In decine di città italiane si sono svolti cortei promossi da Fridays For Future (FFF) che hanno mobilitato decine di migliaia di persone: 30mila a Roma, 10mila a Torino e Milano, 5mila a Napoli, ecc.
La componente principale dei cortei sono stati come sempre gli studenti, ma hanno partecipato anche gruppi di lavoratori (tra cui, a Firenze, il Collettivo di Fabbrica GKN), i sindacati di base e la CGIL che hanno dato la loro adesione, e la Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL e il comparto dei chimici della CUB che hanno dichiarato sciopero. Sono inoltre confluiti su questa data anche comitati e coordinamenti contro il carovita.
Questo risultato non nasce ovviamente dal nulla, ma è frutto di un percorso di convergenza che va avanti da tempo.
La mobilitazione del 23 settembre ha visto quindi intrecciarsi le tematiche del lavoro e della scuola, del carovita e della crisi energetica e ambientale, della campagna elettorale e del governo del paese.
Tante le iniziative di lotta: a Napoli viene occupato il porto contro l’ingresso delle grandi navi; a Roma, Torino e Milano si protesta contro il carovita; ad Ancona si tirano sacchi di fango contro il palazzo della Regione Marche, colpevole dell’incuria del territorio e della mancata allerta del nubifragio del 15 settembre che ha causato 11 vittime; in varie città gli studenti protestano contro l’alternanza scuola-lavoro
Il FFF con le mobilitazioni di questa giornata si dimostra quindi, una volta di più, un movimento nazionale di grande importanza per la lotta di classe nel nostro paese: capace di muovere decine di migliaia di giovani, di elaborare soluzioni concrete per affrontare la crisi climatica (l’Agenda Climatica che il movimento ha prodotto è un programma dettagliato di misure atte ad affrontare la crisi ambientale), di intervenire a gamba tesa nella campagna elettorale, di fungere da punto di riferimento per convergere e coordinarsi con le mobilitazioni dei lavoratori, con la lotta contro il carovita e contro la guerra.
Per sviluppare questo ruolo serve però fare un salto di qualità.
Ad oggi il FFF principalmente rivendica soluzioni alle autorità e ai governi della classe dominante. Ma questi hanno dimostrato in molteplici occasioni di essere completamente asserviti ai colossi dell’energia, alle grandi multinazionali, agli speculatori. Non meritano alcuna fiducia, non prenderanno mai le misure che servono a invertire la rotta: vanno cacciati! Il salto da fare è quindi superare la logica puramente rivendicativa.
Quindi, basta rivolgersi alle istituzioni della classe dominante per chiedere soluzioni, ma guardare piuttosto alle masse popolari e in particolare alla classe operaia!
Convergere insieme a questa per imporre le misure che già è possibile attuare! Ad esempio promuovendo scioperi del biglietto a favore di un trasporto pubblico gratuito, sostenendo le iniziative di autoriduzione delle bollette contro il potere dei colossi dell’energia, supportando la mobilitazione del Collettivo di Fabbrica GKN per la riconversione dell’azienda in un polo pubblico per la mobilità sostenibile. Occorre rendere il paese ingovernabile ai governi della classe dominante, costruire un governo di emergenza delle masse popolari che abbia la volontà e la forza per rompere con i poteri forti e far fronte davvero alla crisi climatica, economica e sociale.
La mobilitazione fa paura
Una delle tesi maggiormente in voga tra i pennivendoli assoldati per promuovere la guerra contro la Russia è: “Vorreste vivere in un paese dove basta protestare contro il governo per essere denunciati?”.
Bene, è proprio quanto accaduto il 21 settembre a 5 studenti (4 minorenni) di Voghera che, fuori dal cancello della scuola (due ragazze erano sedute, mentre gli altri si limitavano a rifornirle di acqua e panini), promuovevano con dei cartelli lo Sciopero per il Clima del 23 settembre. Dopo essere stati minacciati di denuncia dalla vicepreside, sono stati trascinati in Questura dalla Digos e, in tre, denunciati per manifestazione senza preavviso. Un atto intimidatorio assolutamente gratuito, che fa ben capire da che parte stanno le autorità e le Forze dell’Ordine al loro servizio: dalla parte di chi devasta il pianeta e non certo dei giovani che si mobilitano per salvarlo. E fa capire che valori insegna quella parte di docenti che si fa complice del progetto di trasformare le scuole in caserme: la cieca obbedienza, l’annullamento di ogni coscienza critica e di ogni moto di ribellione, anche a fronte di una crisi climatica che mette a rischio la sopravvivenza stessa dell’umanità.
È proprio il caso di ribadirlo: non vogliamo vivere in uno Stato dove basta protestare contro il governo per essere denunciati. Ribelliamoci, rendiamo il paese ingovernabile alle Larghe Intese!