15 maggio, Campi Bisenzio, circa 600 persone provenienti da tutta Italia erano presenti all’assemblea nazionale chiamata dal Collettivo di Fabbrica GKN e dai solidali del gruppo Insorgiamo. Un’assemblea che serviva a dare continuità alla manifestazione di Firenze del 26 marzo, ma anche per iniziare a confrontarsi in maniera più organica con le realtà che in questo momento, per un motivo o per un altro, riconoscono il ruolo che la lotta GKN e il Collettivo di Fabbrica hanno assunto nella mobilitazione delle masse popolari nel nostro paese.
Tantissimi gli interventi, 42 per la precisione, su 92 richieste arrivate da parte di movimenti, associazioni, centri sociali, partiti e sindacati. Una presenza eterogenea quella dell’assemblea, frutto della mobilitazione degli operai GKN e dei solidali iniziata il 9 luglio scorso (quando la fabbrica è stata chiusa) e che, con l’Insorgiamo Tour, ha toccato varie parti d’Italia. Una presenza, sicuramente, indicativa delle enormi potenzialità che la convergenza delle varie lotte e mobilitazioni può esprimere e che incarna a tutti gli effetti quella parte della “nuova classe dirigente” del paese che oggi si confronta sul cambiamento che occorre imprimere dal basso.
Gli interventi, pochi quelli “di rappresentanza” o di passerella politica, sono entrati tutti nel merito del documento in dieci punti che il Collettivo di Fabbrica ha posto come base di discussione. Infatti, dopo la manifestazione del 26 marzo e in preparazione dell’assemblea, è stata stesa dagli operai e solidali una bozza di documento di indirizzo politico (vedi la pagina Facebook del Collettivo) che, insieme a elementi di analisi della situazione attuale, entra nel merito della convergenza come metodo di lotta e lancia la parola d’ordine “Fuori dall’emergenza e dentro l’urgenza” di una campagna che colleghi tutte le mobilitazioni delle masse popolari dei mesi a venire.
Il principale aspetto positivo dell’assemblea è che ha avviato un confronto ampio su cosa fare per opporsi alla guerra, allo smantellamento dell’apparato produttivo, alle politiche di lacrime e sangue del governo, all’emergenza climatica. Ha dimostrato che esiste da più parti la volontà di mettere mano direttamente e dal basso ai mille problemi grandi e piccoli che affliggono le masse popolari.
La convergenza come metodo è fondamentale per costruire una rete di organizzazioni, lavoratori, studenti che riconoscono il collegamento tra le lotte e la loro matrice comune.
Detto questo, però, il metodo deve servire a raggiungere un obiettivo.
Gli operai GKN hanno scritto più volte nei loro documenti di essere consapevoli che nessun governo della classe dominante salverà la loro azienda e, anzi, continuerà a chiudere, licenziare, delocalizzare: per questo serve costruire dal basso una nuova classe dirigente.
La nuova classe dirigente deve governare il paese.
Solo un governo emanazione delle masse popolari organizzate, che noi chiamiamo Governo di Blocco Popolare, è in grado di mettere mano ai problemi causati dalla crisi generale del sistema capitalista. Solo un governo deciso a farlo, e che ha interesse a farlo, potrà ripensare la gestione politica, economica, ambientale e sociale dell’intero paese. Oggi il Collettivo di Fabbrica può e deve assumere, consapevolmente, il ruolo di centro promotore di questo processo, della mobilitazione delle masse popolari contro la guerra e i suoi effetti e per cacciare il governo Draghi.
Da qui la contraddizione principale: vedere la necessità del passo, ma non essere risoluti a farlo. Oggi la situazione oggettiva e gli stessi progressi compiuti dal Collettivo grazie alla mobilitazione lo mette nell’ottica di dover – ma soprattutto poter! – fare dei passi avanti ulteriori. Passi che fino a pochi mesi fa non si ponevano come necessari o urgenti, ma che oggi diventano questione dirimente.
Se ieri “bastava” fare sciopero in solidarietà alle altre vertenze, adesso è necessario ragionare e confrontarsi su come mettere mano alla gestione dell’intero apparato produttivo del paese. Se ieri “bastava” chiamare un grande corteo di 40mila persone (come quello del 18 settembre a Firenze), oggi è necessario costruire altri momenti come l’assemblea del 15 maggio per discutere e confrontarsi su come allargare e moltiplicare l’esempio della GKN.
Dalle fabbriche ai territori, dai territori alle fabbriche
Nell’ultimo anno di mobilitazioni i lavoratori della GKN hanno accresciuto la loro autorevolezza tra le masse popolari del territorio e di tutto il paese. Lo hanno fatto con la lotta, partendo dall’assunto che “se sfondano qui, sfondano dappertutto”. Ebbene, i padroni non hanno sfondato e questo ha permesso agli operai di vincere alcune battaglie e di diffondere le parole d’ordine “Insorgere e convergere”. Ma se alcune battaglie sono state vinte, la guerra è appena iniziata e va combattuta fino in fondo.
Il miglior modo di infondere fiducia e aprire una strada per tutte le masse popolari che guardano alla GKN è vincere la lotta per la riapertura della fabbrica. Per questo gli operai devono continuare a rendere partecipi della difesa dell’azienda e dei posti di lavoro tutti i solidali che dal 9 luglio si sono schierati al loro fianco e si sono messi a disposizione della lotta. La fabbrica deve tornare a essere, ad esempio, il luogo delle riunioni del gruppo di supporto, luogo di scambio e incontro per tutti i lavoratori e le masse popolari. È solo così che gli operai possono rispondere efficacemente, colpo su colpo, agli attacchi di Borgomeo (il responsabile della reindustrializzazione dell’azienda) che, con la complicità delle istituzioni, del MISE e del governo, sta cercando di smantellare la fabbrica pezzo dopo pezzo a forza di CIG e accordi e piani non rispettati. Altro che reindustrializzazione!
Gli operai del Collettivo di Fabbrica non devono aver paura di “passare dalla parte del torto” se smascherano apertamente Borgomeo e si oppongono con forza alle sue sporche manovre! Non possono e non possiamo aspettarci nulla da un personaggio messo lì apposta per liquidare la fabbrica e che non sta mantenendo nessuno degli impegni assunti con i sindacati e gli operai!
Sono le masse popolari che decidono cos’è giusto e cos’è sbagliato: quando la GKN ha chiuso, l’intero territorio della piana fiorentina si è schierato, senza se e senza ma, dalla parte dei lavoratori e non certo dei vertici di GKN e Melrose! E torneranno ad appoggiarli se si opporranno con decisione alle manovre dei padroni per chiudere la fabbrica.
“Le lotte nei luoghi di lavoro diventano radicali ed efficaci quando si nutrono della convergenza di tutti i settori lavorativi e di tutto lo spettro dei loro problemi, dagli appalti al precariato, dai settori industriali a quelli della conoscenza, dall’impiego pubblico al privato, dalla questione salariale a quella della salute e del riposo. E la lotta radicale di lavoratrici e lavoratori non può che abbracciare l’intera questione sociale, come il diritto all’istruzione, alla casa, alla salute, alla pensione. E la questione sociale si nutre a sua volta della radicalità della questione ambientale. Giustizia climatica è giustizia sociale. Entrambe si alimentano a loro volta della necessità radicale di rapporti diversi tra le persone, tra generi, e quindi della lotta contro il patriarcato, per i diritti civili, per la salute fisica e mentale e lo sviluppo armonioso di società e individuo. E tutto questo non può che a sua volta alimentare e alimentarsi della radicale opposizione alla guerra, concepita come uno dei fenomeni più totalizzanti e violenti radicati nel sistema stesso” - dal documento di indirizzo per l’assemblea.
Cosa vuol dire fare come alla GKN?
Più volte abbiamo scritto su Resistenza che è necessario che i lavoratori formino “10, 100, 1000 Consigli di Fabbrica come alla GKN”. Ciò non vuol dire replicare esattamente ciò che ha fatto il Collettivo, perché ogni azienda, ogni situazione, ogni territorio è specifico e ha problemi particolari. Ma questo non significa che non si può fare nulla. Dall’esperienza e dalla pratica del Collettivo di Fabbrica dobbiamo prendere i tratti essenziali, comuni alla loro lotta e a tutte le altre. È chiaro che i portuali di Genova non hanno gli stessi problemi della GKN, è chiaro che gli operai della Caterpillar di Jesi non hanno la stessa struttura interna dei lavoratori della TIM, è chiaro che i lavoratori della scuola non hanno la preoccupazione di essere delocalizzati. Il tratto essenziale che però accomuna tutte queste categorie è la necessità di organizzarsi sul proprio posto di lavoro, insieme ai propri colleghi per far fronte ai loro problemi specifici, costruendo un fronte interno di lotta e organizzazione, ma anche guardando a quello che c’è fuori.