Libertà d’informazione: un cappio intorno al collo del governo Draghi

La propaganda di guerra in atto nel nostro paese dall’inizio del conflitto promosso dalla NATO contro la Federazione Russa ha smascherato il vero volto del sistema di informazione corrente e che la classe dominante prova goffamente a difendere dietro al paravento della libertà di espressione e del pluralismo. Cerca di veicolare il pensiero delle masse popolari attaccando e umiliando chiunque, invitato nei salotti televisivi ma non solo, esprime dubbi e porta una chiave di lettura diversa sulla natura del conflitto, contrapposta a quella di regime.

L’ultima trovata è stata la nuova lista di proscrizione “dei putiniani d’Italia” pubblicata dal Corriere della Sera lo scorso 5 giugno. Si tratta di un elenco di nomi, cognomi e fotografie di decine tra politici e giornalisti in prima linea nel ricercare e divulgare la verità su fatti e avvenimenti che il sistema d’informazione di regime contribuisce a stravolgere . Personaggi ritenuti una minaccia per il sistema di informazione borghese perché con i loro documentari e le inchieste, con la partecipazione a iniziative per una vera libertà di stampa e di espressione e le presentazioni di libri potrebbero influenzare il dibattito nei Paesi occidentali con propaganda, disinformazione e fake news.

Intossicare le menti delle masse popolari mistificando la realtà reprimendo chi esprime il dissenso è ciò di cui la classe dominante, rappresentata in questa fase dal governo Draghi, ha bisogno per mantenere il dominio sulla società.

I tentativi di censura verso la contro-informazione sulla propaganda di guerra sono una manifestazione di questa necessità, come lo sono i tentativi della classe dominante di minimizzare le decine di emergenze che negli ultimi due anni si sono aggravate e pesano sulla testa delle masse popolari, come quella del lavoro.

Per l’informazione di regime infatti le morti nei cantieri non sono il risultato della mancata attuazione di misure di sicurezza adeguate e scarsa, se non assente, manutenzione degli impianti, sono mere fatalità, spiacevoli incidenti. Le decine di posti di lavoro andati persi o a rischio a causa dello smantellamento dell’apparato produttivo del paese e dei giochi speculativi delle multinazionali, vengono presentati come sacrifici necessari per far fronte al carovita causato dall’intervento del nostro paese nella guerra in Ucraina. I sindacalisti o i lavoratori più combattivi che denunciano condizioni di lavoro tutt’altro che dignitose e salari da fame vengono repressi e licenziati ma, su questo l’informazione di regime spesso tace.

Oggi è sempre più all’ordine del giorno per le masse popolari e i lavoratori la necessità di un’informazione aderente alla realtà e una analisi che rispecchi i loro interessi. È questo il motivo per cui i giornalisti, i politici, gli intellettuali, i professori a cui la classe dominante cerca di tappare la bocca per continuare a fare indisturbata profitti sulla guerra, devono continuare a mettere le loro competenze al servizio della classe operaia e del resto delle masse popolari.

Giorgio Bianchi, Alberto Fazolo, Alessandro Orsini, Maurizio Vezzosi, Sara Reginella, Manlio Dinucci e tutti gli altri “non allineati” citati dal Corriere della Sera hanno assunto un ruolo importante perché hanno il coraggio e l’onestà intellettuale di sfidare le autorità del governo Draghi e della NATO e dire la verità sulla guerra in corso.

Come giornalisti, divulgatori, scrittori devono avere l’onere e l’onore di sostenere attivamente quelle battaglie che possono mettere in crisi il governo Draghi, già traballante, per dargli il colpo di grazia, per esempio mettendosi in contatto con le realtà operaie in lotta e documentando le condizioni di lavoro delle aziende rimaste ancora aperte, oppure realizzando inchieste per smascherare le speculazioni che ci sono dietro a chiusure e delocalizzazioni.

Anche gli operai e i lavoratori possono assumere un ruolo in questo processo entrando in contatto con loro e indicandogli, anche in forma anonima, le situazioni sulle quali indagare per alimentare l’organizzazione e la lotta di classe in corso.

Cacciare Draghi vuol dire colpire la NATO e la sua politica guerrafondaia. Vuol dire alimentare il processo di organizzazione dal basso, di lavoratori e comitati contro la guerra, che devono esprimere un proprio governo d’emergenza. Questo processo ha bisogno di autorevoli e affermati giornalisti, scrittori, intellettuali che con il proprio lavoro operino a sostegno dei processi di lotta e organizzazione.

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