Prologo
Per non essersi allineato alla sottomissione dell’Italia alla NATO nelle manovre militari contro la Federazione Russa, Vito Petrocelli è stato fatto fuori dalla Presidenza della Commissione Esteri del Senato.
“Poco male” – dice qualcuno – “è un putiniano!”. Ma, ammesso che “essere putiniani” abbia un qualche senso oltre a fungere da lettera scarlatta sulla faccia di chi rivendica la sovranità nazionale, la cosa è un pochino più seria.
La sua epurazione conferma, innanzitutto, la sottomissione del paese alla NATO: Draghi e le Larghe Intese non tollerano voci dissonanti.
In secondo luogo, è una forzatura istituzionale, un colpo di mano che non ha precedenti. I caporioni del Senato (dalla Presidente Casellati – quella dei voli di Stato usati per andare in Veneto a trovare la famiglia e in Sardegna per Ferragosto – fino ai capigruppo dei partiti) hanno letteralmente fatto carte false per liquidare Petrocelli.
I fatti
Vito Petrocelli ha subito “un processo politico” in cui accusatori e giudici sedevano sullo stesso banco. Il reato era meramente di opinione e la condanna – l’esclusione dalla Presidenza della Commissione – è stata comminata col ricorso a una delle tante manovre eversive a cui Mattarella, Draghi e la loro cricca ci hanno abituati. Il messaggio è chiarissimo: chi non è affidabile, genuflesso, ossequioso con Draghi, il suo governo, i suoi mandanti e i suoi padroni va a casa. Subito e di corsa. Non ci sono procedure, norme, leggi e Costituzione che tengano.
Pertanto, silurato Petrocelli e sciolta la Commissione Esteri (ad eccezione di Emanuele Dessì, gli altri 19 membri si sono dimessi senza essere sostituiti), il 19 maggio la Commissione (ricostituita) ha eletto un nuovo presidente. Rullo di tamburi: è Stefania Craxi!
No, non è putiniana. O meglio, per anni ha tessuto le lodi a Putin, ma ora è filo atlantista (ah, la coerenza!). È stata condannata due volte dalla Cassazione: prima nel 2015 per uno strascico giudiziario legato alla fastosa eredità politica (ed economica) del padre e poi nel 2021 per evasione fiscale. Ma al di là delle sventure giudiziarie (c’è chi giura sia solo una sfortunata macchia su una tunica immacolata), la questione è politica, in due sensi.
1. L’elezione di Stefania Craxi è uno scossone all’alleanza di governo PD-M5S, perché la Stefania, sostenuta da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva, ha soffiato il posto a Ettore Licheri del M5S.
E ha poco da lamentarsi il M5S che “si tratta di una restaurazione” (come dice Riccardo Ricciardi): è proprio il M5S che ha dato il La all’operazione!
2. Stefania Craxi incarna una particolare specie di animale politico italiano, quella degli eredi degli oligarchi della Prima Repubblica. È gente che ha accumulato ingenti fortune grazie al ruolo che qualche congiunto ha ricoperto ai tempi della “compianta” Prima Repubblica, gente che deve le proprie fortune alla rapina contro le masse popolari condotta nei decenni passati, gente che sta in politica perché per sopravvivere ha bisogno delle relazioni indicibili che aggrovigliano i palazzi del potere alle stanze cardinalizie e al retrobottega che le cosche e le ‘ndrine usano per gli affari di famiglia. Gente che ricatta ed è ricattata e quindi opera in ragione di un giuramento che ha prestato, non sulla Costituzione, ma a qualche padrino della Repubblica Pontificia.
Epilogo
(la morale della storia)
È bastato che Petrocelli sostenesse che la guerra in Ucraina è una manovra della NATO contro la Federazione Russa per far cadere il teatrino della democrazia borghese.
È bastato che rifiutasse di dimettersi per far sguinzagliare i mastini della restaurazione. Che non se ne sono mai andati. Essi vivono, continuano a manovrare nell’ombra e ad assediare il paese, saltano fuori all’occorrenza. In questo caso, anche per mettere in riga gli sprovveduti del M5S che non hanno imparato niente dall’avventura di governo, dall’affossamento del Conte 1 e dal siluramento del Conte 2.