Luigi De Magistris: “al referendum del 12 giugno non andare a votare”

Il 12 giugno in tutta Italia si vota il referendum sulla giustizia. Per questo referendum il P.CARC ha già dato indicazione ai lavoratori e alle masse popolari di astenersi dal voto sui referendum del 12 giugno. Oltre a invitare alla lettura del comunicato in cui vengono date tali indicazioni, rilanciamo l’intervista realizzata a Luigi De Magistris. Le parole dell’ex sindaco di Napoli sono importanti perché forniscono alcuni elementi circa il funzionamento della giustizia nel nostro paese e la necessità di mobilitarsi e organizzarsi contro il governo Draghi e quello che definisce un “golpe istituzionale” in corso nel nostro paese.

Buona lettura!

***

Luigi de Magistris, il 12 giugno si votano 5 quesiti referendari sulla giustizia, una materia a te propria. Prima di entrare nel vivo delle domande sulla materia referendaria, la questione che ci preme sottolineare è che da decenni la materia della giustizia è oggetto di una feroce battaglia, da Berlusconi alla Cartabia, dalla Severino a Bonafede. Secondo te qual è il vero oggetto del contendere di questo scontro politico tra i due poli delle Larghe Intese?

Che la giustizia necessiti di una riforma affinché possa essere più giusta, e che quindi si possa attuare il principio dell’eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, di un processo giusto, rapido, con garanzie paritarie fra accusa e difesa, così come una riforma della custodia cautelare pure è condivisibile.

Purtroppo ancora una volta è evidente che sia la riforma Cartabia, che è passata in un ramo del parlamento, sia i quesiti referendari, che l’obiettivo della maggioranza della classe politica, e quindi del potere politico, non è affatto quello di realizzare una giustizia più giusta, equa, efficace ed efficiente nei confronti dei cittadini. Gli obiettivi sono quelli di non intaccare il rapporto opaco e perverso fra pezzi di magistratura e politica da una parte, e dall’altro con un elemento vendicativo verso quella parte di magistratura che, comunque, continua ad osare in autonomia e a fare anche indagini sgradite al potere.

Dico questo perché la riforma Cartabia ci consegna un magistrato più burocratico, più attento alle statistiche, a non essere sgradito al capo, insomma pieno di preoccupazioni e quindi non un magistrato autonomo e indipendente. Dall’altro lato i referendum credo abbiano l’obiettivo, da parte dei promotori, di andare a ridimensionare ulteriormente l’autonomia e indipendenza della magistratura. Lo fanno utilizzando, però, dei temi che sono importanti, perché la custodia cautelare è importante, la distinzione delle funzioni è importante, la riforma del CSM è importante ma che non si potranno mai risolvere né per come sono stati formulati i quesiti referendari né con le proposte che vengono fatte.

La riforma del CSM per ridurre il peso delle correnti, ad esempio, è necessaria, ma come vogliamo arrivare a ridurre il peso delle correnti? Che legge elettorale vogliamo adottare? Qual è la proposta? La sensazione è che i proponenti da una parte e il legislatore dall’altra stanno prefigurando un piano che non va verso nella direzione di rendere la magistratura più protetta rispetto al sistema delle correnti.

Il tema della custodia cautelare è anche questo un tema serio e caro ai garantisti veri. Lo è meno per i garantisti del potere, qui giustizialisti forcaioli che quando vengono arrestati gli immigrati, il piccolo spacciatore di droga, il ladro di polli gridano alle manette e di buttare la chiave, quando viene toccato qualcuno del potere diventano “garantisti”. Io, per la verità, penso di essere stato sempre garantista, sia quando facevo il magistrato sia adesso. Lo sono nel senso che in un paese democratico la custodia cautelare va essere usata il meno possibile, perché si è innocenti fino a sentenza passata in giudicato e ritenuta definitiva, come dice l’art.27.

Dovremmo costruire una riforma in cui i processi durano meno, la garanzia di parità tra accusa e difesa sia garantita, la custodia cautelare un’estrema ratio e in cui se uno viene condannato va in galera. Quindi perché è pericoloso questo quesito referendario? Perché non interveniamo sul processo giusto, rapido, sulla certezza della pena e del diritto e la tutela non solo degli indagati ma anche delle vittime. Andiamo quasi ad eliminare la custodia cautelare anche per reati gravi con il rischio di persone socialmente pericolose, per reati gravi, possano circolare liberamente.

Come leggi questa proposta rispetto alla battaglia politica che è in corso nel paese? Con questi quesiti dove si vuole andare ad a parare? Qual è il quadro politico dietro questa riforma?

Il quadro politico, secondo me, è quello essenzialmente di utilizzare la perdita di credibilità, purtroppo oggettivo in questo momento (vedi caso Palamara soprattutto), per approfittare di questa diminuita fiducia dei cittadini hanno nella magistratura. Non stiamo sull’onda di Mani Pulite, Falcone e Borsellino. La gente è più distante anche per altri problemi, quindi l’intento è andare a colpire nuovamente l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, non di colpire gli aspetti opachi e che non vanno della magistratura ma andando a colpire la parte sana nuovamente.

Si va nella direzione in cui forze politiche si vanno a creare uno scudo di protezione dal controllo della magistratura. Salvini e il centrodestra mi sembrano in prima linea in questa battaglia. Il centrosinistra non ha fatto diversamente nei confronti della magistratura. Certe volte è anche un tema di modalità, di forme e di come ci si approccia per andare a cercare di fermare, ostacolare la magistratura. Dico questo perché se uniamo Cartabia e referendum, perdita di credibilità della magistratura che perde un po’ la spinta ideale, il caso Palamara come punta dell’iceberg di una magistratura indifendibile (correntocrazia, spartizione di poteri, magistrati indagati per fatti gravi) vediamo come sia siano formate le condizioni ideali per sferrare un colpo al principio costituzionale di autonomia e indipendenza della magistratura attraverso una legge ordinaria.

Quindi questi quesiti referendari si inseriscono nello stravolgimento di quella che è la materia della giustizia, ma anche dei principi costituzionali che sanciscono la separazione dei poteri e la funzione stessa della giustizia?

È da anni che il potere politico, diciamo in modo più aggressivo, dal piano di rinascita di Licio Gelli in poi, dall’inizio degli anni 80’, un po’ a ondate, sempre in maniera costante, ma con picchi e fiammate notevoli, ha cercato, non riuscendo a modificare l’assetto istituzionale perché troppo forte, troppo alto, troppo serio. È difficile fare una legge costituzionale che dice togliamo l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Lo schema, lo stratagemma, è quello di svuotare progressivamente con accerchiamenti vari, con leggi varie e manovre fatte sia di leggi ordinarie che intervento sui principi costituzionali.

Autonomia e indipendenza della magistratura, separazione dei poteri, indipendenza del pubblico ministero, autonomia e uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, si stanno un po’ alla volta, sempre più corrodendo. La magistratura in parte ci ha messo un po’ anche del suo e lo dobbiamo dire, perché quelle vicende opache hanno reso meno forte la magistratura. Una volta di fronte ad attacchi di questo tipo, la magistratura riusciva ad avere un consenso più forte nell’opinione pubblica, adesso questo non si registra. Questo è dovuto al fatto che Draghi e i suoi cercano di fare le cose in maniera tale che è difficile far capire alla gente fino in fondo la posta in gioco.

A chi si oppone loro dicono: ma perché voi siete contrari al fatto che ci sia il controllo di valutazione e della professionalità? Posta così è chiaro che chiunque non può dirsi contrario. Il punto però è chi lo fa questo controllo? È un controllo che serve a vedere veramente il merito, la capacità, la professionalità, la formazione, l’autonomia, l’indipendenza oppure serve semplicemente a creare dei criteri in cui decidi come un magistrato venga valutato e creare dei polli da batteria graditi al potere? È questa la cosa difficile da spiegare al cittadino.

L’uso che si fa o non si fa delle leggi anche per quanto anche riguarda l’attività parlamentare, non è, a tuo avviso, un parallelo di quello che si cerca di fare alla giustizia con questo referendum? In sostanza oggi il parlamento, così come il governo sono organi vuoti composti da passacarte e ratificatori di decisioni prese altrove. Non è anche questa un’aperta violazione delle normative dei padri costituenti?

Su questo vorrei riagganciarmi a quello che dicevo prima riguardo al piano di rinascita democratica di Licio Gelli, perché sulla base dei punti principali di questo piano eversivo, quello della massoneria deviata, si andò a costituire la commissione bicamerale presidiata da Tina Anselmi. Nei punti del piano c’erano lo svuotamento della centralità della repubblica parlamentare, il parlamento doveva essere svuotato della sua forza democratica, la magistratura non doveva più dare fastidio, la stampa non doveva essere libera. Ma se noi guardiamo lo scenario di adesso nel parlamento, soprattutto col governo Draghi, praticamente non c’è quasi più opposizione salvo singoli parlamentari che rappresentano un diritto di tribuna, una voce, ma non hanno nessuna possibilità di incidere nemmeno in un’interrogazione parlamentare. Non solo le leggi non vengono nemmeno discusse, la maggior parte di quelle discusse sono fiducie su decreti legge nel silenzio del Presidente della Repubblica.

Abbiamo lo svuotamento di quello che è lo spirito della costituzione repubblicana nata dalla resistenza al nazifascismo che era la repubblica parlamentare. Abbiamo i difetti della repubblica presidenziale, ma senza che il premier sia scelto del popolo. Ci stiamo quindi avviando a un presidenzialismo di fatto senza legittimazione popolare e nello stesso tempo abbiamo lo svuotamento della costituzione che mette il Parlamento al centro. Poi abbiamo una magistratura che è sotto attacco e quindi quello che è il principale contrappeso rispetto agli altri poteri. L’altro contrappeso è la stampa ed è fuori ogni dubbio che dagli inizi anni 80 anche questa è sotto attacco. A partire da quegli anni l’etere – che dovrebbe essere un bene comune, perché l’approvvigionamento delle linee di comunicazione dovrebbe essere un bene di tutti – è invece diventato un bene di alcuni con la legge Mammì. Poi via via il controllo dell’informazione si è fatto più forte. Qualcuno può dire che oggi ci sono un sacco di televisioni, ma non è veramente così. Bisogna capire chi sono i proprietari, qual è la linea editoriale. Oggi anche il pluralismo, l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione sono sotto attacco così come sta accadendo per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

D’altronde, dal basso, si stanno pure moltiplicando le iniziative contro la censura, per la libertà di espressione…

Esatto, quindi di fronte a questo scenario, che è oggettivamente eversivo – ed eversivo non significa che c’è necessariamente il carro armato, l’eversione si può evolvere in varie forme, oggi è un’eversione fatta con le armi istituzionali – è come se ci fosse un tritolo istituzionale che sta corrodendo la democrazia. In questo momento l’unico antidoto forte è quello di costruire una sensibilizzazione popolare e di massa, cioè far capire alla maggioranza della popolazione che “la sovranità appartiene al popolo ed è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 della Costituzione).

Questo significa che la gente quando il momento comincia ad essere critico, non si può far schiacciare da questo disegno eversivo ma deve cominciare a prendere parola e a mobilitarsi prima che sia troppo tardi.

Aggiungo, inoltre, che lo stato di eccezione, apparentemente temporaneo, della pandemia e della guerra, può produrre uno stato di eccezione permanente con poteri speciali che ancora di più vanno a mettere in campo una torsione autoritaria, una criminalizzazione del dissenso e uno svuotamento delle garanzie costituzionali.

Assolutamente. Senti Luigi puoi brevemente illustrare i quesiti referendari con una tua riflessione su ciascuno dei cambiamenti che questi vogliono apportare?

Si cominciamo rapidamente. Ripeto, io critico soprattutto lo spirito. Utilizzare il referendum con questi quesiti tecnici è un errore. Il referendum è uno strumento democratico da difendere, importantissimo e a cui io do grande importanza. Però se parliamo di nucleare, acqua, droghe, divorzio, aborto, eutanasia, ma se tu vai a fare un quesito che anche un giurista ha difficoltà a comprendere stai praticamente facendo un’operazione che nulla ha a che fare con il referendum.

Un quesito è quello della distinzione delle funzioni, per esempio, quello è un quesito che non puoi risolvere con la materia referendaria, ci vuole una legge. Tant’è vero che la legge Cartabia, approvata in un ramo del parlamento, prevede la distinzione delle funzioni. La distinzione delle funzioni ha persone contrarie e favorevoli. Significa che bisogna creare dei percorsi di carriera alternativa tra pubblici ministeri e giudici. Di per sé può essere una cosa per certi versi positiva, secondo altri è invece negativa perché bisogna avere una cultura della giurisdizione unitaria, in modo che il PM non vada troppo nell’orbita della polizia ma mantenga la forma mentis del giudice. Ma quello che è pericoloso è che questo smantellamento dell’unicità della giurisdizione possa poi portare a far passare il pubblico ministero sotto il controllo del governo, perché il disegno che ha in testa la politica è quello di portare il pubblico ministero sotto l’orbita del potere esecutivo. A quel punto è finita anche l’indipendenza, non solo del PM, anche del giudice, perché il PM non porterà mai determinati processi davanti al giudice. Se deve processare un ministro come lo processa se dipende dal governo? Se deve processare la borghesia mafiosa che sta dentro al governo, come la porta? Cioè non ci sarebbe mai stato il processo sulla trattativa stato-mafia e quanto altro.

Poi c’è quello sulla custodia cautelare. Te l’ho già detto prima. Non puoi cancellare di fatto la custodia cautelare come fa questa norma. La stessa legge Severino è una legge che va cambiata. Io sono stato vittima di quella legge scritta male e fatta male, ma anche in questo caso non puoi cancellarla e basta, perché per alcuni casi è giusto che ci sia l’incandidabilità di chi ha una condanna definitiva, o per esempio una condanna in primo grado per reati particolarmente gravi.

Mentre invece qua vai con l’accetta e rischi di produrre un danno ancora maggiore di quello che è la legge attuale. Il CSM va riformato con leggi ordinarie, non puoi farlo col referendum, devi creare una legge in cui la magistratura mantenga la sua capacità di autogoverno, anzi che sia più effettiva rispetto a come lo è adesso e quindi intervenire con una riforma che tolga il peso alle correnti, che sia argine anche a un rapporto sempre più opaco di commistioni tra magistratura e potere politico. 

Insomma questo referendum sembra essere più un’operazione propagandistica rispetto alla giustizia? Di sostanza in termini di trasformazione non c’è nulla di reale rispetto al processo messo in corso?

Sicuramente il referendum ha, come abbiamo detto, questo intento. Da parte di alcuni che lo hanno proposto, punitivo, vendicativo, teso a ridurre l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Però io, devo dire, mi auguro, non venga raggiunto il quorum, perché se invece dovessero vincere i sì, il giorno dopo, se non interviene subito il Parlamento, c’è il rischio effettivo di una situazione che può diventare fuori controllo. Questo in particolare per certi aspetti nei confronti delle attività investigative nei confronti di alcuni settori criminali o piuttosto della stessa tenuta ordinamentale della magistratura.

C’è quindi un altro tema. Chi è d’accordo può votare sì e va bene, quelli che invece non sono d’accordo sono immersi nel solito dibattito votare NO o non andare a votare? Rispetto a questo voglio fare una premessa in cui credo veramente. Non è facile dire di non andare a votare perché l’istituto referendario è un istituto importante che ha una grande valenza e dignità. In questo caso i promotori di quesiti come questi sono quelli che di fatto lo rispettano molto poco il referendum, perché lo sanno perfettamente che ne stanno abusando per questioni tecniche. Per questo dico che oggi anche votare NO equivarrebbe a votare SÌ, perché alza il quorum. Dato che oggi i SÌ vincono solo se raggiungono il 50% più uno, per non far vincere il SÌ bisogna non andare a votare.

Io, personalmente, non andrò a votare. Anche per difendere i referendum fatti negli ultimi anni. Vanno difesi quelli sull’acqua pubblica, sul nucleare, sul divorzio, sull’aborto e quelli su tematiche per cui è giusto interpellare il popolo come droghe, caccia, eutanasia, ecc. Questi sono i temi in cui devi chiamare il popolo, per il resto c’è il parlamento. Su altre tematiche si possono fare leggi di iniziativa popolare, che è un’altra roba, ma non il referendum su quesiti tecnici. I proponenti stanno tradendo lo spirito del referendum.

Quindi è una cosa principalmente propagandistica fare una consultazione su una cosa su cui poco valore la consultazione?

Ma quello che dici sulla propaganda è vero, siccome loro hanno la riforma Cartabia da una parte, per creare un clima di isolamento e screditamento della magistratura serve un’istanza referendaria. Cioè serve per poter andare in televisione e sentire Berlusconi, Salvini e altri che vanno giù pesante nei confronti della magistratura. Quindi sì è uno strumento di propaganda. Il referendum in questo momento serve come mezzo di propaganda per bombardare un’istituzione che sta già in difficoltà, che è sotto attacco su una riforma in gran parte non condivisibile, tanto è vero che i magistrati hanno anche scioperato. Approfittano dell’attuale debolezza della magistratura che ha perso di credibilità e quindi non ha più quella capacità di difesa. Il referendum serve per indebolire il fronte costituzionale.

E questo va a rafforzare la linea di cui si è fatto largamente portatore il governo Draghi, quella di fare forzature continue a qualsiasi tipo di principio democratico contenuto nelle leggi dello stato…

Non solo. Io credo, visto che mi parli di referendum, che è in atto un golpe istituzionale contro la sovranità popolare. Ti cito due esempi.

Innanzitutto il disegno della legge concorrenza su cui Draghi ha chiesto a tutti i ministri della maggioranza di far mettere la fiducia in Parlamento per privatizzare l’acqua, è un golpe perché nel 2011 27 milioni e mezzo di italiani hanno votato contro, e lo dico da Napoli, l’unica città che ha fatto l’acqua pubblica rispettando la sovranità popolare.

Allo stesso modo è un golpe annunciato il modo in cui Draghi dice di voler affrontare la crisi energetica, perché fa populismo di governo, parla alle paure della gente per il gas russo dicendo di voler tornare al nucleare! I veri populisti, quindi, sono questi signori. Proprio loro che chiamano populisti noi perché siamo tra la gente. Loro usano il potere costituito per fare propaganda populista, dicono che siccome adesso abbiamo un problema torniamo al nucleare e facciamo il fossile. Ma sul nucleare la gente si è pronunciata.

Tutto questo è molto grave. Quindi questo è molto grave e bisogna contrastare tutte quelle forze che hanno ceduto al draghismo e che oggi si appellano al referendum per dare un colpo alla magistratura e alla Costituzione.

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