Editoriale

Questo numero di Resistenza è “doppio”: viene scritto a fine giugno e verrà diffuso fino a fine agosto. Questo comporta che, nel marasma generale in cui sono immersi la società e il paese, è possibile – e anzi probabile – che nel corso delle settimane estive succedano cose che cambiano velocemente la situazione e che non possiamo considerare oggi.

Tre considerazioni generali valide in qualunque caso

1. Se a determinare il cambiamento della situazione non sono i lavoratori e le masse popolari, la situazione è destinata a cambiare in peggio.
Prendiamo la guerra. Se la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari del nostro paese non costringe Draghi a sospendere l’invio di armi all’esercito ucraino, a sfilarsi dal ruolo di pedina degli USA/NATO, questi procederanno più speditamente sulla loro strada: guerra per interposta persona, provocazioni politiche e commerciali, ulteriori sanzioni contro la Federazione Russa e allargamento delle provocazioni alla Repubblica Popolare Cinese (vedi i casi di Taiwan e Isole Salomone). La guerra è destinata a divampare su scala mondiale.
Prendiamo l’aumento del costo della vita. Se la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari non pone un freno e non costringe il governo a fare marcia indietro – considerando che tutti gli aumenti dalle bollette al carburante poggiano sulle speculazioni e NON sull’aumento del costo delle materie prime – a breve un numero crescente di famiglie sarà spinto oltre la soglia di povertà assoluta, dove già rientra il 7,5% delle famiglie italiane (più di 5 milioni e mezzo di persone – dati ISTAT 2021).
Prendiamo la crisi ambientale (e quella energetica). Se la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari non impone con la forza misure concrete ed efficaci per farvi fronte, autorità e istituzioni della classe dominante continueranno a chiacchierare di green economy, mentre consentono serenamente ai capitalisti di devastare il pianeta per fare profitti.

Chiacchiere
L’accordo raggiunto da Socialisti & Democratici, Ppe e Renew e accettato anche dai Verdi (439 i voti a favore, 157 i contrari e 32 gli astenuti) è però decisamente al ribasso rispetto a quello che era stato in precedenza approvato in commissione Ambiente (del Parlamento europeo – ndr) Le industrie responsabili di gran parte delle emissioni di gas serra, dalle acciaierie ai cementifici, continuerebbero infatti a ricevere gratuitamente un volume imponente di permessi a inquinare fino al 2032, anno in cui entrerebbe in vigore il meccanismo per tassare i beni importati da Paesi con standard ambientali più permissivi – da Il Fatto Quotidiano del 22 giugno 2022.

2. Il mondo dei capitalisti è al capolinea.
Mille fenomeni sono così intrecciati fra loro, interdipendenti l’uno dall’altro, che non si possono mettere toppe alle falle che si aprono una dopo l’altra.
La società capitalista è al capolinea perché il modo di produzione, che determina tutti i rapporti sociali, oltre ad essere obsoleto mette a repentaglio la sopravvivenza dell’umanità e del pianeta. Da più di un secolo, il modo di produzione capitalista è diventato incompatibile non solo con lo sviluppo dell’umanità, ma persino con il livello di civiltà e benessere raggiunto nei paesi a capitalismo avanzato. Quindi, fintanto che il capitalismo rimane il modo di produzione dominante, non solo l’umanità non si evolve, ma addirittura regredisce.
La realtà oggettiva obbliga intere generazioni alla preoccupazione, all’incertezza, a cercare soluzioni a problemi enormi che individualmente nessuno può risolvere.
Il ragionamento, però, si può volgere in positivo. Non “siamo solo obbligati a fare fronte al disastro”, ma “abbiamo l’opportunità di farlo”. E di farlo in modo coerente con i nostri interessi collettivi, le migliori ambizioni e le più elevate aspettative.

3. La combinazione dei due punti precedenti, la sintesi, è che il mondo dei capitalisti è al capolinea e noi abbiamo l’opportunità, il dovere e l’obbligo di cambiarlo.
Milioni di persone condividono la stessa esigenza. Se è vero che individualmente nessuno può risolvere niente, è anche vero che insieme, organizzati, possiamo affrontare e risolvere tutto. Unite e organizzate, le masse popolari possono tutto.

Il pezzo che mettiamo noi

Apparentemente, le cose non cambiano mai. Poi, di colpo, ci si trova nel mezzo di un’emergenza. Vale per la guerra, per la crisi ambientale, per le pandemie, per lo smantellamento dei diritti, delle conquiste e delle tutele dei lavoratori e delle masse popolari… La verità è che tutto cambia, anche se lentamente, fino al punto di svolta.
Anche la rivoluzione socialista segue questo “schema”. Per lungo tempo è ritenuta impossibile, poi diventa necessaria e poi, apparentemente, scoppia. La verità è che tra il punto in cui essa sembra impossibile e quello in cui scoppia c’è, in mezzo, il lavoro dei comunisti che la costruiscono.
Non sappiamo quanto tempo ci vorrà, ma sappiamo qual è la strada più breve da percorrere oggi per farla avanzare: mobilitare quanto c’è di organizzato fra i lavoratori e le masse popolari nella lotta per costituire un loro governo di emergenza.


“Né con la loro emergenza, né con la loro normalità” è la premessa. “Lo stato di emergenza dobbiamo dichiararlo noi” è il contenuto. “Imporre un governo di emergenza popolare” è l’obiettivo. A questo è dedicata la Festa nazionale della Riscossa Popolare che organizziamo a Marina di Massa (MS) dall’11 al 16 agosto. La preparazione della Festa è la principale campagna politica che promuoviamo nelle settimane estive per non limitarci ad “aspettare l’autunno caldo”, per favorire il coordinamento degli organismi operai e popolari, per alimentare il confronto, per discutere delle prospettive.
Iniziamo in estate anche i lavori per il VI Congresso del P.CARC, che si svolgerà all’inizio del 2023.
Insomma, l’estate 2022 sarà una stagione di lotta e di mobilitazione. Se la borghesia è scossa dalle convulsioni del suo mondo che muore, i comunisti sono impegnati con il travaglio del nuovo mondo che scalpita per venire alla luce: il socialismo.

Compagni, condivido un pensiero con voi.
Giorni fa [fine giugno – ndr] mi sono imbattuto in un post su Facebook che “celebrava” un’assemblea nazionale di un sindacato di base. Non dico quale perché è ininfluente: sembra siano tutti sulla stessa linea.
Ebbene il testo era “Grande assemblea operaia a Roma. Si cominciano a preparare le lotte che saranno necessarie in autunno contro la guerra, l’economia di guerra e il governo Draghi”.
Mi sono detto che c’è qualcosa che non va.
Mi è arrivata la bolletta dell’energia elettrica: 347 euro. Quella del gas: 272 euro. L’affitto è uguale a prima: caro. La benzina costa quel che costa. Il pane è triplicato. La verdura anche. Carne e pesce non li compravo già prima. Il Po è in secca. è iniziato il razionamento dell’acqua e della corrente. Ho passato una settimana a capire come chiedere i 200 euro di bonus. Quanti sono nelle mie condizioni o anche peggiori? Perché si parla delle lotte che saranno “necessarie in autunno”? (…) Penso che le lotte vadano iniziate ora.

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