Perché non esiste nessun imperialismo russo (Ancora sull’imperialismo)

Per fornire ai lettori gli elementi essenziali per orientarsi rispetto allo sviluppo della tendenza alla guerra imperialista, nei mesi scorsi abbiamo trattato dell’imperialismo in alcuni articoli.
Nell’articolo “Cos’è l’imperialismo”, pubblicato sul numero 3/2022 di Resistenza, abbiamo dato una definizione “classica” secondo l’analisi e l’elaborazione di Lenin (L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, 1916). Nell’articolo “A chi appaltare il lavoro dei comunisti italiani” pubblicato sul numero 2/2022 abbiamo esposto una sintesi di Stalin (Principi del Leninismo, 1924) rispetto alle contraddizioni principali della società capitalista nella fase imperialista:
1. la contraddizione fra il lavoro e il capitale; 2. la contraddizione fra i diversi gruppi finanziari e le diverse potenze imperialiste nella lotta per l’accaparramento delle materie prime e dei territori altrui; 3. la contraddizione fra un pugno di nazioni “civili” dominanti e i popoli coloniali e dipendenti del mondo.
Con questo articolo aggiungiamo un pezzo perché, rispetto a quanto elaborato da Lenin e da Stalin, il mondo è cambiato e occorre aggiungere un tassello per inquadrare meglio il patrimonio del movimento comunista e il suo significato nel contesto attuale, ai tempi della seconda crisi generale del capitalismo.

L’instaurazione del socialismo in Russia (1917) e la creazione dell’URSS (1922) hanno aperto una fase nuova per l’umanità.
Non hanno solo dimostrato che la fase imperialista del capitalismo poteva essere superata grazie alla rivoluzione socialista, ma hanno anche avviato la divisione del mondo in due campi contrapposti: da una parte quello diretto dalla borghesia imperialista, che ha continuato a svilupparsi nel solco delle contraddizioni prodotte e riprodotte dal capitalismo, e dall’altra il campo dei primi paesi socialisti che in una prima fase ha marciato verso il comunismo, poi ha iniziato a invertire la rotta (dal 1956) fino a disgregarsi (dal 1991).
Comprendere la parabola compiuta dai primi paesi socialisti è essenziale per comprendere la situazione attuale.

Con la dissoluzione dell’URSS (1991) i primi paesi socialisti sono crollati e il mondo ha smesso di essere diviso in due campi. Il campo dei primi paesi socialisti è tornato nel solco dello “sviluppo capitalista”, ma nella fase imperialista.
Ciò ha prodotto una situazione inedita nella storia. Prima di allora non erano mai esistiti paesi socialisti che avevano conteso la direzione dell’umanità alla classe dominante.
Era una situazione che non esisteva quando Lenin pubblicò L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, mentre si andava sviluppando quando Stalin pubblicò la sintesi delle contraddizioni principali della fase imperialista.

Alle tre contraddizioni sintetizzate da Stalin se ne è poi aggiunta una quarta: quella fra i paesi imperialisti e i paesi che, per ragioni storiche e politiche particolari, resistono e si oppongono alla Comunità Internazionale degli imperialisti. Fra di essi hanno un ruolo specifico (e principale) gli ex paesi socialisti.

Gli ex paesi socialisti, infatti, non possono in alcun modo essere assimilati ai paesi imperialisti, poiché il loro posizionamento e il loro ruolo nel mondo NON deriva dallo sviluppo capitalista, ma dallo sviluppo che essi hanno avuto nel socialismo e grazie al socialismo.

Il punto è che paesi come la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese non sono più paesi socialisti (la società non avanza più verso il comunismo), ma non sono neppure paesi imperialisti (anelli della catena della Comunità Internazionale) al pari degli USA, della Germania, della Francia, dell’Italia, ecc.

Le loro caratteristiche e le loro contraddizioni (quindi anche il loro ruolo e le loro prospettive) sono il frutto di una lotta che – lo ripetiamo perché fondamentale – l’umanità non aveva mai conosciuto e le cui evoluzioni non sono ancora descritte in nessun testo di storia: quella fra l’umanità che avanza verso il comunismo e l’umanità che sopravvive sotto il dominio dell’imperialismo e lotta per instaurare il socialismo.

Chi pretende di accomunare la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese ai paesi imperialisti solo perché sono diventate “grandi potenze” sul piano militare (soprattutto la prima) ed economico e finanziario (soprattutto la seconda) è vittima di un’analisi gretta che con il marxismo, il materialismo dialettico e la concezione comunista del mondo non ha nulla a che vedere. Pertanto è destinato a non capire un’acca e a portare completamente fuori strada coloro che tenta di convincere sulla base delle “apparenze”.

Chi pretende di spiegare le cause della guerra in Ucraina con una rinnovata spinta “dell’imperialismo russo” è nel migliore dei casi una vittima delle analisi, della cultura e della propaganda borghesi, nel peggiore un servo della NATO che vive e prospera grazie all’opera di intossicazione dell’opinione pubblica.

“Oggi non è in atto una nuova guerra imperialista (tra potenze imperialiste per ripartirsi il mondo). Il carattere principale della guerra attuale è la guerra (ibrida) dei gruppi imperialisti USA per impedire (arrestare) il declino del loro predominio nel mondo alla testa della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei, 1. contro la Federazione Russa per impossessarsi dei territori della Federazione Russa e dell’ex Unione Sovietica che sono nella terza delle tre fasi dei primi paesi socialisti e 2. contro la Repubblica Popolare Cinese che, a sua volta, è nella seconda delle tre fasi dei primi paesi socialisti. Questo carattere principale della guerra si combina con lo sviluppo crescente dei contrasti tra gli USA e gli altri gruppi imperialisti con le loro istituzioni e Stati (tra questi le potenze imperialiste europee e l’Unione Europea)” – da La Voce del (nuovo)PCI n.70.

Le tre fasi dei primi paesi socialisti
La prima fase inizia con la conquista del potere da parte della classe operaia e del suo partito comunista. Essa è caratterizzata dalle trasformazioni che allontanano i paesi socialisti dal capitalismo e dai modi di produzione precapitalisti e li portano verso il comunismo. È la fase della “costruzione del socialismo”. Questa fase per l’Unione Sovietica è durata quasi 40 anni (1917-1956), per le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale circa 10 anni (1945-1956), per la Repubblica Popolare Cinese meno di trent’anni (1950-1976).
La seconda fase è iniziata quando i revisionisti moderni hanno conquistato la direzione dei partiti comunisti e invertito il senso della trasformazione. È la fase caratterizzata dal tentativo di instaurare o restaurare gradualmente e pacificamente il capitalismo. Non vengono più compiuti passi verso il comunismo. I germi di comunismo vengono soffocati. Si dà spazio ai rapporti capitalisti ancora esistenti e si cerca di richiamare in vita quelli scomparsi. Questa fase si è aperta per l’URSS e le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1956 ed è durata fino alla fine degli anni Ottanta; per la Repubblica Popolare Cinese si è aperta nel 1976 ed è ancora in corso.
La terza fase è la fase del “tentativo di restaurazione del capitalismo a qualsiasi costo”. È la fase della restaurazione su grande scala della proprietà privata dei mezzi di produzione e dell’integrazione a ogni costo nel sistema imperialista mondiale. È la fase di un nuovo scontro violento tra le due classi e le due vie: restaurazione del capitalismo o ripresa della transizione verso il comunismo? Questa fase si è aperta per l’URSS e le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1989 ed è ancora in corso.


*****

“Il governo USA si era impegnato con il governo dell’URSS (Gorbaciov) a non estendere la NATO ad Est oltre i confini del 1989, ma in realtà, grazie alla dissoluzione dell’URSS, fino al 1999 i gruppi imperialisti USA ed europei ebbero mano libera nei paesi retti dagli Stati sorti dalla dissoluzione.

Fu un periodo terribile per le masse popolari russe e delle altre nazionalità sovietiche. L’economia venne privatizzata e presa in mano da un pugno di capitalisti composto

1. da grandi dirigenti dell’apparato economico e politico ufficiale che nei decenni precedenti con maggiore protervia avevano impersonato la via capitalista che un passo dopo l’altro si imponeva nell’URSS,

2. dai maggiori esponenti dell’economia criminale e occulta (il “mercato nero”) sviluppatasi nella stessa epoca ai margini e negli interstizi dell’economia ufficiale (la corruzione è stato un problema ossessivamente e inutilmente posto da molti esponenti sovietici nell’epoca Breznev),

3. dagli eredi delle famiglie nobili e borghesi rifugiatesi all’estero alla caduta dell’impero zarista. Sono quelli che il sistema di manipolazione e intossicazione dell’opinione pubblica dei paesi imperialisti chiama “oligarchi” e che compongono la classe di cui il gruppo Putin è l’espressione politica. Le condizioni delle massa della popolazione peggiorarono drasticamente in tutti i campi: indici ne sono la netta diminuzione della durata media della vita e l’aumento della mortalità generale (le vittime dello scioglimento dell’URSS si valuta ammontino ad alcune decine di milioni, alcuni dicono 50 milioni, più del doppio delle vittime sovietiche causate dalla Seconda guerra mondiale) e della mortalità infantile.

Nella Federazione Russa, l’emarginazione di Eltsin e l’avvento al potere di Putin, nel 1999, segnano la fine di questo periodo di privatizzazione e di distruzione selvagge del sistema economico e sociale russo e l’instaurazione di un regime economico, sociale e politico meno instabile, con rapporti in qualche misura paritari con i gruppi e gli Stati del sistema imperialista mondiale.

La Federazione Russa ha ereditato gran parte non solo del territorio, della popolazione e delle risorse naturali, ma anche della forza militare e dell’apparato economico, tecnologico e scientifico dell’URSS di Breznev. Con il gruppo politico capeggiato da Putin la Federazione Russa è diventata uno Stato che pratica una politica nazionale e internazionale relativamente indipendente dagli USA e dalla Comunità Internazionale (CI) dei gruppi imperialisti. Ha, inoltre, mostrato relativa autonomia rispetto 1. alla resistenza degli Stati che si oppongono al saccheggio dei gruppi imperialisti della CI (Iran, Siria, Palestina e altri sudamericani e africani); 2. allo scontro tra gli USA e la Repubblica Popolare Cinese, paese che si trova nella seconda delle tre fasi dei primi paesi socialisti, in un momento in cui la lotta tra le due classi, le due vie e le due linee per forza di cose subirà una svolta che determinerà il suo futuro e il suo ruolo nella storia” – Liberamente tratto da La Voce del (nuovo)PCI n. 70

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