Giorgio Bianchi ha denunciato che il 17 ottobre, alle 3 del mattino, è stato oggetto di una visita della Polizia mentre trascorreva la notte in un albergo di Gioia Tauro. La visita è consistita in una specie di perquisizione dei suoi bagagli e della stanza (senza mandato) e una specie di interrogatorio (senza la presenza dell’avvocato) spacciato per una generica “raccolta di informazioni”. Il fatto consente due tipi di riflessione.
La prima riguarda “le cure” che un personaggio come Giorgio Bianchi riceve dagli apparati di controllo e intimidazione. Già nelle scorse settimane – durante la campagna elettorale – aveva denunciato strane manovre da parte della Polizia che, con il pretesto di identificarlo, sfioravano l’intimidazione. Quanto successo a Gioia Tauro è una conferma che il suo impegno professionale nel contrastare la propaganda di regime e il suo impegno politico nel costruire il movimento di opposizione al regime delle Larghe Intese è diventato “scomodo”. Tanto scomodo da suggerire a qualche “cervellone” di tentare la carta dell’intimidazione per riportarlo “sulla retta via”.
Giorgio Bianchi ha fatto benissimo a denunciare l’accaduto. Tutte le forze “antisistema” devono prendere posizione, schierarsi ed esprimergli solidarietà perché la solidarietà è la principale arma per spuntare le manovre del nemico e rafforzare il campo delle masse popolari.
Che ogni attacco repressivo sia occasione utile a unire di più il fronte, a sentirsi, solidarizzare, costruire iniziativa comune per respingerlo al mittente e anche superare quelle divergenze che ancora limitano un’azione unitaria, coordinata e matura finalizzata a fare piazza pulita di una classe di sfruttatori, politicanti e i loro lacché. Colgano l’occasione non solo Bianchi, Toscano, Rizzo, D’Andrea, ma anche De Magistris, Cremaschi, Alboresi e tutti i capi politici delle forze anti Larghe Intese e facciano questo passo. Ne gioveranno i lavoratori, le masse popolari e tutti coloro i quali lottano per cambiare lo stato di cose presenti.
La seconda riflessione riguarda il fatto che di fronte a intimidazioni e arbitrii bisogna conoscere e far valere i propri diritti. È del tutto secondario – anzi non c’entra proprio niente – “avere” o “non avere” qualcosa da nascondere, l’aspetto principale è usare tutte le possibilità per limitare le libertà di manovra di chi vuole intimidire, soprattutto se quella libertà di manovra si fonda sull’illegalità ed è illegittima. Le forze dell’Ordine NON possono eseguire perquisizioni senza mandato e NON possono svolgere interrogatori senza la presenza dell’avvocato difensore!
Prendiamo spunto da quanto accaduto a Giorgio Bianchi per riaffermare la necessità di informarsi e formarsi alle procedure minime – elementari – per far valere i propri diritti. Diritti che, almeno sulla carta, esistono ancora e proprio perché esistono ancora vanno difesi, praticandoli.
A questo scopo abbiamo pubblicato il Piccolo Manuale di autodifesa Legale (MAL), uno strumento “datato” per alcuni aspetti specifici, ma complessivamente ancora valido ed efficace per imparare a ragionare e “a comportarsi” quando si ha a che fare con le forze repressive o per prevenire le situazioni in cui si è costretti ad averci a che fare.
Puoi consultare il MAL a questo link – puoi chiederne una o più copie cartacee scrivendo a carc@riseup.net. Organizziamo presentazioni, dibattiti e corsi, ma prima di tutto invitiamo a consultarlo e studiarlo.
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