Succederà quello che le masse popolari faranno succedere
Non occorreva aspettare gli esiti delle elezioni politiche per averne conferma: le Larghe Intese manovrano per installare un governo che, al di là del “colore”, proceda speditamente con l’attuazione dell’agenda Draghi. Nonostante siano disposte a tutto, hanno di fronte due grandi ostacoli, di cui il principale è la mobilitazione delle masse popolari.
Poco più di un anno fa iniziava la lotta degli operai GKN contro la chiusura dello stabilimento di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze.
L’8 luglio 2021, agli operai arrivava il licenziamento tramite messaggio whattsapp e, praticamente subito, iniziava l’assemblea permanente in fabbrica. Poi mobilitazioni cittadine per tutta l’estate, il primo “Insorgiamo tour” per incontrare movimenti e organismi popolari di tutto il paese e il 18 settembre la grande manifestazione a Firenze partecipata da migliaia e migliaia di persone. Un grandissimo risultato, considerando che i sindacati di regime – anche la CGIL – non hanno affatto contribuito alla sua riuscita, anzi.
Su Resistenza abbiamo dato da subito grande spazio alla mobilitazione degli operai GKN, pertanto non ripetiamo qui i passi, gli sviluppi, le conquiste e le contraddizioni di questa mobilitazione. Trattiamo in questo articolo SOLO degli aspetti utili a rispondere a coloro che nel marasma crescente si chiedono cosa fare.
In effetti, rispondere “fare come la GKN” dice poco a chi non lavora in fabbrica e a chi in fabbrica ci lavora, ma vive condizioni diverse da quelle degli operai GKN (ce lo siamo sentiti dire mille volte: “qui le condizioni sono diverse”, “la mia azienda non è a rischio chiusura”, ecc.).
La questione, però, non è fare esattamente quello che hanno fatto loro, ma fare come hanno fatto loro: organizzarsi per insorgere, quali che siano le condizioni particolari e specifiche in cui ognuno si trova.
In varie occasioni, gli operai GKN hanno detto di essere “normali operai” che, spinti dalle condizioni (la chiusura della fabbrica da un giorno all’altro), hanno dovuto far fronte in prima persona a problemi enormi, come impedire la decisione (sostenuta dal governo) di chiudere la fabbrica che “non fa più abbastanza profitto”, presa unilateralmente da un fondo di investimento internazionale.
Possono “semplici operai” opporsi efficacemente a una multinazionale della finanza e della speculazione?
In varie occasioni, gli operai GKN hanno anche detto che nel corso di questa lotta, incontrando organismi operai e popolari, comitati e movimenti, si sono imbattuti in problemi ancora più grandi di quelli che avevano iniziato ad affrontare: la crisi climatica e ambientale, la precarietà e la povertà dilagante, la devastazione dei territori, la guerra… che a ben vedere sono tutti collegati allo smantellamento dell’apparato produttivo del paese.
Possono “semplici operai, semplici lavoratori, studenti, disoccupati, pensionati” farsi carico di tutto questo?
Il senso comune corrente dice di no: dei semplici operai non possono opporsi a un colosso della finanza e della speculazione, così come comitati, movimenti e comunità locali non possono fare fronte agli effetti della crisi.
Eppure provano a farlo. E continuano, resistono, mettendo al servizio della causa le conoscenze, le intelligenze e le esperienze di ognuno.
Da questo, gli operai della GKN hanno tratto una conclusione: loro e quelli come loro che continuano a resistere, che mettono al servizio della causa conoscenze, intelligenze ed esperienze devono diventare la classe dirigente del paese.
Cosa fa un’organizzazione operaia d’avanguardia?
Il Collettivo di Fabbrica (CdF) della GKN è un’organizzazione operaia d’avanguardia a tutti gli effetti.
Vediamo cosa ha fatto.
Appena appreso della chiusura della fabbrica ha occupato lo stabilimento (formalmente “in assemblea permanente”).
Ha costituito il gruppo solidali “Insorgiamo”, attraverso cui ha riunito tutti i più attivi sostenitori della lotta presenti sul territorio.
Ha avviato il primo “Insorgiamo tour” con cui una delegazione del CdF si è collegata alle realtà di lotta più rappresentative del paese.
Ha indetto la manifestazione nazionale del 18 settembre 2021 scavalcando tutte le tradizionali centrali di mobilitazione e ponendosi come punto di riferimento.
Ha promosso la costituzione del gruppo di tecnici e giuristi che hanno elaborato il “Piano per la mobilità sostenibile” (per rilanciare la produzione) e il DL antidelocalizzazioni.
Ha raccolto deputati e senatori solidali per presentare il DL antidelocalizzazioni in parlamento.
Ha lanciato un secondo “Insorgiamo tour” per raggiungere altre realtà operaie.
Ha partecipato alle manifestazioni di altri operai e ha promosso la convergenza fra lotte diverse (ad esempio quelle contro la devastazione ambientale, quelle studentesche, ecc.).
Il 26 marzo 2022 ha indetto una seconda manifestazione nazionale a Firenze, anch’essa partecipata da migliaia e migliaia di persone.
Nel corso della scorsa estate ha tessuto una fitta rete di relazioni per le mobilitazioni di questo autunno.
Questa attività, riportata per forza di cose sinteticamente, è stata promossa da un solo organismo operaio.
Pensate che tipo di sviluppo avrebbe la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari se ci fossero 5, 10, 50 organismi che “fanno come il collettivo GKN”.
Non è solo una questione di quantità, ma di contenuto e qualità delle mobilitazioni.
Costruire 10, 50, 100 organismi che fanno come il CdF della GKN è l’obiettivo che ci poniamo e sul quale chiamiamo tutti a collaborare.
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Non occorreva aspettare gli esiti delle elezioni politiche per averne conferma: le Larghe Intese stanno manovrando per installare un governo che, al di là del “colore”, proceda speditamente con l’attuazione dell’agenda Draghi, il programma comune di tutta la classe dominante.
Tuttavia, nonostante siano disposte a tutto e a tutto faranno ricorso per riuscirvi, hanno di fronte due grandi ostacoli
– il primo interno al loro campo: la guerra per bande fra le diverse fazioni (vedi le posizioni differenti e il conflitto di interessi rispetto alla Federazione Russa);
– il secondo è esterno: la mobilitazione delle masse popolari che inevitabilmente crescerà.
La combinazione dei due aspetti, nel contesto del marasma provocato dalla crisi generale del capitalismo, crea una situazione di straordinaria instabilità (crisi politica). Una situazione nella quale ciò che decide, che è determinante, non è quello che fanno o non fanno le Larghe Intese, ma quanto e come gli operai, i lavoratori e le masse popolari organizzate si pongono come nuova classe dirigente.
In questa situazione di straordinaria instabilità, succederà quello che le masse popolari organizzate faranno succedere.
Il “calendario” delle mobilitazioni del prossimo periodo è già fitto e le mobilitazioni cresceranno di numero, in estensione e radicalità: ogni iniziativa e attività che contribuisce a rendere ingestibile il paese al governo delle Larghe Intese e alle autorità borghesi è positiva.
La questione decisiva, però, è compiere un passo in più, imporre un governo di emergenza popolare.
La parte più avanzata delle masse popolari deve usare TUTTE le mobilitazioni del prossimo periodo
– per aggregare agli organismi operai e popolari già esistenti chi ancora non è organizzato e per farne nascere nuovi. In sintesi, accrescere la parte organizzata delle masse popolari;
– per guidare le masse popolari oltre le rivendicazioni al governo e alle autorità e spingerle ad attuare da subito, e con i mezzi a disposizione, le misure necessarie per fare fronte gli effetti della crisi (è secondario che siano legali o meno: è legittimo tutto quello che è nell’interesse delle masse popolari);
– per contrastare TUTTI i tentativi che la classe dominante metterà in campo per dividere le masse popolari e metterle in guerra fra loro;
– per spingere esponenti politici, sindacali, intellettuali, ecc. a costituire un governo ombra (o Comitato di Salvezza Nazionale) che agisce su mandato degli organismi operai e popolari.
Questa è la traduzione concreta di ciò che significa agire da nuova classe dirigente.
Durante la campagna elettorale abbiamo insistito molto affinché il capo politico di Unione Popolare, De Magistris, e i candidati facessero autocritica rispetto alle posizioni di sostegno che alcune componenti della coalizione hanno tenuto rispetto alla gestione criminale della pandemia da parte del governo Conte 2 e del governo Draghi, in particolare su Green Pass e obbligo vaccinale.
La necessità di tale autocritica non era e non è un atto formale, ma sostanziale.
Chi ha sostenuto il Green Pass e l’obbligo vaccinale ha sostenuto l’operazione di divisione e contrapposizione delle masse popolari condotta dalla classe dominante. Non c’entra niente la questione sanitaria, la questione è tutta politica.
Evitare di fare autocritica per questo grave errore significa correre il rischio di ripeterlo al prossimo pretesto che la classe dominante troverà per fomentare la guerra fra poveri.
TUTTE le trappole della classe dominante (tentativi di dividere i movimenti fra buoni a cattivi, violenti e non violenti, ecc.) vanno disinnescate sul nascere attraverso l’educazione e la formazione all’unità di classe contro il nemico comune.