Agire da nuova autorità: un’intervista da Napoli

Pubblichiamo di seguito un’intervista al dott. Paolo Fierro, medico, membro della Consulta Popolare Sanità e Salute di Napoli, vicepresidente nazionale di Medicina Democratica, sindacalista USB e storico protagonista della lotta per la difesa e l’ampliamento del diritto alla salute a Napoli e in tutto il paese. In quest’intervista il dott. Fierro ricostruisce l’esperienza che tra il 2016 e il 2018 ha portato alla costruzione del Referto Epidemiologico Cittadino (REC) della città di Napoli, un documento di indagine sulle condizioni di salute nei territori che in teoria tutti i comuni per legge dovrebbero predisporre ma che solo l’organizzazione e il protagonismo delle masse popolari organizzate nei comitati ambientali e nei comitati per la salute presenti in città (a partire dal Comitato San Gennaro e da quelli organizzati nella Consulta Popolare della Città di Napoli) ha consentito di realizzare.

L’esperienza di predisposizione del REC, condotta dalla Consulta Popolare Sanità e Salute e realizzata tramite l’inchiesta dal basso fatta dai comitati e l’apporto scientifico e tecnico di medici sinceramente interessati alla salute delle masse popolari come il dott. Fierro, costituisce oggi un esempio di come tramite l’organizzazione delle masse popolari e la mobilitazione di tecnici, scienziati, ecc. sia possibile costruire un piano alternativo di gestione della sanità pubblica e di governabilità dell’intero paese.

***

In cosa consiste il REC? Chi lo ha realizzato e quando?

REC è un acronimo che significa Referto Epidemiologico Comunale messo a punto dal dottor Valerio Gennaro di Genova ed è uno strumento di indagine sulle condizioni di salute degli abitanti dei comuni. Esso è divenuto un obbligo di, legge nel 2019 _legge 22 Marzo 2019 n° 29 *, nel senso che tutti i comuni italiani sarebbero tenuti ad averlo in dotazione. Il condizionale è d’obbligo poiché in realtà pochissimi sono i comuni che hanno rispettato questo dettato di legge.

Il REC si basa sui dati dell’anagrafe comunale dal quale si calcolano i decessi ed i residenti anno per anno, per sesso. per fasce di età. Quindi da questi dati si calcolano i tassi di mortalità del Comune. A questo punto si elabora il Rapporto Standardizzato di Mortalità (SMR)che è il rapporto tra il numero di decessi attesi (in base al tasso di mortalità cittadino) e quelli rilevati, cioè effettivamente avvenuti quartiere per quartiere. In questa maniera si definiscono quartiere per quartiere, anno per anno le variazioni di mortalità rispetto al tasso medio della città. Da questi SMR si delinea la mappa della città con i dati cumulativi di un lasso di tempo sufficiente a dare un quadro complessivo.

Questo schema in verità prima di Napoli fu realizzato in qualche altra località della Toscana ma a Napoli siamo andati oltre il modello d’origine, cercando il raffronto con i cosiddetti “determinanti di salute”. I determinanti di salute sono gli elementi della struttura sociale, le condizioni economiche, abitative, i livelli di scolarizzazione che influenzano la salute.

Per fare questo raffronto si sono utilizzati due documenti ufficiali, redatti da enti pubblici, il Profilo di Comunità e il Rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle periferie.

Il risultato di questo lavoro è stato il ritratto di una città divisa in due: da una parte l’area occidentale che presenta un SMR al di sotto del tasso medio di mortalità cittadina e quindi con buone condizioni di salute e dall’altra l’area nord orientale con SMR (e quindi mortalità) superiore e molto superiore al tasso medio. Si tratta dei quartieri che vanno da Scampia a San Giovanni a Teduccio che sono ben lontani dall’immagine della Napoli in cartolina. Raffrontato con gli indici di disagio sociale, i tassi di disoccupazione, di sovraffollamento abitativo, dispersione scolastica delle mappe della Commissione d’inchiesta sulle periferie si hanno dei quadri sovrapponibili a conferma della validità del metodo da noi applicato. Esiste cioè un rapporto diretto tra determinanti socioeconomici e Salute.

Quando è stato presentato pubblicamente?

Il lavoro del REC ci ha impegnati un paio d’anni dalla fine del 2016 all’inizio del 2018. Nello stesso anno, dato il suo valore scientifico, essendo il primo referto che inquadrava una grande città, per di più la più importante del mezzogiorno, con la particolarità di raffronto con l’analisi socioeconomica dei quartieri, fu presentato al Workshop della Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione a Bologna nell’Aprile 2018 e al congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Epidemiologia di Catania dello stesso anno.

Quanto la realizzazione del REC ha coinvolto comitati, singoli e organismi che in quest’ultimo periodo si sono organizzati a Napoli nella lotta contro la devastazione ambientale, per la difesa e l’estensione del diritto alla salute?

Il REC è nato nelle assemblee dell’ospedale San Gennaro come discussione collettiva sugli strumenti utili a monitorare la salute di una città della quale tutti avvertivamo un grave declino delle condizioni di assistenza sanitaria. L’ospedale San Gennaro, nel cuore di uno dei quartieri difficili di Napoli, era in subbuglio per le intenzioni dell’Asl di liquidarlo come gli altri ospedali del centro storico. Sicuramente l’apporto teorico dei compagni di Medicina Democratica è stato un input di carattere scientifico che ha aperto la prospettiva di costruire uno strumento d’analisi efficace ma dobbiamo dire anche che l’aver incluso nel Referto l’indagine effettuata dal comitato locale sulle opinioni della gente raccolte tramite questionari è stato un ulteriore contributo di grande valore che è stato apprezzato anche sul piano metodologico.

È il valore della soggettività che in genere viene ignorato dalla scienza ufficiale sempre protesa al contrario verso una presunta oggettività delle sue indagini. Per capire questo divario succede spesso che i medici affermino che i pazienti non presentano patologie e quindi stanno bene quando al contrario i soggetti analizzati riferiscono malessere, disagio e malanni. Allo stesso modo le autorità sanitarie delineano dei quadri di assistenza e di indagine che non corrispondono alla percezione delle popolazioni.

Dare voce ai soggetti interessati dall’opera (o dalla latitanza) della medicina non è un atto di demagogia ma uno dei mezzi per sviluppare il protagonismo dei ceti popolari senza il quale non si ottiene la partecipazione alla dialettica sulla salute e quindi non si riesce a delineare neanche una trasformazione in meglio.

Parliamo dei ceti popolari poiché i ceti alti fanno sentire la propria voce in maniera diversa e per interessi diversi dalla salute collettiva.

L’emergenza sanitaria, acuitasi con la pandemia da covid – 19, ha fatto venire fuori con ancora più forza quanto le condizioni di salute siano legate alle condizioni di classe, in particolare nella nostra città. Cosa è emerso dal REC su questo piano?

Come già detto, la mappa della mortalità in eccesso ha evidenziato lo stretto rapporto con il disagio sociale e quindi la coesistenza di due realtà profondamente diverse per i  livelli di salute ma anche per le condizioni economiche .La nostra indagine tra l’altro si è spinta anche a tracciare le curve di sviluppo temporale  dal 2009  al 2017  per vedere se, come affermava il nostro governatore, la sanità campana mostrasse segni di miglioramento : ebbene nei quartieri ricchi (Posillipo, Vomero, San Ferdinando, Arenella ,Chiaia) la tendenza della mortalità era costantemente migliore del resto della città mentre nei quartieri di maggiore disagio sociale le curve almeno in un paio di casi addirittura peggioravano.  

Quanto la realizzazione del REC ha spinto gli organismi popolari che sono stati coinvolti a ragionare come vere e proprie autorità alternative, in grado di progettare, pianificare e gestire lì dove le autorità e le istituzioni ufficiali sono per forza di cose sempre più carenti?

I Comitati cittadini che hanno lottato contro la chiusura degli ospedali, le associazioni ed i gruppi che si interessano di questioni ambientali, di specifici problemi come la Salute mentale, l’autismo, l’immigrazione si sono organizzati nella costituzione di un organismo di rappresentanza che è la Consulta popolare per la Salute e la Sanità che ha ottenuto prima il riconoscimento del sindaco De Magistris nel 2017 e quindi dell’intero Consiglio comunale nel 2020. Questo è stato un processo che è partito prima del REC e si può dire che il referto è originato da questo ambito di discussione che hanno attraversato tutta la città. Sicuramente la Consulta è attualmente una struttura accreditata in ambito politico e le sue proposte di gestione della sanità, sempre alternative alle logiche aziendalistiche, riescono ad aprire un dibattito vivace e spesso anche molto conflittuale con le autorità sanitarie (ASL, Aziende Ospedaliere, Distretti).

La Consulta oggi rappresenta un punto di riferimento cittadino per tutte le realtà di lotta a livello cittadino e specialmente dei comitati spontanei che sorgono sulle questioni dell’ambiente, dell’assistenza, delle marginalità e del lavoro in Sanità. Si tratta di sviluppare il conflitto in maniera sempre più estesa ed incisiva e far leva sulle aree di sofferenza sociale, con l’obiettivo di assumere fino in fondo, col tempo, un ruolo di istituzione alternativa al potere ufficiale che oggi ancora non riusciamo ad assumere pienamente.

Secondo te quanta spinta propulsiva ha dato il REC ai comitati e quali effetti concreti ha avuto sulle istituzioni? Come si intende sviluppare l’iniziativa?

La Consulta sta realizzando una campagna di pubblicizzazione dei risultati del REC specie nella municipalità più critiche e questo sta dando un impulso all’azione coordinata delle rappresentanze municipali della periferia nord orientale che è una novità assoluta nella storia di Napoli. Contiamo di arrivare ad un manifesto, una piattaforma sulla salute delle periferie che sarebbe un obbiettivo politico di grande valore. 

Numerose sono le questioni sanitarie aperte dalla Consulta che stanno coinvolgendo ampi settori dei lavoratori di ASL ed AO turbando parecchio le direzioni e lo stesso governo regionale: l’emergenza barelle Cardarelli, la riapertura post covid del San Giovanni Bosco e Loreto, il 118, la riconversione degli ospedali del centro storico, San Gennaro, Incurabili, Ascalesi, Annunziata sono tutte ferite aperte che la Consulta intende utilizzare per costringere il potere ad un confronto. Il risultato più assodato è stato sinora la permanenza di un presidio di primo soccorso al San Gennaro e la costante presenza del comitato di lotta nei locali dello stesso ospedale che spinge per la riapertura di servizi essenziali per il territorio.

Certo sconfiggere il modello aziendalistico in sanità non è facile poiché esso è ormai impiantato nel nostro Sistema Sanitario dal 1992 (Riforma De Lorenzo) e siamo ben consapevoli che la lotta deve necessariamente essere di lunga durata ma siamo fiduciosi nella possibilità di invertire la tendenza poiché gravissimi sono i suoi effetti sulla salute delle popolazioni specie meridionali ed il malcontento cresce. Vale la pena di ricordare che la sua massima espressione, il modello lombardo, è collassata nell’impatto con la prima ondata della pandemia. È un apparente paradosso: la sanità di Formigoni – Maroni e Moratti, che sembrava la Ferrari della sanità italiana, si è schiantata sul terreno del contrasto al Covid: il fatto è che quel motore andava bene a macinare soldi ma non era fatto per difendere la salute. 

Articoli simili
Correlati

[Bologna] Villa Paradiso non chiuderà

Il 10 gennaio scorso l’Amministrazione comunale ha convocato gli...

Valditara Ministro della censura e delle menzogne, solidarietà a Ferrara per la Palestina!

Apprendiamo da un comunicato di Giovani Palestinesi e Ferrara...