Il governatore della Calabria Roberto Occhiuto ha recentemente firmato un accordo per l’arrivo di 500 medici cubani per sopperire alla mancanza di personale nella regione, la cui sanità è commissariata dal 2009.
Cuba non è nuova all’invio di brigate mediche nel nostro paese – ricordiamo i medici arrivati in piena emergenza Covid – e dal 1963 manda personale sanitario in tutto il mondo data la loro eccellente professionalità. Di solito le missioni riguardano i paesi del Terzo mondo, ma evidentemente l’Italia ha un sistema sanitario pubblico che si avvia a competere con quello di uno Stato centrafricano.
La solidarietà internazionale di Cuba è lodevole e ci sbatte in faccia un messaggio chiaro: il sistema sanitario di una piccola isola caraibica, che però applica misure derivate da un’impostazione socialista, è nettamente superiore a quello di un paese membro del G7 che ha accesso a risorse e strumenti di cui Cuba è priva a causa dell’embargo ordinato dagli USA.
La domanda sorge spontanea: perché il governatore della Calabria ha dovuto chiamare 500 medici da oltreoceano anziché trovarli nel nostro paese? Occhiuto afferma che in Calabria non ci sono abbastanza medici, che il turnover è bloccato, che i concorsi vanno deserti e che anche chi viene assunto dopo poco se ne va (in Italia si dimettono in media 7 medici al giorno, dati di Anaao Assomed). Ma come siamo arrivati a questa situazione?
Se guardiamo dall’alto allo stato del nostro Sistema Sanitario Nazionale, vediamo che è ridotto a un colabrodo. Nella sanità calabrese, commissariata da 13 anni, la situazione è particolarmente grave, ma le cause del disastro sono le stesse delle altre regioni italiane (e le soluzioni sono simili: il Veneto ha chiesto di fare arrivare 250 medici dall’Ucraina, la Puglia altri 100 dall’Albania).
Con la pandemia da Covid il nostro SSN è collassato e gli ospedali hanno continuato a stento a funzionare solo grazie all’abnegazione del personale sanitario e agli aiuti di brigate mediche internazionali come quelle cubane e cinesi.
La sanità è un buco nero di fondi pubblici, un campo di speculazione per la classe dominante. Per iniziare a mettere mano alle soluzioni possibili servono poche e semplici misure: l’assunzione di medici in corso di specializzazione; l’eliminazione del numero chiuso per l’accesso alle facoltà sanitarie; la limitazione o sospensione delle prestazioni mediche intramoenia in favore del servizio pubblico; la requisizione di strutture, macchinari e personale dalla sanità privata, ecc.
Misure “di buon senso” ma che sono in controtendenza con la politica di progressivo smantellamento del SSN a favore della sanità privata. Misure che, quindi, la classe dominante volutamente non prende, al punto che è disposta a ricorrere alla solidarietà di un paese che lei stessa ha contribuito a denigrare e isolare in osservanza ai diktat degli imperialisti USA. L’iniziativa dei medici cubani è sì da celebrare, ma consci che essa rappresenta una toppa su un buco che ormai è una voragine.
Il fatto è che i vertici della Repubblica Pontificia, il governo, i presidenti di Regione, ecc. si rendono perfettamente conto della situazione, ma portano avanti la loro politica intenzionalmente e senza remore! Chi sperava che con la pandemia da Covid “i politici capissero che bisognava investire nel SSN”, si trova oggi a fare i conti con una situazione ancora peggiore. Non ci sono i soldi? Che cazzata! I soldi per la sanità privata ci sono, i soldi per mantenere i parassiti del Vaticano ci sono, i soldi per inviare armi all’Ucraina ci sono e, anzi, gli stanziamenti per le spese militari sono anche aumentati!
è chiaro che la questione non è economica, ma politica. E solo le masse popolari organizzate, a partire dai lavoratori della sanità, possono prendere in mano la situazione e invertire il corso delle cose. Sono le uniche che hanno interesse a farlo e che possono farlo.