Questo inverno, se le bollette non diminuiranno, decine di migliaia di persone non riusciranno neanche a riscaldarsi. Milioni di persone saranno costrette a scegliere tra scaldarsi o mangiare. Una famiglia su 3 sarà costretta alla povertà energetica. Sono più di otto milioni le famiglie a rischio e già ora il 15% delle utenze ha smesso di pagare.
Al contempo, l’Italia partecipa attivamente ai conflitti in corso nel mondo attraverso 38 missioni militari attualmente attive e con il foraggiamento (armi, soldi, veicoli militari) della guerra in Ucraina voluta dalla NATO. La partecipazione dell’Italia a queste guerre ci costa 26 miliardi di euro l’anno, cifra destinata in pochi anni ad aumentare fino a 40 miliardi, ossia il 2% del PIL come imposto dagli accordi NATO e definito dal Parlamento italiano lo scorso 12 marzo. Oltre a questo, ci è costata finora 8000 militari ammalati per l’uranio impoverito, senza contare i contaminati dall’amianto sulle navi militari e da altri fattori cancerogeni legati alla produzione e sperimentazione di armamenti bellici tra il personale militare. Innumerevoli inoltre sono i civili dei paesi bombardati dalla NATO oggi vittime di patologie tumorali e inquinamento ambientale. Ci è costato l’inquinamento e la devastazione ambientale di interi territori, come quelli delle province di Pisa e Livorno, a causa della presenza di poligoni militari, basi, centri direzionali, ecc. a cui si è aggiunto il progetto di una nuova base militare a Coltano nel Parco di Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli, dove dovrebbero installarsi il Gruppo di Intervento Speciale del 1° Reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania e il Centro cinofili dei carabinieri: 440.000 metri cubi di edifici, 73 ettari di territorio cementificato a fini militari per una spesa totale di 190 milioni di euro, provenienti da prestiti europei.
E poi c’è la questione del lavoro: fabbriche che chiudono da un capo all’altro del paese, il lavoro che è sempre più povero e precario, commercianti e lavoratori autonomi salassati, l’incuria e l’abbandono dei territori le cui spese le paghiamo noi, come le stanno pagando in questo momento le popolazioni delle Marche, vittime di quella guerra di sterminio non dichiarata che uccide 3 lavoratori al giorno, che manda al macello dell’Alternanza scuola lavoro voluta da Renzi i nostri figli, i nostri giovani, che uccide decine di migliaia di persone a causa dello smantellamento della sanità pubblica.
Ebbene, questa è la normalità a cui siamo approdati dopo due anni di pandemia, quando la popolazione è stata abbandonata, terrorizzata, multata, repressa e sottoposta a trattamenti sanitaria obbligatori, ma il Covid è ancora qui! E per fare una visita ci vogliono mesi…
In tutto questo, le elezioni politiche anticipate del 25 settembre, convocate in fretta e furia per il timore di perderne il controllo, sono in tutto e per tutto una manovra delle Larghe Intese per dare una parvenza di investitura democratica a un altro governo servo della NATO e della UE, per riaffermare il programma di Draghi (se non addirittura riconfermare Draghi al governo): un’operazione gattopardesca del tipo “cambiare tutto per non cambiare niente”. Ma la ciambella è riuscita senza il buco: la manovra presenta diverse incognite per i vertici della Repubblica Pontificia perché: le Larghe Intese non sono riuscite a estromettere dalla competizione le forze d’opposizione. Nonostante tempi strettissimi per la presentazione dei simboli, la formazione delle liste e la raccolta di decine di migliaia di firme, sono presenti sulla scheda – in tutti i collegi – due coalizioni anti Larghe Intese: Unione Popolare e Italia Sovrana e Popolare.
Le elezioni del 25 settembre possono essere rivoltate contro i manovratori. Per questo vanno considerate – e sono – uno strumento e non un fine. Uno strumento attraverso cui approfittare delle contraddizioni e delle debolezze delle Larghe Intese per sviluppare l’azione comune delle forze anti Draghi fino a imporre il governo di cui il paese ha bisogno. Facciamo della campagna elettorale una campagna di organizzazione, mobilitazione, lotta, rottura, ingovernabilità consapevoli che la partita vera inizia il 26 settembre e il suo esito dipende da come l’abbiamo preparata, da quanto si è disposti a giocarla fino in fondo e da quanto si è decisi a vincerla. In ballo non ci sono i risultati elettorali. In ballo c’è il futuro governo del paese, che dipende solo in parte dai risultati elettorali.
E’ con questi obiettivi che la Federazione Toscana del partito dei CARC ha promosso in queste settimane una serie di iniziative a cui ha invitato a partecipare tutti i candidati degli schieramenti anti Larghe Intese, in particolare Unione Popolare e Italia Sovrana e Popolare.
Oggi terremo il presidio davanti alla base USA e NATO di Camp Darby (su esempio di quanto fatto dai compagni e attivisti a Ghedi il 17 settembre), per denunciare le ricadute nefaste della guerra voluta dalla NATO in Ucraina, per alimentare la lotta contro la militarizzazione e la devastazione dei nostri territori in continuità con il global strike lanciato dai giovani di FFF per domani, 23 settembre in alcune delle principali città della Toscana (Firenze, Pisa, Siena).
I risultati elettorali influiscono perché quanti più eletti anti Draghi e anti Larghe Intese saranno spediti in parlamento tanto più le condizioni saranno favorevoli per rendere quello stesso parlamento ingestibile alle forze delle Larghe Intese, ma quello che decide tutto è la mobilitazione delle masse popolari per sbarrare la strada all’agenda Draghi e per imporre un governo dell’agenda operaia e popolare, il Governo di Blocco Popolare.
Federazione Toscana del Partito dei CARC