Sciopero generale del 20 maggio: prova generale di un fronte unito

Il 20 maggio si è tenuto lo sciopero generale unitario del sindacalismo di base, contro la guerra e le misure del governo Draghi. Esso ha rappresentato un importante passo avanti nel movimento dei lavoratori, che dobbiamo consolidare e sviluppare.

Le lotte sindacali, oltre alle conquiste immediate che riescono ad ottenere, hanno il fondamentale ruolo di costituire una scuola di comunismo per i lavoratori che vi partecipano: educano, infatti, alla lotta di classe e fanno emergere la forza che conferisce l’organizzazione. Diventano però un tappo allo sviluppo della mobilitazione quando la limitano alle sole rivendicazioni economiche, alimentando tra i lavoratori il meccanismo della delega e della concorrenza tra iscritti alle diverse sigle sindacali.

In questo senso, lo sciopero del 20 maggio è stata un’iniziativa importante per la lotta di classe nel nostro paese, non solo per il segnale che ha dato a governo e padroni, ma soprattutto perché ha rappresentato un passo verso il superamento di questi limiti.

Anzitutto perché è stato uno sciopero unitario del sindacalismo conflittuale, che ha visto anche l’adesione di movimenti politici, partiti, associazione e singoli: un importante segnale di unità d’azione e coordinamento, contro la tendenza a contrapporsi nella gara a chi è più bravo, a chi ha più tessere e militanti, che danneggia unicamente gli interessi della classe operaia.

Poi perché alcuni dei sindacati di base lo hanno effettivamente preparato con assemblee e volantinaggi nelle aziende. Questa è una questione decisiva per la buona riuscita dello sciopero; contrasta la tendenza a lanciare appelli generali per poi maledire le “masse arretrate” che non li raccolgono spontaneamente; mette al centro il protagonismo dei lavoratori e il ruolo dei sindacati nel formarli e mobilitarli.

Infine perché il tema dello sciopero è stato squisitamente politico: si è usciti fuori dalle logiche di rivendicazione meramente economica per andare nella direzione di mettere la classe operaia alla testa della più ampia mobilitazione contro le manovre di guerra del governo Draghi.

Sono passi importanti. I comunisti, e in generale la parte più cosciente, più lungimirante, più decisa dei lavoratori, devono ora mettersi alla testa della lotta per svilupparli e consolidarli. È decisivo per vincere contro il governo e contro i padroni.

Adesso bisogna sviluppare il coordinamento e l’unità nell’azione non solo in vista di scioperi nazionali, ma nell’azione quotidiana, nelle aziende e sui territori, per costruire quella rete capillare di solidarietà, di iniziative e lotte capace di rendere il paese ingovernabile a Draghi.

Adesso occorre sviluppare l’organizzazione e l’unità dei lavoratori, che la borghesia cerca in mille modi e con mille strumenti di dividere, costruendo in ogni azienda organismi che li raccolgono su base di classe, al di là delle tessere sindacali e politiche, sul modello di quanto si faceva nei Consigli di Fabbrica negli anni ‘70 e di quanto hanno fatto, più recentemente, gli operai della GKN. Solo unita e organizzata, la classe operaia può far valere la propria forza: le divisioni giovano solo ai padroni!

Ma ora serve, soprattutto, che la parte più avanzata dei lavoratori faccia propria la parola d’ordine di cacciare il governo Draghi per imporre un governo di emergenza popolare; che si organizzi e si mobiliti attorno a questo obiettivo. Come spieghiamo ampiamente nell’Editoriale e nell’articolo “Cacciare Draghi, adesso!”, è questo l’obiettivo che esprime la sintesi della lotta di classe in corso. “Cacciare Draghi” è la sola via realistica per realizzare le rivendicazioni per cui il 20 maggio migliaia di lavoratori sono scesi in piazza ed è la parola d’ordine che può raccogliere e unire le mille mobilitazioni, che quotidianamente attraversano il paese, in una sola forza capace di cambiarlo.

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