Pubblichiamo questa intervista che abbiamo fatto, nei giorni in cui la protesta era in corso, al Collettivo studentesco che ha promosso l’occupazione del liceo Righi.
A Bologna abbiamo visto decine di occupazioni: un movimento che non si vedeva da tempo e che per questi ragazzi è esperienza di riscossa e partecipazione da protagonisti alla la lotta per una scuola che rappresenti i loro interessi e aspirazioni.
Gli studenti possono e devono farsi promotori essi stessi delle misure necessarie alla gestione dell’istruzione. Così al Righi occupato gli studenti hanno creato un’assemblea studenti-professori durante l’occupazione, perché non consideravano rappresentativi i Consiglio di classe; così a Parma gli studenti hanno strappato commissioni paritetiche sui progetti di alternanza scuola-lavoro.
I temi sollevati dagli studenti, in definitiva, non riguardano solo loro, ma vanno alla radice del problema, investono tutta l’azione di governo e il modello di società capitalista. È lo stesso governo, il governo Draghi, che porta avanti l’alternanza scuola-lavoro, lasciando mano libera a Confindustria e ai padroni per continuare a sfruttare, uccidere nelle aziende, devastare l’ambiente, delocalizzare e licenziare i lavoratori; è lo stesso governo che ha già portato l’Italia in guerra al carro della NATO mentre taglia i fondi a istruzione e sanità.
Contro la scuola e l’università classiste gli studenti possono e devono appoggiarsi fin da subito ai lavoratori, che sono i loro alleati naturali. I lavoratori e gli studenti uniti hanno il potere di invertire la rotta. A Firenze, gli operai della GKN hanno partecipato alle mobilitazioni studentesche, sono andati a parlare nelle scuole, hanno sostenuto le occupazioni, e sono stati a loro volta sostenuti dagli studenti. Sono state organizzate assemblee lavoratori-studenti dentro le facoltà e gli operai hanno convolto alcuni professori a sostegno della loro vertenza.
Il cuore della Resistenza partigiana che celebriamo in questi giorni batte in ogni mobilitazione per cacciare il governo Draghi. Tutte le lotte queste lotte hanno alla radice un unico problema, la gestione di questa società, perciò hanno anche un’unica soluzione: organizzarsi e coordinarsi, agire insieme per campagne e costruire un unico grande fronte popolare che sia in grado di darsi un obiettivo di governo del paese.
Per questo invitiamo anche gli studenti medi e tutti gli interessati a partecipare all’assemblea pubblica lavoratori – studenti (microfono aperto) che si terrà in Piazza Scaravilli il 30 maggio alle 16:00.
Innanzitutto voi, come altre scuole in città, avete redatto un Manifesto in cui spiegate le ragioni della vostra occupazione. Cosa c’è scritto nel vostro Manifesto e perché avete occupato?
All’interno del Manifesto abbiamo riportato la critica al sistema scolastico che non è negli interessi degli studenti e non li porta ad avere un atteggiamento critico verso la realtà delle cose. Abbiamo in particolare criticato la gestione del PCTO (abbreviazione del termine alternanza scuola lavoro) in quanto, per come è impostata, fa solo l’interesse delle aziende private senza considerare veramente gli studenti. Non a caso, infatti, le occupazioni sono partite a causa delle due ultime morti di ragazzi avvenute durante l’alternanza scuola lavoro. Oltre a questo, è stata criticata anche la mancanza di educazione sessuale e di educazione civica, due cose per noi molto importanti da inserire nel contesto scolastico.
Considera che c’è stata una forte incisione degli ultimi due anni di pandemia, per come è stata gestita, sulla capacità di socializzare, sia dalla parte di studenti che da parte dei professori. In particolare, è venuta a mancare la capacità di rapportarsi tra studente-studente e tra studente-professore. La scuola avrebbe dovuto impegnarsi per ristabilire questa capacità, soprattutto perché è stato portato avanti un “gioco” di alternanza fra lezioni in presenza e DAD con una totale mancanza di considerazione delle conseguenze che questa situazione poteva avere sugli studenti, sulla didattica e sui lavoratori della scuola.
Questo nostro movimento è stato descritto a volte sui giornali come un gioco o un capriccio ma l’occupazione per molti noi è stata una grande esperienza di socialità e protagonismo. Ha promosso un senso di appartenenza alla scuola da parte degli studenti che non avevamo mai sperimentato prima.
Come avete organizzato la vostra occupazione?
Abbiamo organizzato quattro commissioni.
La prima è la Commissione attività, la quale si è occupata in generale della gestione studenti e delle attività didattiche, sportive e ricreative. Per le attività didattiche abbiamo previsto sia appunto l’insegnamento di quelle materie che secondo noi era necessario approfondire sia l’intervento di ospiti esterni, su temi che potevano spaziare ma che erano di interesse per noi studenti.
La seconda è la Commissione logistica, che si è occupata di pulizia coordinandosi coi lavoratori della scuola, distribuzione dei pasti, organizzazione dei posti letto e gestione della “classe magazzino” per far depositare oggetti personali degli studenti in sicurezza.
La terza è la Commissione comunicazione, la quale si è occupata della stesura del Manifesto, degli striscioni e della comunicazione con gli studenti tramite un apposito canale Telegram; all’interno del canale vengono distribuite informazioni di carattere generale e come prenotare le diverse attività. Verso l’esterno, verso il quartiere, col gruppo comunicazione è stato pensato, e poi fatto, di appendere striscioni sulla strada principale dove è situata la scuola [che dà sui viali di Bologna, una strada molto trafficata, NdR]. Su questo striscione abbiamo scritto che “Serve una rivoluzione” per dare il segnale che c’è bisogno di un cambiamento radicale.
Infine, il servizio d’ordine aveva principalmente il ruolo di gestire i flussi degli studenti in entrata, specialmente degli esterni. Abbiamo contingentato gli accessi ai soli studenti e lavoratori della scuola, più alcuni ospiti esterni invitati per le attività didattiche. Nella scuola è vietato il vetro e il consumo di alcolici. Tutto questo è controllato con un picchetto all’accesso e un sistema di monitoraggio degli accessi.
Da un punto di vista di gestione sono stati organizzati degli “intercollettivi” per cercare un confronto con gli insegnanti, di modo tale da poter manifestare il malcontento e aprire un dialogo con i professori in un contesto al di fuori del Consiglio di classe, poiché consideriamo il Consiglio di classe un organo non rappresentativo delle istanze degli studenti: in soli due studenti davanti ai professori ci si sente quasi minacciati. Quindi la mattina nel piazzale interno della scuola abbiamo organizzato gli intercollettivi per dare alla pianificazione della gestione delle attività un carattere pienamente democratico e rappresentativo.
In tema di PCTO, a Parma gli studenti hanno posto la necessità di creare una commissione paritetica dove essere inseriti affinché possano vigilare e monitorare rispetto all’alternanza scuola-lavoro. Questo va nella direzione di proporre e perdere direttamente delle misure negli interessi degli studenti. Una cosa simile avete fatto con l’interfacoltà di cui hai appena parlato. Cosa ne pensate?
È bello che gli studenti abbiano voce in capitolo, ma è un percorso duro. La nostra dirigente del PCTO ha addirittura dato le dimissioni dopo le critiche ricevute e adesso, anche se difficile, deve essere indicato un nuovo referente. La nostra idea è quella di creare una commissione riguardante il PCTO, dove è presente una componente studentesca, genitoriale e di professori. Le componenti studentesca e genitoriale devono occuparsi anche della comunicazione con gli studenti; questo ruolo è reso necessario soprattutto a causa del mancato funzionamento della mail istituzionale, poiché non è funzionale a causa delle troppe comunicazioni e alla fine non è trasparente.
L’alternanza scuola lavoro fa emergere la questione centrale della lotta di classe. Quanto è importante per voi e come avete ragionato sull’unire le vostre lotte con quelli dei lavoratori? Un esempio è quello che è successo a Firenze dove il Collettivo di Fabbrica della GKN e il movimento degli studenti si sono alimentati a vicenda.
Il tema è stato affrontato, ma è poco condiviso. Principalmente abbiamo parlato della mancata retribuzione dell’alternanza. In generale però possiamo dire che a Bologna c’è un grande movimento che segue questo filone [OSA – USB, NdR], ma nel nostro istituto non è presente.
Si può arrivare a costruire un’assemblea comune per far sì che le occupazioni siano parte di una campagna coordinata da un organismo collettivo di livello almeno cittadino?
Un vero coordinamento tra i vari collettivi che hanno gestito le occupazioni deve ancora crearsi. Ma stiamo facendo dei passi in questo senso. È chiaro che un maggiore coordinamento con tutte le altre scuole porterebbe la nostra azione ad avere un effetto maggiore.
Col Fridays for Future di quest’anno abbiamo visto come la scuola ha fatto sentire la sua voce. Si è capito che c’è una coscienza politica e che la scuola e gli studenti organizzati possono avere un’importanza maggiore di quel che si pensa.
Avete scritto che “serve una rivoluzione” sul vostro striscione. La gestione della scuola, lo sfruttamento sul lavoro, la guerra sono tutti aspetti legati alla gestione politica della società da parte della classe dominante. Avrete affrontato nel corso dell’occupazione anche questi temi politici e avete riflettuto su come affrontarli nell’interesse e dal punto di vista degli studenti?
Sono temi caldi ma non sempre condivisi, probabilmente è dovuto a come un ragazzo viene cresciuto o perché la rivoluzione viene vista come quasi utopica. La rabbia di questo movimento è bella, ma deve essere affrontata delicatamente in una scuola dove manca un senso critico come nella nostra; basti pensare che per organizzare la sola occupazione ci sono voluti mesi. In generale possiamo dire che all’interno della scuola ci sono diverse linee di pensiero: ad esempio c’è chi crede che serva una rivoluzione, chi crede di poter incidere di più limitandosi a questioni che riguardano l’operatività dell’istituto, eccetera. Attualmente stiamo cercando di sviluppare senso critico, ma per quanto riguarda la scuola tentiamo di non schierarci in senso politico, così da poter lasciare la libertà a ognuno di crearsi il proprio pensiero. Per questo non abbiamo voluto dare all’occupazione un connotato né di destra né di sinistra, né siamo affiliati ad alcuna forza organizzata in particolare.