Premessa
La situazione generale è straordinariamente grave, più grave di quanto le inchieste giornalistiche e le ricerche scientifiche sulle sue singole manifestazioni riescano a descrivere.
La crisi economica si combina con quella climatica e quella energetica, i regimi politici di tutti i paesi imperialisti sono in via di disgregazione, aumenta l’oppressione della classe dominante sulle masse popolari dei paesi imperialisti e si combina con la rapina dei territori e delle popolazioni dei paesi oppressi.
La Comunità Internazionale degli imperialisti, capeggiata dagli USA, ha imboccato la via della guerra aperta contro i paesi che individua come nemici o concorrenti e, nel caso della Federazione Russa, è già passata alle vie di fatto con la guerra ibrida per interposta persona in Ucraina.
Gli effetti della crisi generale si abbattono in mille modi sulle masse popolari, le cui condizioni di vita, e persino di sopravvivenza, sono irrimediabilmente compromesse.
Se la borghesia imperialista mantiene il dominio della società, per milioni proletari le prospettive del futuro sono di soccombere per la povertà, per gli effetti della crisi climatica, come carne da macello e da cannone.
È una situazione simile a quella che l’umanità ha già conosciuto come risultato della prima crisi generale del capitalismo (1900 – 1945), ma che per estensione, profondità e potenzialità distruttive non si è mai vista prima: pandemia, guerra, crisi climatica, speculazione sui prodotti energetici si combinano a sconvolgere la vita di miliardi di persone nel mondo e a mettere a rischio il pianeta in cui viviamo.
Mettere fine al corso disastroso delle cose è possibile oltre che necessario e urgente, ma richiede metodi di azione e di lotta straordinari, all’altezza della gravità della situazione, anche per quanto riguarda le elezioni indette e gestite dalla classe dominante.
La situazione richiede ai comunisti, e più in generale a tutti i rivoluzionari, di superare alcune concezioni non aderenti alla realtà e superate dalla storia, inadeguate – o persino sfavorevoli – all’organizzazione e alla mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari.
Per il contesto specifico e particolare delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre ne indichiamo tre.
1. L’elettoralismo (o cretinismo parlamentare, come la definì Lenin in L’estremismo malattia infantile del comunismo), cioè confidare nel fatto che le elezioni, i riti e le liturgie della politica borghese possano essere risolutivi per rovesciare la classe dominante. In Italia questa corrente ha consolidate radici nella tradizione del vecchio PCI revisionista di Togliatti-Berlinguer e delle formazioni della sinistra borghese sorte dal suo scioglimento nel 1991.
2. Incluso nell’elettoralismo, e come sua manifestazione, c’è lo spirito di concorrenza fra partiti, organismi e movimenti che si pongono fuori e contro le Larghe Intese. La situazione generale è talmente grave che alimentare lo spirito di concorrenza, anziché la costruzione dell’unità d’azione e del fronte comune, è una grave forma di miopia politica che favorisce il nemico.
3. L’astensionismo di principio, che affonda le sue radici nella concezione anarchica e pre-leninista del movimento comunista. Viviamo tempi in cui bisogna approfittare di ogni appiglio e usare ogni mezzo per portare la battaglia contro la classe dominante su ogni terreno. Non ha nessun senso “disertare le urne per concentrarsi sulle mobilitazioni di piazza”. È sbagliato mettere in contrapposizioni o in alternativa forme di lotta e aspetti della lotta di classe: bisogna usare anche la campagna elettorale e le elezioni borghesi per indebolire in ogni modo la classe dominante e per alimentare l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari a un livello tale da imporre un loro governo di emergenza.
“Cosa hanno in comune a proposito dell’appuntamento elettorale del 25 settembre astensionisti (elettoralisti pentiti) ed elettoralisti ostinati? L’accodarsi al senso comune della parte avanzata delle masse popolari:
– i primi al seguito della grande massa che ieri per protesta ha votato in blocco M5S e oggi sempre per protesta ritiene che astenersi e lasciare campo libero all’operazione Mattarella-Draghi è il meglio che si può fare;
– i secondi al seguito della massa che persiste e auspica un ritorno dei comunisti e della sinistra in Parlamento.
Nell’uno e nell’altro caso è inconcepibile o addirittura ritenuto roba da “pazzi e poliziotti” (come ha sostenuto Marco Rizzo) ambire ad attuare una strategia e una tattica che utilizza anche il terreno elettorale per costruire la rivoluzione socialista. Nell’uno e nell’altro caso attestarsi a promuovere lotte economiche o a eleggere una rappresentanza nelle assemblee elettive, finisce con il costituire la loro strategia e anche la loro tattica. Ignorano l’importanza delle contraddizioni in seno alla classe dominate (uno dei due fattori della crisi rivoluzionaria), l’importanza di acuirle. Salvo poi adirarsi con le masse popolari che non votano come dovrebbero o non lottano abbastanza come essi vorrebbero” – da Avviso ai naviganti n. 124 del (nuovo)PCI del 12 settembre 2022.
La posta in gioco con le elezioni del 25 settembre e le condizioni della battaglia
La classe dominante ha indetto in fretta e furia elezioni anticipate (Mattarella ha sciolto le camere senza neppure che il governo Draghi avesse perso la maggioranza in Parlamento) con l’obiettivo di estromettere dalla competizione elettorale i partiti e i movimenti anti Larghe Intese e formare un Parlamento ben più sottomesso all’agenda Draghi di quanto non lo fosse diventato quello uscito dalle elezioni del 2018, in modo da ridurlo ancora più efficacemente a camera di ratifica di decisioni prese altrove (Washington, Bruxelles, Strasburgo, Città del Vaticano, ecc.).
Lo scioglimento delle camere e l’indizione di elezioni anticipate sono state una manovra delle Larghe Intese per impedire che le liste anti Draghi si presentassero alle elezioni e il malcontento delle larghe masse fosse incanalato, in termini di voti, a loro favore.
Le liste anti Larghe Intese sono state in grado di superare l’ostacolo della raccolta di firme (ci sono riuscite Unione Popolare, Italia sovrana e Popolare, il Partito Comunista Italiano, Vita e Italexit – anche quest’ultima si pone almeno a parole come antagonista all’agenda Draghi), ma si presentano alle elezioni in una situazione di debolezza perché divise e perché prevale in ognuna lo spirito di concorrenza con le altre, anziché lo spirito unitario contro il nemico comune e lo spirito di conquista nei confronti di quei settori popolari orientati ad astenersi come forma di protesta verso il sistema politico borghese o per sfiducia.
Questo ostacola l’obiettivo di insidiare sul loro terreno i partiti delle Larghe Intese e i promotori dell’agenda Draghi e perfino quello di eleggere una nutrita pattuglia di candidati anti Draghi.
Indicazioni di voto del P.CARC per Unione Popolare
Preso atto della situazione fin qui esposta, il P.CARC assume per intero l’analisi, l’orientamento e la linea esposti dal (nuovo)PCI nei comunicati del 12 agosto, del 19 agosto, del 31 agosto e del 6 settembre 2022 con particolare riferimento all’obiettivo di dare al nostro paese un parlamento ostile all’agenda Draghi, facendo eleggere il più alto numero possibile di candidati anti Larghe Intese.
Per questo il P.CARC vota e chiama le masse popolari a votare per la lista che ha maggiori possibilità di superare lo sbarramento. Considerando la presenza del simbolo in tutti i collegi e le circoscrizioni, la capillarità della presenza sul territorio nazionale, il legame con lavoratori avanzati, organismi operai e popolari la lista su cui convogliare i voti è UNIONE POPOLARE.
Contestualmente a questa indicazione di voto
– chiamiamo i capi politici e i dirigenti delle altre liste anti Larghe Intese, in particolare Italia Sovrana e Popolare, PCI e Vita, a dare indicazione di voto per Unione Popolare a partire dalle zone dove non sono presenti alle elezioni;
– chiamiamo i militanti ed elettori delle varie liste anti Larghe Intese a far confluire i voti su Unione Popolare anche nelle zone dove sono presenti altre liste “anti sistema”;
– chiamiamo quella parte di “popolo di sinistra” che pensa di mandare tutti a quel paese astenendosi dal voto o annullando la scheda a mandare all’aria il piano Mattarella-Draghi votando per Unione Popolare;
– chiamiamo quella parte di “popolo di sinistra” orientato a votare il M5S, a votare invece per Unione Popolare. Non solo per permettere alla lista di superare la soglia di sbarramento (obiettivo che il M5S raggiungerà agevolmente), ma soprattutto per portare in Parlamento una componente capace di influire su eventuali “sbandate” di Conte verso il PD e accogliere in un fronte comune la parte più sana degli eletti del M5S che non si sottometteranno a un nuovo “abbraccio mortale con il PD”.
Alcune riflessioni
1. Seppure avessimo proposto alcuni nostri compagni da candidare nelle liste di Unione Popolare (proposta fatta anche a Italia Sovrana e Popolare), non ci sono nostri compagni o compagne candidati. La nostra indicazione di voto mette al centro gli interessi delle masse popolari e non i rapporti di amicizia, le conoscenze, i calcoli di convenienza o il reciproco riconoscimento e sostegno, dinamiche tipiche dell’elettoralismo (“ci hanno detto di no, quindi li trattiamo come concorrenti o antagonisti”).
Siamo consapevoli che tanto l’indicazione di voto quanto quella di far confluire i voti di altre liste su Unione Popolare alimenterà discussioni e creerà contraddizioni con compagni e compagne con cui conduciamo iniziative e attività comuni, che sostengono altre liste – e in alcuni casi sono anche candidati – come pure con i compagni e compagne del PCI con cui condividiamo il percorso di Unità Popolare.
A tutti loro diciamo che la discussioni e il confronto politico non solo sono positivi e utili, ma necessari! Dobbiamo svilupparli per favorire il movimento pratico che rovescia le Larghe Intese e impone un governo di emergenza delle masse popolari!
2. Con la nostra indicazione di voto non firmiamo alcuna cambiale in bianco ai candidati di Unione Popolare. A questo proposito l’aspetto decisivo è ben inquadrato nel Comunicato del (nuovo)PCI del 19 agosto 2022:
“giustamente molti di quelli a cui abbiamo rivolto il nostro appello ci chiedono: Cosa succede se poi i nuovi eletti della lista #UnionePopolare non sono buoni a dare al nostro paese un indirizzo corrispondente agli interessi delle masse popolari?
È vero che pochi dei candidati della lista hanno già dato buona prova di sé, contribuendo di persona nella pratica alla mobilitazione radicale contro l’Agenda Draghi fatta dalle masse popolari con dimostrazioni, occupazioni, picchetti, sit-in, scioperi, non pagamento di bollette e tasse, “spese proletarie”, scioperi alla rovescia e imposizione alla Pubblica Amministrazione (comunale, regionale o statale) di misure appropriate dovunque c’era già la forza per farlo. Quello che ognuno dei candidati farà in campagna elettorale, se si limiterà a promesse o sarà in prima fila nel promuovere e praticare la mobilitazione contro l’Agenda Draghi, sarà un metro di misura per la selezione, dove la procedura elettorale la consente. Comunque data la natura della lista niente ci garantisce di quello che il singolo eletto farà e del resto la condotta del singolo non è la questione principale ai fini di quello che possiamo cavare da queste elezioni.
Quello che è importante e sicuro è che con il voto di gran parte degli astenuti vecchi e potenziali avremo un Parlamento fatto di dichiarati oppositori dell’Agenda Draghi. Con simile Parlamento i vertici della Repubblica Pontificia non potranno avallare l’Agenda Draghi”.
A quanti saranno eletti nelle file di Unione Popolare diciamo fin da subito che anche il loro ruolo richiede di essere messo a livello con la gravità della situazione. Non servono “buoni eletti” che fanno i pompieri nel mondo dei padroni che brucia, servono eletti che usano la loro posizione per alimentare l’incendio e per sostenere i lavoratori e le masse popolari nella lotta per imporre un loro governo di emergenza.
“Non lasciare i POCHI giorni di campagna elettorale nelle mani delle Larghe Intese, ai loro discorsi, alla loro retorica, alle loro menzogne, ma usarli per alzare il livello della mobilitazione e dell’organizzazione delle masse popolari. È il modo più efficace per dispiegare le forze e affrontare efficacemente la prossima fase. Quella in cui i discorsi, le chiacchiere e le promesse della campagna elettorale saranno passate, come l’acqua sotto al ponte, e all’ordine del giorno si porrà concretamente la questione “o un altro governo di emergenza imposto dalle Larghe Intese oppure un governo di emergenza popolare imposto con la mobilitazione e la lotta” – da “Vale più un grammo di pratica che una tonnellata di promesse e di bei programmi elettorali”, Resistenza n. 9/2022.
3. Unione Popolare deve fare uno scatto per porsi come referente (organizzatore e promotore della mobilitazione) di quei vasti settori popolari che, per protesta o sfiducia, sono orientati all’astensione.
Per assumere questo ruolo è importante che conduca quanto rimane della campagna elettorale con spirito di iniziativa e ottica di rottura: non bastano programmi radicali da spiegare in televisione, nei comizi e ai banchetti elettorali, servono anche azioni di rottura che alimentano la mobilitazione delle masse popolari: contro il carovita [a Brescia Unione Popolare ne ha dato un piccolo, ma significativo esempio] e contro la guerra e la NATO [l’ispezione delle parlamentari uscenti Simona Suriano e Yana Ehm, candidate in Unione Popolare, e la senatrice uscente Bianca Laura Granato candidata con Italia sovrana e Popolare alla base di Ghedi sono un esempio].
Per assumere questo ruolo è necessario che il capo politico, Luigi De Magistris, alimenti nelle forze che fanno parte di Unione Popolare un’autocritica pubblica rispetto alla gestione criminale della pandemia del governo Conte 2 e del governo Draghi, con particolare riferimento all’imposizione del Green Pass e dell’obbligo vaccinale, poiché alcune componenti della lista si sono sottomesse – e in certi casi hanno persino aderito – a queste manovre che la classe dominante ha usato per alimentare la guerra fra poveri, criminalizzare e reprimere il movimento popolare, aumentare la sottomissione delle masse popolari e del paese alle multinazionali del farmaco. La dichiarazione che De Magistris ha pubblicato sul suo profilo Facebook il 12 agosto è un buon inizio, si tratta di estenderla e approfondirla.
Guardare avanti
Le elezioni del 25 settembre sono la battaglia di una lotta più ampia per invertire il corso disastroso delle cose, per imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare. Questa lotta va sviluppata, promossa, estesa. È ciò che ogni comunista, ogni lavoratore avanzato, ogni organismo operaio e popolare è chiamato a fare da subito e, dal 26 settembre, avvalendosi delle condizioni che saranno emerse anche dai risultati elettorali perché installare un governo che fa gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari è una necessità improrogabile.
Serve un governo che attua le misure efficaci contro gli effetti più gravi della crisi
“1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale. Nessuna azienda deve essere chiusa.
2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
3. Assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società. Nessun lavoratore deve essere licenziato, ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato.
4. Eliminare attività e produzioni inutili o dannose, assegnando alle aziende coinvolte altri compiti.
5. Avviare la riorganizzazione di tutte le altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
6. Stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
7. Epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano la trasformazione del paese, conformare le Forze dell’Ordine, le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 e ripristinare la partecipazione universale dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico.
La questione, in conclusione, non è scervellarsi su quali saranno le misure che le Larghe Intese vorranno imporre; la questione è organizzarsi per scalzare le Larghe Intese dal governo del paese e invertire il corso disastroso delle cose con un governo di emergenza delle masse popolari organizzate” – da “Il governo che serve”, Resistenza n. 9/2022.
Appendice
I tempi estremamente ridotti per la raccolta delle firme, la presentazione dei simboli e la composizione delle liste elettorali sono stati lo strumento con cui le Larghe Intese hanno cercato di ostacolare la partecipazione alle elezioni di partiti e coalizioni che non sono già presenti in Parlamento.
In particolare, i tempi stretti hanno compromesso il lavoro di quanti si proponevano (e noi siamo tra questi) di far convergere in una unica coalizione elettorale le forze schierate contro l’agenda Draghi e i partiti che la sostengono.
Il risultato è che ci sono almeno 4 liste che si pongono in alternativa e antagonismo con le Larghe Intese, ma si pongono anche in concorrenza fra loro mettendo al centro della loro campagna elettorale le differenze anziché ciò che le accomuna e il ruolo che possono assumere nel fronte anti Draghi e anti LI.
Le tre principali questioni divisive riguardano
– la criminale gestione della pandemia da parte della classe dominante (in particolare Green Pass e obbligo vaccinale);
– l’analisi sulla guerra in corso in Ucraina (ruolo della NATO e ruolo della Federazione Russa);
– la sovranità nazionale (uscita dalla NATO e dall’UE).
Oltre a queste ci sono altre questioni di orientamento generale (e per questo di secondo piano):
– fascismo / antifascismo;
– contrapposizione sui diritti civili / diritti sociali;
– immigrazione;
– disponibilità a intrattenere rapporti più o meno sottobanco con il polo PD o il polo Salvini-Meloni-Berlusconi delle Larghe Intese.
Noi non dobbiamo e non vogliamo omettere o minimizzare queste differenze/contraddizioni in nome di una “unità” che oggi non esiste. Noi dobbiamo trattare (e insegnare a trattare) queste contraddizioni alla luce della contraddizione principale (quella fra masse popolari e borghesia imperialista) alla luce della situazione di straordinaria gravità in cui versa il paese e alla luce della necessaria unità di azione.
Le questioni divisive vanno individuate precisamente e trattate apertamente, nel contesto di un ragionamento politico e di un lavoro di prospettiva (cosa fare oggi e cosa fare dopo il 25 settembre), non come strumento per la gazzarra elettorale.
Per questo, nonostante le differenze, le contraddizioni e le divisioni esistano, promuoviamo l’unità d’azione di tutti coloro che si candidano contro le Larghe Intese, sulla base del ruolo che il candidato/la lista dice di voler assumere rispetto al campo delle masse popolari.