La mattina del 9 luglio 2021, i 422 operai della GKN di Campi Bisenzio (FI), proprietà del fondo finanziario inglese Melrose, si sono visti recapitare la lettera di licenziamento collettivo e la comunicazione della chiusura dello stabilimento.
Da subito i lavoratori si sono riversati davanti ai cancelli della fabbrica, forzando l’entrata presidiata dalle guardie e chiamando a raccolta le masse popolari della zona. Da quel 9 luglio sono ancora a presidio della fabbrica insieme ai solidali che hanno supportato la lotta. Da quel 9 luglio gli operai GKN sono diventati un punto di riferimento per un’ampia fetta delle masse popolari del paese.
Di fabbriche chiuse da un giorno all’altro ce ne sono a centinaia, ma quello che ha reso diversa la vicenda GKN è l’organizzazione che i lavoratori si sono dati per condurre la battaglia e l’averla concepita fin da subito come una lotta politica e non puramente rivendicativa. Già da anni dentro la GKN esisteva un Collettivo di Fabbrica, un organismo intersindacale di controllo e organizzazione dei lavoratori, nato sul modello dei Consigli di Fabbrica degli anni Settanta, usato per condurre battaglie dentro l’azienda e costruire un fronte di solidarietà di classe sul territorio.
Ed è proprio in virtù del CdF GKN che gli operai hanno potuto costruire un’assemblea permanente in fabbrica, contare sulle forze di tutte le masse popolari della piana fiorentina (e non solo) per proteggere lo stabilimento da attacchi esterni facendo delle turnazioni di guardia e mantenere il presidio vivo e attivo. La fabbrica è stata vista dal primo giorno come un bene di tutti, del territorio, e come tale è stata trattata: è diventata un vero e proprio luogo di aggregazione per le masse popolari, di discussione, confronto e formazione collettiva, controllata e tenuta in piedi anche meglio di come aveva fatto la dirigenza GKN fino a quando non si è dileguata.
“Voi ci chiedete come stiamo, ma noi lo chiediamo a voi: come state?” dicono spesso gli operai, partendo dalla consapevolezza che la chiusura della GKN è solo una delle manifestazioni della crisi di un sistema marcio fin dalle fondamenta che va cambiato e per farlo ognuno deve mobilitarsi nel suo ambito a partire dalla sua lotta particolare. E infatti la lotta del Collettivo è uscita dai cancelli dell’azienda con la parola d’ordine “Insorgiamo”, che gli operai hanno ripreso della Resistenza fiorentina.
In questo anno lavoratori GKN e solidali hanno girato l’Italia da un capo all’altro, allargando la rete della solidarietà, approfondendo o instaurando relazioni con altre aziende in tutta Italia, con gruppi di studenti, con i movimenti ambientalisti e contro la guerra, con i centri sociali e con esponenti della società civile e della classe politica del paese. Il Collettivo ha saputo tenere insieme in modo dialettico il fronte interno e il fronte esterno, la difesa della fabbrica e il lavoro per costruire nuovi rapporti di forza nella società. Per rispedire al padrone i suoi attacchi, i lavoratori hanno utilizzato tutti i mezzi a loro disposizione: hanno fatto leva sul sindacato; hanno interloquito con le istituzioni, ma hanno anche fatto irruzione nelle loro sedi; hanno studiato un progetto alternativo per far ripartire la produzione insieme ai dottorandi del S. Anna di Pisa (il Polo della Mobilità Sostenibile); hanno valorizzato il gruppo dei Giuristi Democratici per scrivere una legge anti-delocalizzazioni e alcuni parlamentari per presentarla; e soprattutto hanno sempre tenuto al centro della loro azione l’orientamento di classe e la mobilitazione popolare.
Gli operai GKN si sono nei fatti messi alla testa del movimento delle masse popolari del nostro paese, sostenendo le mobilitazioni delle organizzazioni operaie e popolari che già esistevano e infondendo fiducia in chi ancora non si mobilitava, arrivando oggi alla convergenza di un fronte di forze che un anno fa non esisteva.
È anche per questo che la classe dominante non ha potuto attaccare la GKN frontalmente con la repressione, ad esempio sgomberando la fabbrica con la forza: un intero territorio sarebbe insorto insieme agli operai! Ha quindi optato per un’altra tattica, quella del logoramento. Con una serie di manovre è riuscita a far sfilare Melrose dalla faccenda, imponendo un nuovo padrone che ha rilevato la fabbrica, Francesco Borgomeo, legato a Renzi e ai gesuiti. Borgomeo, a suon di rinnovi di cassa integrazione, sta cercando di logorare il presidio per far sgonfiare la lotta e la mobilitazione.
Oggi gli operai devono partire da questa consapevolezza per sviluppare la lotta in modo diverso, a un livello superiore. Se questo anno l’elemento principale è stato quello della resistenza e della chiamata a raccolta delle masse popolari, adesso è necessario un ulteriore sviluppo. Con l’assemblea nazionale del 15 maggio (vedi “15 maggio, Assemblea nazionale promossa dagli operai GKN” sul numero 6/2022 di Resistenza), il Collettivo di Fabbrica ha costruito un importante momento di confronto tra le forze organizzate delle masse popolari, la nuova classe dirigente del paese. Ecco, adesso questa nuova classe dirigente deve essere mobilitata a fare un passo in più, a prendere in mano il potere politico del paese.
Il Collettivo, grazie alle posizioni che ha conquistato, può dare un contributo importante allo sviluppo di questo processo. Nella pratica ha assunto un ruolo che ora deve far valere più consapevolmente, sia per imporre la riapertura della fabbrica, tuttora in gioco, sia per sviluppare il movimento più generale di opposizione ai governi delle Larghe Intese.
La linea di sviluppo che gli operai stanno iniziando a praticare in questo senso è quella dell’unione con altre organizzazioni operaie e popolari sul tema del carovita e del contrasto alla guerra. Questa mobilitazione, che sta a noi comunisti sostenere e spingere in avanti, contribuisce a costruire quel fronte contro le Larghe Intese indispensabile per cacciare il governo Draghi e sostituirlo con un governo di emergenza delle masse popolari organizzate.
Perché, come hanno detto spesso anche gli operai, “quelli della GKN” non sono più bravi degli altri: sono lavoratori come tanti, con i loro pregi, i loro difetti e le loro contraddizioni, ma che si sono dati via via i mezzi per combattere e puntare a vincere. Questo deve infondere fiducia nel fatto che il loro esempio può e deve essere esteso e moltiplicato.