziativa pratica; permette a tutti coloro che generosamente vogliono cambiare le cose di fare la loro parte, di contribuire alla lotta per rendere ingovernabile il paese ai servi della NATO, della UE, del Vaticano e di Confindustria; crea le condizioni per imporre il governo di emergenza di cui c’è bisogno: un governo che poggia sulle organizzazioni delle masse popolari e avvia un programma di misure urgenti necessarie a mettere il paese sui giusti binari.