L’arte.
“L’arte appartiene al popolo”.
Questa è una delle più celebri citazioni di Lenin che negli anni ’20 assunse un valore inestimabile, tanto da apparire sulle mura di tutto il paese, dalle città alle campagne.
Il campo artistico crebbe di pari passo con il processo dell’edificazione sovietica e divenne in quegli anni uno strumento rivoluzionario che mobilitò i proletari di tutto il mondo: dal 1917 l’arte divenne comprensibile e accessibile a tutti, non solo alla élite colta, ai raffinati bohémien e ai frequentatori abituali dei musei, anzi il processo di edificazione portò qualsiasi operaia e operaio a diventare artisti, ad essere amatori dell’arte.
Citando Lenin, “L’arte dovrebbe esprimere i sentimenti, i pensieri e la volontà di queste masse, allevarli. Dovrebbe risvegliare gli artisti in loro e svilupparli”, e così si fece.
La pittura e la scultura avevano nuovi eroi in cui lo spettatore poteva riconoscersi: costruttori edili, operai siderurgici, studenti, atleti, soldati. È così che l’arte in Unione Sovietica assunse il massimo del carattere collettivo e popolare, uno strumento in mano alla classe lavoratrice che sia compresa e apprezzata da tutti, e come anche negli altri campi dello sviluppo in URSS, l’arte assunse sempre di più basi e tecniche rivoluzionarie delle avanguardie.
L’arte doveva diventare accessibile alle persone, indipendentemente dal livello di ricchezza. I quadri venivano riprodotti ovunque: album d’arte erano pubblicati a flusso continuo, così come manuali di storia dell’arte, cartoline, calendari, e non mancavano le illustrazioni sulle riviste popolari. In tutta l’Unione Sovietica, la gente aveva semplici collezioni alle pareti.
Un altro significato importante che assunse l’arte in quegli anni era il suo utilizzo come mezzo di propaganda. Da qui che nasce la corrente artistica del Costruttivismo, un movimento culturale nato in Russia poco prima della rivoluzione del 1917 ma che con l’instaurazione del socialismo ad opera di “pittori di sinistra e di ideologi dell’azione di massa”, ha raggiunto il massimo significato: l’arte in funzione sociale. I suoi punti di forza erano l’ottimismo nei confronti del progresso tecnologico, della macchina e dell’industria. Il costruttivismo propone l’evoluzione dell’arte per esaltare la nuova classe sociale fondata sul proletariato, nella necessità di realizzare un confronto diretto tra arte e rivoluzione, superando i canoni borghesi dell’arte ottocentesca celebrativa e rappresentativa.
La teoria e la pratica costruttiviste si diffusero velocemente in Europa grazie anche all’opera di promozione di El Lissitskij, che organizzò nel 1922 la “Prima esposizione di arte russa” alla galleria Van Diemen di Berlino. Così dipinti di Rodchenko indagano le relazioni tra superficie e forma, colore e spazio; i famosi Proun di Lissitsky, più che quadri, sono veri e propri progetti di “costruzione di una forma nuova”, gli artisti si ritengono degli “ingegneri” della società futura: non solo progettano opere d’arte plastica ed architettonica ma si impegnano in altri campi, dalla comunicazione alla fotografia, dalla cartellonistica alla scenografia.
Il teatro.
Il teatro rappresentò un nuovo gradino nella storia dell’arte scenica mondiale. Lo stretto legame con la vita del popolo, con l’impegno ideologico comunista e con l’umanesimo, dettero al teatro sovietico la possibilità di intervenire come elemento attivo nella lotta per l’edificazione dell’uomo nella nuova società.
La prima tappa della storia del teatro sovietico abbraccia il periodo della rivoluzione (1917-1920), durante il quale inizia la ricostruzione organizzativa e ideologico-artistica dell’attività teatrale.
In quegli anni il teatro divenne per la prima volta accessibile alle larghe masse dei lavoratori e aumentò notevolmente la sua importanza culturale ed educativo-ideologica. Il legame con la vita del paese che si veniva consolidando nel teatro si era manifestato già negli anni della guerra civile, quando decine di compagnie di attori si erano recate sui fronti per concerti e spettacoli, trovando calde accoglienze da parte dei soldati rossi. Nonostante le enormi difficoltà provocate dalla guerra civile l’esigenza dell’arte teatrale si sentiva tanto intensamente che in tutto il paese incominciarono a nascere centinaia di nuovi teatri e di nuove compagnie.
Tra le correnti artistiche di quegli anni ricordiamo: i futuristi che proclamarono il culto delle macchine e del tecnicismo nell’arte; i “feksi” (giovani registi che si raccoglievano nel gruppo “Fabbrica dell’attore eccentrico”) che trasferirono nel teatro i procedimenti del music-hall e del circo; i teatri della Proletkult (Cultura Proletaria), ecc. La più brillante realizzazione dell’idea del teatro politico e d’agitazione, del teatro rivoluzionario si ebbe nel primo teatro della Federazione Russa creato da V.Meyerhold a Mosca nel 1920. È proprio in quegli anni e in quel contesto che nasceva L’Agit-Prop, una forma di teatro didattico caratterizzato in genere da un’organizzazione basata sul lavoro di non professionisti, studenti e operai aderenti al Partito Comunista dell’Unione Sovietica, riuniti in una compagnia teatrale, e caratterizzati da uno scarso utilizzo di apparati scenografici e dal rifiuto dei normali teatri come luogo di rappresentazione. Infatti è negli anni della guerra civile che nacque una nuova forma di arte teatrale sovietica: lo spettacolo di massa all’aperto. I più importanti esempi di questo genere furono: “La pantomima della grande rivoluzione”, “Rappresentazione sulla III Internazionale”, “La presa del palazzo d’Inverno”, “La lotta del lavoro e del capitale”.
Il periodo successivo fu un periodo d’intense ricerche di un nuovo stile artistico e della formazione di un originale metodo creativo del teatro sovietico. I mutamenti che erano avvenuti nella vita del paese provocarono mutamenti anche nell’arte teatrale. L’arte d’agitazione, da manifesto semplificatore, che si era diffusa negli anni della guerra civile, avevano adempiuto il suo compito e si era ormai esaurita. La risoluzione del XII congresso del Partito Comunista “Sulle questioni della propaganda della stampa e dell’agitazione” (1923) proponeva il compito del “passaggio dall’agitazione comiziale alla propaganda di massa e all’utilizzazione del teatro per la sistematica propaganda di massa delle idee della lotta per il comunismo”. E in questi anni che nascono i collettivi teatrali come organismi di organizzazione della vita sociale dello Stato socialista, pezzi importanti della lotta ideologica e pratica per l’avanzamento e l’affermazione della strutturazione dello Stato sovietico. Da qui che, con lo sviluppo della situazione si determinò una svolta del teatro nella direzione del realismo e verso un riesame approfondito dei caratteri e degli avvenimenti umani. Si affermò il metodo del realismo socialista arricchito dall’ideologia del marxismo-leninismo che serviva ai fini dell’educazione ideologico-politica dei lavoratori.
Tra i grandi artisti di quegli anni ricordiamo K.S. Stanislavski, V.I.Nemirovic-Dancenko, J.B. Vachtangov, V.E. Meyerhold, A.J. Tairov, A.D. Popov e molti altri. Le ricerche creative e l’audacia, le molteplici forme artistiche degli stili e dei generi furono le qualità inscindibili di questo processo.
#comunismo#urss#edizionirapportisocialiconsiglia