La P38 Gang è un gruppo trap (un’evoluzione del rap) che sta muovendo i primi passi nel panorama musicale italiano. Fino al Primo Maggio era pressoché sconosciuto al grande pubblico, ma dopo l’esibizione al circolo ARCI Tunnel di Reggio Emilia ha conquistato, suo malgrado, le pagine dei principali giornali, servizi nei telegiornali e nei programmi televisivi e i membri del gruppo hanno rimediato una denuncia per “istigazione a delinquere”.
In breve, sono diventati in pochi giorni uno dei vari “pericoli pubblici” del paese.
Già posta in questi termini, la questione si presenta in tutta la sua grottesca pretestuosità: con quale diritto, in nome di quale legge, in base a quale principio una Procura della Repubblica inquisisce un gruppo musicale per i testi delle canzoni e per la scenografia degli spettacoli? Ma c’è di più.
Oltre ai membri del gruppo – e prima di loro – è stato denunciato anche il presidente del circolo Tunnel, Marco Vicini: anche lui accusato di istigazione a delinquere per aver organizzato il concerto e averlo ospitato in uno spazio in cui si fanno concerti.
Posta in questi termini, la questione si mostra più chiaramente per quello che è: non un eccesso di zelo di giudici e questurini, neppure l’ultima trovata di gruppi nostalgici del ventennio fascista (da loro è partita la “denuncia pubblica”) o di giornalisti in cerca di scoop per intossicare l’opinione pubblica. è un’operazione prima di tutto politica. Essa rientra a pieno titolo nelle manovre anticomuniste che accomunano tutte le articolazioni, centrali e periferiche, del sistema politico delle Larghe Intese: dalla risoluzione del Parlamento Europeo che equipara comunismo e nazismo all’anticomunismo militante spacciato come “russofobia” promosso dai neonazisti ucraini, dalla NATO e dalla UE, passando per i divieti di esporre la bandiera rossa o cantare Bella ciao e Fischia il vento il 25 Aprile in vari comuni…
Ma non è ancora tutto, c’è di più. E precisamente c’è che per sostenere la campagna anticomunista, Tribunale, Questura, neofascisti e giornalisti si sono avvinghiati al fatto che i testi della P38 Gang (e la scenografia dei concerti) “inneggiano alle BR”.
Se possiamo saltare a piè pari le argomentazioni elementari che ogni sincero democratico può facilmente formulare per respingere questa idiozia (1. la censura si è sempre avvalsa dello spauracchio che qualcuno potesse rimanere tanto scosso dal testo di una canzone da metterlo in pratica, ma non è mai successo che legioni di adolescenti si dedicassero ai sacrifici umani dopo aver ascoltato un disco degli Slayer; 2. ogni forma d’arte va tutelata; ecc.), è utile invece riflettere sui motivi per cui la classe dominante del nostro paese, nel suo insieme, è terrorizzata dalle BR. È sufficiente evocarle, citarle senza condannarle per far scattare l’allarme, le campagne di criminalizzazione, le intimidazioni, la gogna mediatica. Vediamo.
“Perché tanto livore vendicativo contro le Brigate Rosse da parte della borghesia, delle sue autorità e dei suoi paladini (ne è conferma il clamore per spettacoli come quello della P38 La Gang, i prigionieri e il regime speciale a cui sono ancora oggi sottoposti, le richieste di estradizione degli esuli) e l’ostinato rifiuto anche solo di parlarne e l’animosità anti-BR tra la sinistra borghese e anche tra una parte delle forze soggettive della rivoluzione socialista?
E perché invece tanta ammirazione per le Brigate Rosse tra le masse popolari negli anni in cui le BR furono attive (anni ’70 e ’80) e tra quelli di quell’epoca che sono ancora vivi oggi?
In estrema sintesi, la risposta è che nella storia del Movimento Comunista Cosciente e Organizzato italiano le Brigate Rosse furono l’organismo che per primo pose apertamente la questione della forma che la rivoluzione socialista deve assumere nel nostro paese e in generale nei paesi imperialisti.(…)
Fra le Organizzazioni comuniste combattenti [degli anni Settanta], le Brigate Rosse emersero e si imposero ponendo l’obiettivo di “ricostruire il partito comunista tramite la propaganda armata”. Obiettivo non dovevano essere solo nuove conquiste di civiltà e benessere, ma la conquista del potere e l’instaurazione del socialismo. Applicarono la “linea di massa” uno degli apporti principali del maoismo: unirsi alle masse popolari sostenendo la sinistra e guidandola a conquistare il centro e isolare la destra. Da qui il largo seguito delle BR tra le masse popolari, testimoniato dal loro radicamento nelle fabbriche più importanti da Torino a Marghera (FIAT, Alfa Romeo, Siemens, Pirelli, Petrolchimico, ecc.), ma più ancora dalle misure criminali che la borghesia e i revisionisti moderni, Piero Fassino del PCI di Torino a braccetto con il generale Dalla Chiesa, applicò per contrastarne l’influenza persistente anche dopo la loro sconfitta (la promozione del pentitismo e della dissociazione dalla lotta di classe rientrano in questo genere di misure).
A differenza del Partito Comunista d’Italia (Nuova Unità) le Brigate Rosse iniziarono a fare i conti con gli errori e i limiti che avevano impedito ai partiti comunisti dei paesi imperialisti di condurre alla vittoria la situazione rivoluzionaria generata dalla prima crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale (1900-1945).
La BR non raggiunsero il loro obiettivo non per la forza della borghesia, ma per i limiti della concezione che li guidava e per errori compiuti nella valutazione dei rapporti tra le masse popolari e la borghesia imperialista. (…)
In conseguenza di questi errori, il legame delle BR con le masse smise di crescere e cominciò anzi ad affievolirsi.
Le BR si misero allora a imprecare contro l’arretratezza delle masse e abbandonarono il loro obiettivo dichiarato: invece di ricostruire il partito comunista deviarono nel militarismo, cioè ridussero la loro azione ad attacchi armati a esponenti della classe dominante. (…)
La lotta condotta dalle BR ha mostrato, per la terza volta nella storia del movimento comunista del nostro paese dopo il Biennio Rosso (1919-1920) e la Resistenza (1943-1945), come in un paese imperialista si possono presentare le condizioni per il passaggio dalla prima alla seconda fase della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (cioè dalla difensiva strategica all’equilibrio strategico). La loro lotta ha mostrato anche che la possibilità di sfruttare con successo le condizioni favorevoli dipende strettamente dalla qualità dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie che ha preceduto il loro presentarsi” – tratto e adattato da Avviso ai naviganti 122 del (nuovo)PCI, “Perché tanto livore contro le Brigate Rosse da parte della classe dominante e dei suoi portavoce?” – 23 maggio 2022.