Ogni estate la crisi climatica presenta il conto e tutti gli anni è più salato. La crisi idrica che sta colpendo il nord Italia, l’inquinamento delle acque, la desertificazione di vaste aree del paese, il rischio di incendi, il consumo di suolo, sono tutti fattori di una catastrofe annunciata.
La causa diretta della devastazione dell’ambiente e del cambiamento climatico mondiale in atto da decenni sono le attività umane inquinanti. Da più di trent’anni numerosi scienziati mettono in guardia governi e opinione pubblica dal disastro incombente. Nonostante questo, poco o nulla si è fatto per invertire la rotta e il saccheggio del pianeta è continuato e si è aggravato. Com’è possibile?
La crisi ambientale è figlia del sistema capitalista che l’ha generata, aggravata, nascosta e che ora ci specula sopra.
Il problema è che, nonostante tutti i proclami dei governi e le belle frasi degli amministratori delegati, nella nostra società comanda il dio denaro: l’unica vera legge è quella del profitto, di fronte alla quale non c’è accordo o regolamento che tenga. E le aziende fanno tanti più profitti quanto più estraggono, trivellano, abbattono e saccheggiano per produrre e vendere merci che dopo poco devono essere aggiornate, integrate, sostituite, smaltite, interrate e bruciate. Profitti che sono investiti in nuove speculazioni o sperperati in lusso e beni inutili. Un’attività frenetica e senza fine che devasta il pianeta e prostra i lavoratori.
Finché il sistema economico sarà dominato da multinazionali capaci di fare e disfare i governi e il cui unico scopo è intascare dividendi sempre più alti (e fino a che accanto a queste ci sarà un mare di piccole aziende che non hanno le risorse necessarie a implementare tecnologie di contrasto all’inquinamento), non sarà possibile fare fronte efficacemente alla crisi ambientale.
Per farlo serve che il potere non sia più in mano alle multinazionali, ma alle masse popolari organizzate, il cui interesse non è il profitto, ma migliorare le condizioni individuali e collettive di vita e di lavoro. Serve che le aziende siano gestite pubblicamente, secondo un piano democraticamente deciso e volto a produrre tutto e solo ciò che serve a garantire a ogni essere umano una vita dignitosa. Solo con una gestione pianificata dell’economia che risponde agli interessi delle masse popolari sarà possibile attuare quel piano vasto e organico di interventi necessario a fare fronte alla crisi climatica. Serve che ogni cittadino/lavoratore sia coinvolto in prima persona e responsabilizzato nella realizzazione di questo piano e nella gestione della società in generale: solo così si potrà avviare quella trasformazione di massa dei comportamenti collettivi e anche individuali necessaria a impostare un rapporto nuovo tra la società umana e l’ambiente naturale. Serve il socialismo.
Instaurare il socialismo è possibile, necessario e urgente.
Possibile perché esistono già nel capitalismo le premesse per costruire un’economia pianificata diretta dai lavoratori organizzati.
Necessario perché la società capitalista pone problemi che solo con il socialismo possono essere risolti.
Urgente perché questi problemi mettono a rischio la stessa sopravvivenza del genere umano: gli scienziati sostengono che ci restano 10 anni per evitare gli effetti più gravi del cambiamento climatico e una crisi quale l’umanità non ha mai vissuto, 10 anni per evitare di trasformare la terra in un pianeta ostile alla vita umana (vedi l’articolo “La fisica non mente. Ci restano 10 anni” del climatologo Luca Mercalli sul Il Fatto Quotidiano del 16/6/2022).
Per mettere il discorso con i piedi per terra, bisogna però avere chiaro che ogni prospettiva di cambiamento sociale deve partire dalla mobilitazione della classe operaia, che con il proprio lavoro già oggi manda avanti il paese e il mondo intero e può quindi dirigerli al posto dei capitalisti.
Certo il capitalismo per sua natura alimenta la contraddizione tra la questione ambientale e quella del lavoro. Sono infiniti gli esempi che si possono fare: l’introduzione di vincoli ambientali che ha portato un’infinità di aziende a delocalizzare in paesi dove questi sono minori o inesistenti; i posti di lavoro che si perderebbero bloccando la realizzazione delle grandi opere inutili e dannose, come il TAV, che devastano e inquinano il territorio; le migliaia di posti di lavoro che già si prevede salteranno con la transizione dai veicoli a benzina a quelli elettrici. Il caso più noto ed esemplificativo nel nostro paese è sicuramente quello dell’ex ILVA di Taranto: nonostante tutte le sentenze che certificano i livelli di inquinamento inaccettabili e il sequestro degli impianti, l’azienda continua ad avvelenare la città salentina, perché ammodernare la struttura non è vantaggioso economicamente e l’alternativa sarebbe la chiusura e il licenziamento di migliaia di operai.
Questa contraddizione apre la porta alla guerra tra poveri. Si è visto ad esempio con le manifestazioni degli attivisti che nelle ultime settimane di giugno hanno bloccato in più occasioni le tangenziali di Milano e Roma nell’ora di punta, arrivando allo scontro con gli automobilisti in coda per andare a lavorare.
Spetta ai comunisti unire ciò che il capitalismo divide, perché instaurare il socialismo è l’unica vera soluzione alla crisi ambientale e a quella economica. Non significa però che dobbiamo rinviare la soluzione di ogni problema al socialismo. Vuole dire che in ogni occasione in cui questa contraddizione si presenta, dobbiamo elaborare soluzioni concrete che vanno nella direzione di conciliare lavoro e ambiente a scapito della logica del profitto (che la classe dominante presenta invece come una legge naturale e inviolabile). Significa che dobbiamo mobilitarci per imporre queste soluzioni con pratiche di lotta tese ad unire le masse popolari contro la classe dominante e i suoi governi. Significa, in definitiva, far confluire anche la lotta in difesa dell’ambiente nella lotta più generale per cacciare il governo Draghi e imporre un governo di emergenza popolare.
I borghesi devastano il mondo e danno la colpa a noi
Per cercare di deviare la lotta in difesa dell’ambiente verso obiettivi sterili, che non mettono in discussione il sistema capitalista, la propaganda borghese dirotta l’attenzione dell’opinione pubblica sui comportamenti individuali. L’ambiente si salva se ognuno risparmia acqua, spegne la luce, non butta in terra cartacce, ricicla i rifiuti e così via. Ma questa è solo utile propaganda.
L’inquinamento è prodotto in massima parte dalle aziende, dal trasporto di merci, dal trattamento e scarico dei rifiuti, dai sistemi di riscaldamento, e così via, tutte cose che hanno a che fare con il modello di sviluppo economico capitalista, non con i comportamenti individuali. Basti pensare che nel 2015 la sola industria tessile mondiale ha consumato 79 miliardi di metri cubi di acqua e che nel nostro paese ogni anno 3,5 miliardi di metri cubi d’acqua vanno persi per la malagestione della rete idrica. A fronte di numeri come questi, che senso hanno le ricette per risparmiare acqua lavandosi una volta ogni tre giorni che i giornali di regime spacciano come soluzioni al problema della crisi idrica, se non distrarre dal vero problema?
Inoltre non è possibile ottenere una trasformazione di massa dei comportamenti se non cambia la gestione dell’intera società. In una società imperniata sul dominio delle multinazionali che inquinano e devastano il mondo, fondata sull’individualismo, l’indifferenza, la lotta di tutti contro tutti, è realistico pensare che l’intera popolazione possa assumere un comportamento responsabile rispetto all’ambiente?
Del tipo “Non ci resta che piangere”
I giornali danno notizia che nelle ultime settimane di giugno, a fronte della crisi idrica, l’arcivescovo di Milano sarà impegnato in un tour di preghiere per la pioggia. Varie testate riportano addirittura come subito dopo aver annunciato il tour, miracolosamente a Milano la pioggia, tanto attesa, è finalmente arrivata. Queste sono le soluzioni della classe dominante! Se la situazione non fosse grave ci sarebbe da ridere. Non è difficile capire che, le masse popolari organizzate possono gestire il paese mille volte meglio di quanto fanno ora questi cialtroni che ci portano alla rovina.