Il 12 maggio il fondo Stargate Capital ha presentato la richiesta di concordato preventivo per SICAM e Werther che sul nostro territorio hanno tre stabilimenti (Carpineti, Calerno e Correggio) più uno a Lonigo (VI).
La crisi aziendale coinvolge 200 dipendenti circa: è un ulteriore attacco al tessuto produttivo locale che si inserisce nello smantellamento del settore automotive a livello nazionale, come ben dimostrano il gruppo Stellantis nel suo complesso e la ex GKN di Campi Bisenzio (FI).
All’indomani dello sciopero generale del 20 maggio indetto dal sindacalismo alternativo e di base (che ha visto anche un piccolo ma importante corteo in città – qui l’adesione di una delegata CGIL) è ancora più fondamentale mettere sempre più consapevolmente al centro della nostra lotta e opera la difesa dell’apparato produttivo del paese e del nostro territorio.
La costruzione dell’organizzazione operaia e popolare e la promozione del coordinamento (tra settori, tra sigle, ecc.) sono le chiavi di volta per passare dalla difesa all’attacco, anche perché nessuno si salva da solo!
L’esperienza del Collettivo di Fabbrica della ex GKN lo dimostra in pieno: insorgere anche a Reggio Emilia significa alimentare l’organizzazione in ogni fabbrica, quartiere e ospedale anche a partire dalle chiusure e dalla lotta alla repressione aziendale.
Infatti, è notizia delle ultime ore che per la terza volta in due anni, un lavoratore della HCE di Poviglio è stato sottoposto a procedimento disciplinare per aver svolto attività banali e quotidiane mentre si trovava a casa propria in seguito a un infortunio sul lavoro. I lavoratori hanno promosso un presidio ai cancelli per rigettare questo attacco repressivo e che si costruisca un fronte ampio e solidale tra i vari gruppi operai per insorgere e convergere!
Siamo e saremo al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori SICAM e Werther: chiamiamo i lavoratori, i sinceri democratici e i comunisti a fare altrettanto perché quanto toccano uno, toccano tutti!
Qui di seguito abbiamo raccolto una breve dichiarazione da un’operaia della Werther, nostra compagna.
Buona lettura.
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Ancora una volta, anche sul nostro territorio, due aziende rischiano di andare a gambe all’aria. Ancora una volta la gestione dei padroni si rivela fallimentare.
Dallo scorso mercoledì, quando un inaspettato accredito è piovuto nei conti correnti dei lavoratori di Werther International, una S.p.A. (acquisita quattro anni fa da un fondo finanziario controllato da un altro fondo…) i lavoratori non hanno avuto pace. Poi, venerdì 20 maggio la notizia che da tempo trapelava: l’azienda ha fatto richiesta presso il tribunale di concordato preventivo.
Che cosa significa? Che l’azienda avrà tempo fino a un massimo di 6 mesi per presentare un piano di risanamento al tribunale: in assenza di un piano credibile, o qualora i fornitori lo volessero, per l’azienda sarebbe il fallimento. Quel che è certo è che se lasciamo la “decisione” in mano a loro il nostro futuro non può che peggiorare: per questo il piano di risanamento deve essere vagliato anche da noi operai, non siamo un soggetto passivo.
Nel frattempo, verrà attivato un ammortizzatore sociale e si presume un contratto di solidarietà.
La situazione interna non è semplice (con i dirigenti che cercano, di giorno in giorno, di scaricare le colpe sugli operai e il clima interno è sempre più teso), siamo un po’ divisi è vero ma è perfettamente giusto che i lavoratori siano scettici sulla capacità del padrone di fare un piano di risanamento credibile: del resto, non è forse il padrone che ci ha condotti dove siamo ora?
In questo senso, ai miei colleghi riporto l’esperienza della ex GKN della piana fiorentina dove si è costituito un comitato di operai che ne ha preso in mano la gestione e ha dimostrato che gli unici a poter salvare le fabbriche sono gli operai che si organizzano, perché ne hanno tutto l’interesse (ai padroni e ai fondi speculativi interessa fare profitti e se gli conviene chiudere una fabbrica per farne di più allora si chiude e tanti saluti!). Altroché manager pagati fior di quattrini per fare la “ristrutturazione”!
Proprio dall’esperienza fiorentina impariamo che costruire un organismo interno nostro, che riunisca i lavoratori di entrambe le realtà del gruppo BASE, Werther e Sicam (unendo quello che il padrone vuole tenere diviso), che costruire mobilitazioni sul territorio che coinvolgano la popolazione e i lavoratori delle altre imprese, che cercare e dare solidarietà alle altre vertenze in atto per “FARE RETE” è la strada da intraprendere!
La lotta contro la chiusura di una fabbrica deve andare oltre sé stessa, poiché non solo coinvolge a cascata le famiglie delle persone che ci lavorano, ma anche perché da soli si è destinati a soccombere. Non lasciamo l’iniziativa in mano al padrone e ai suoi consulenti finanziari: incontriamoci e uniamoci ai lavoratori delle altre aziende del gruppo e del settore per stendere un piano di salvezza comune!
Insorgiamo!