[Perugia] Pace o condizionatore? Intanto alla Colussi 300 operai in cassa integrazione

Mentre si discuteva sulle parole pronunciate da Draghi nella conferenza stampa del 6 aprile, sulla scelta tra pace e condizionatore acceso questa estate, in Umbria è arrivata la notizia della chiusura della Colussi di Petrignano di Assisi (PG).

300 operai sono stati messi in cassa integrazione per 13 settimane come effetto del caro energia e più in generale per gli effetti della guerra della NATO contro la Federazione Russa. Per effetto della speculazione sulle sanzioni sostenute anche dall’Italia che accelerano l’aggravarsi della crisi producendo effetti devastanti anche per il tessuto produttivo locale e del resto del paese.

La domanda di Mario Draghi risuona dunque più che mai fuori luogo se pensiamo che solo pochi mesi fa proprio lui ha dato il via allo sblocco dei licenziamenti e ha lasciato mano libera alle multinazionali di delocalizzare. È sempre lui che ha avallato il carovita e ad aver mandato l’Italia in guerra chiedendo ai lavoratori e alle masse popolari italiane sacrifici a difesa della libertà. Ma la libertà di chi? Sicuramente non quella di coloro che per vivere devono lavorare come gli operai della Colussi quanto, piuttosto, quella di chi con la guerra aumenta i suoi profitti.

Fare sacrifici per la pace per gli operai della Colussi e per tutti quelli delle aziende del nostro territorio che ancora reggono alla crisi, come la Perugina e l’AST di Terni significa organizzarsi e coordinarsi per cacciare il governo Draghi e contro la NATO.

Significa coordinarsi con le altre realtà operaie organizzate nel resto del paese come il Collettivo di Fabbrica della GKN di Campi Bisenzio (FI), che da mesi lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo e il CALP di Genova che da anni boicotta l’invio di armi via mare nei teatri di guerra.

Serve far entrare in ogni azienda la parola d’ordine dello sciopero generale contro la NATO e per tenere l’Italia fuori dalla guerra.

La questione dunque non è “pace o aria condizionata”, la questione è quale governo serve per questo paese?

La classe operaia non ha bisogno di un governo guerrafondaio che le stringe il cappio intorno al collo per fare gli interessi di chi la opprime.

Ha bisogno di un governo che metta al centro gli interessi dei lavoratori, un governo di emergenza popolare capace di porre fine alla partecipazione dell’Italia alla guerra della NATO, allo smantellamento dell’apparato produttivo di questo paese e capace di garantire a tutti un lavoro utile e dignitoso.

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