Interveniamo in merito a quanto sta accadendo nel processo di assegnazione degli spazi nell’Officina delle Culture di Scampia. Con questo comunicato ci rivolgiamo principalmente alle masse popolari del quartiere di Scampia e della città di Napoli a cui diamo conto rispetto alla nostra azione e a cui ogni organismo politico, sociale e popolare pure deve dare conto.
Cosa sta accadendo? È in corso la battaglia per la nuova assegnazione della struttura alle associazioni e gruppi sociali che al suo interno svolgono attività di vario genere: dall’impresa sociale, a laboratori professionali, all’attivismo civico e di lotta per migliorare le condizioni di quartiere. Tra le realtà presenti nella struttura le differenze di scopo non sono mai state un ostacolo perché veniva rispettata l’autonomia e la libertà di espressione, di iniziativa e di attività di ciascuno.
L’amministrazione Manfredi, a maggioranza PD, del Comune di Napoli nel processo di nuova assegnazione della struttura ha deciso di non tenere minimamente conto delle diverse nature e finalità delle realtà presenti e imposto come soluzione la creazione di un’associazione unitaria per far sì che Asìa le fittasse gli spazi per regolarizzare la presenza delle associazioni. Insomma la soluzione del PD e dell’amministrazione Manfredi è quella di trattare un bene pubblico, che le associazioni del quartiere hanno riqualificato e donato a nuova fruizione, come una proprietà privata da affittare alle associazioni senza distinguere i vari soggetti, imprenditori del sociale, associazioni senza scopo di lucro, movimenti civici, ecc. Tutti posti sotto la direzione di un capofila che vorrebbe ergersi a capetto della struttura, il presidente dell’Associazione (R)esistenze, Ciro Corona.
Alcune realtà di Officina delle Culture, la maggioranza, tra cui anche quelle in cui sono presenti e si organizzano nostri compagni, hanno impugnato queste decisioni e promosso una serie di mobilitazioni davanti a palazzo San Giacomo.
In quella fase la mobilitazione per ottenere incontri e mitigare alcuni aspetti dell’accordo ha prodotto qualche sommovimento ma nessun risultato sostanziale. Come presidio territoriale del Partito dei CARC abbiamo sostenuto questa lotta e indicato la linea che Officina è un bene comune e non un bene del Comune e di alimentare sin da subito l’uso sociale e popolare di quegli spazi. Su questa linea si è costituito un fronte di associazioni che hanno promosso presidi, iniziative e mobilitazioni, tra cui le Ali di Scampia, Coordinamento Territoriale di Scampia, ‘o Rom, Volontari per Scampia, sostenute in tali azioni anche da altre realtà del quartiere come il Comitato Vele e Gridas.
Nonostante promesse, tavoli e incontri in questi mesi l’amministrazione non ha mai cambiato linea ed è arrivata a imporre lo scorso 20 luglio un aut aut a tutte le realtà associative. La cosa ha fatto gioco forza al capo designato di Officina, che ha cominciato a dettare legge su Statuto e Regolamento interno. Sotto queste pressioni e la necessità di avere un riconoscimento necessario a portare avanti i progetti sociali del quartiere e di non vedere dilapidate le energie, il tempo e il denaro profusi in questi anni, tutte le associazioni, ad eccezione di Volontari per Scampia e CTS, hanno firmato l’adesione all’ATS, un’associazione creata per pagare l’affitto ad Asìa. Hanno firmato consapevoli che la lotta per far funzionare Officina come bene comune non era finita e che anzi entrava in una nuova fase.
Manfredi e i suoi, in ogni caso, hanno deciso di non applicare principi differenziati per associazioni senza scopo di lucro e quelle che fanno impresa sociale. Non hanno promosso una collegialità, principi democratici e partecipativi ma hanno assegnato un incarico a vita al capofila Corona e trattato una struttura liberata dai cittadini come un bene proprio. Questo il vero volto di quest’amministrazione che allo stesso modo ha impiccato la città col patto per Napoli, sta manovrando per sgomberare tutti gli spazi occupati, tartassando con tasse e multe le masse popolari e svendendo il territorio a speculatori e multinazionali.
Il comunicato del CTS. La firma dell’ATS da parte delle associazioni ha innescato la reazione del CTS che ha pubblicato un duro comunicato di critica. Gli autori criticano il fatto che la firma dello statuto da parte delle associazioni sia un tradimento e un cedimento ai ricatti dell’associazione capofila, quella presieduta da Ciro Corona. Un comunicato di cui vogliamo salvare la critica verso i contenuti dello statuto firmato e l’opportunità o meno di firmarlo. Si tratta però di aspetti secondari. Sulla contraddizione principale, infatti, quel comunicato commette due errori gravi.
Il primo errore è che anziché mettere in fila fatti, persone e indicare nell’amministrazione comunale il responsabile principale, finisce per sparare a zero contro le associazioni firmatarie ma soprattutto dedica ampio spazio a una serie di calunnie verso un nostro compagno, presidente di una delle associazioni firmatarie, il compagno Pino Guerra, e la nostra organizzazione. Fanno questo senza fare nomi o indicare di quale organizzazione politica stanno parlando, nello stile tipico della Repubblica Pontificia, secondo cui si può denigrare e calunniare chiunque purché non ci si assuma la responsabilità!
Perché in questo comunicato si dedica tanto livore contro un compagno dalla comprovata militanza rivoluzionaria, che da quarant’anni anima le lotte del territorio e dell’intera città? Perché non si dice che è il Partito Democratico e la sua amministrazione ad aver causato questa situazione? Evidentemente criticare apertamente il PD e la sua amministrazione per alcuni esponenti del CTS, che gli hanno fatto campagna elettorale, ne sono iscritti o consiglieri municipali, è un problema. Al di là dei toni sferzanti usati, quindi, il problema è tutto interno al CTS e alla scelta di sostenere un partito di affamapopoli e corrotti, altro che criticare Pino Guerra e il Partito dei CARC!
Noi siamo schierati fermamente al fianco dei compagni che nel CTS e in tutto il territorio vogliono far saltare per aria le reti di potere e gli affari del Partito Democratico, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e tutti quei partiti e movimenti che gli girano intorno e la lotta per l’Officina delle culture rientra in questa battaglia non in altro.
Il secondo errore attiene all’importanza che questi compagni stanno dando alla firma dello statuto. Porre o meno una firma su uno statuto o un contratto è un aspetto secondario, da azzeccagarbugli o da illusi. La democrazia partecipata va imposta con la pratica e con la lotta, non litigando sugli statuti! Se scrivere su carta una norma o una regola bastasse ad affermare i principi progressisti e democratici in Italia avremmo applicato la Costituzione frutto della Resistenza e vivremmo in un paese totalmente diverso. Chi pensa che con le norme scritte si possa applicare la democrazia e i valori positivi che professa o è un illuso o un imbroglione!
Lotta di classe o lotta per gli statuti? Bisogna subito chiarirsi su una cosa. L’aspetto principale della lotta non è battagliare su statuti, regolamenti e codici, quelli sono conseguenza di una linea non sono di per sé la linea. Bisogna riprendere subito il confronto tra le associazioni e la lotta per affermare principi avanzati e di classe. La divisione in buoni e cattivi, tra firmatari e non firmatari, è sbagliata! Quando una legge è ingiusta il primo modo per abrogarla non è frignare per farla cambiare ma è non applicarla e anzi sabotarla! Questo ci hanno insegnato esperienze come il Comitato Vele o il Movimento No Tav!
Bisogna avere chiaro che da Manfredi, il PD e il resto delle Larghe Intese non c’è da aspettarsi favori, altro che pubblicare post in cui si implora il sindaco o il segretario cittadino del PD di “fare qualcosa”. Confondere i nemici con gli amici è il principale errore che porta alla sconfitta. Se si vuole fare di Officina un luogo di partecipazione, democrazia e lotta l’aspetto principale non è scriverlo sullo statuto ma è applicare da subito quei principi. Bisogna riempire Officina di attività promosse da realtà sociali e popolari di Scampia e del resto della città. Bisogna coordinarsi da subito con gli spazi sociali della città di Napoli che l’amministrazione Manfredi vuole sgomberare e cacciare.
L’aspetto principale della lotta non è rivendicare all’amministrazione comunale questo o quel documento, né tanto meno accapigliarsi con Ciro Corona su uno statuto, ma rendere quegli spazi una Casa del popolo nei fatti. È così che eventualmente si buttano fuori parassiti e speculatori, non per statuto!
Il Partito dei CARC è disponibile a mettere in campo tutto quanto nelle sue forze per sostenere questo processo e chiama il CTS e le associazioni aderenti ad Officina delle Culture a mettersene alla testa.
Non è l’amministrazione del partito dei traditori del popolo a decidere come queste realtà debbano svolgere le proprie attività, sono queste realtà che devono far valere la propria forza e imporre termini, condizioni e tempi del futuro di Officina delle culture!