Lenin: posizioni di principio sul problema della guerra

Il 22 aprile cade il 152° anniversario dalla nascita di Lenin. In quest’occasione pubblichiamo degli stralci dal suo articolo “Questioni di principio sulla guerra” (scritto in tedesco nel dicembre 1916, estratto da Opere complete, vol. 23, traduzione rivista sull’originale – testo reperibile anche sul sito del (nuovo)PCI), in cui Lenin si rivolge ai membri del Partito Socialdemocratico Svizzero, alla cui attività partecipò tra il 1914 e il 1917, nel periodo del suo esilio in quel paese.
Li pubblichiamo in una fase in cui il problema della guerra imperialista è tornato con forza all’ordine del giorno e una martellante propaganda di regime punta a intrupparci nel conflitto contro la Federazione Russa presentandolo come uno scontro tra libertà e dittatura, tra giustizia e tirannia, tra “i sani valori occidentali” e la barbarie.
Compito dei comunisti è rigettare questa narrazione, mostrare la natura imperialista del conflitto, mobilitare le masse popolari contro le manovre interventiste del governo, trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria. Si ripropone oggi, in definitiva, il compito cui i bolscevichi di Lenin, a loro tempo, seppero assolvere con successo, dando il via alla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. La linea che i comunisti devono mettere in campo, ai nostri giorni, non può che partire dai principi che Lenin ha indicato.
Certo, è sbagliato guardare all’esperienza della rivoluzione bolscevica in maniera dogmatica: l’Italia del 2022 non è la Russia del 1917, né il conflitto in Ucraina è sovrapponibile alla Grande Guerra. Ma è anche sbagliato pensare che i principi elaborati da Lenin in quel contesto non abbiano più niente da dirci. Il sistema sociale in cui viviamo, pur con tutti i cambiamenti intercorsi, resta il medesimo: il capitalismo nella sua fase imperialista (vedi l’articolo “Cos’è l’imperialismo” sul numero 3/2022 di Resistenza). Oggi come allora la borghesia imperialista porta l’umanità al massacro, perché non ha altra soluzione alla crisi generale del suo sistema che la “guerra rigeneratrice”. Oggi come allora, la rivoluzione socialista è la sola alternativa alla guerra imperialista.
Nell’articolo non troveremo quindi bella e pronta la ricetta per affrontare la situazione attuale. Elaborare la linea concreta per intervenire in questa situazione concreta è compito dei comunisti italiani di oggi, ed è cosa che non può essere demandata in nessun modo al solo studio dei “classici”. Troveremo però in questo studio principi universali, che sono giusti perché verificati nella pratica della lotta di classe; principi che devono essere la stella polare a cui guardare per determinare la nostra rotta nella situazione attuale.

Tra i socialdemocratici svizzeri di sinistra esiste una posizione unanime riguardo alla necessità di respingere, in rapporto alla guerra attuale, il principio della difesa della patria. (…) Eppure, se si esamina il problema più da vicino, si finisce inevitabilmente per concludere che questa unità è solo apparente. (…)
Esaminiamo con cura e in dettaglio cosa significa rifiutare di difendere la patria, se lo consideriamo una parola d’ordine politica da prendere sul serio, che dobbiamo realizzare in concreto.

1. In primo luogo, noi chiamiamo i proletari e gli sfruttati di tutti i paesi belligeranti e di tutti i paesi minacciati dalla guerra a rifiutare la difesa della patria. Oggi, attraverso l’esperienza di vari paesi belligeranti, noi sappiamo con assoluta precisione che cosa significa in realtà il rifiuto di difendere la patria nella guerra in corso. Significa negare tutti i fondamenti della moderna società borghese e minare alle radici il regime sociale vigente [perché la guerra attuale è il suo sbocco inevitabile e non è possibile non fare la guerra ma mantenere in vita la moderna società borghese]; questo non solo in teoria, non solo “in generale”, ma nella pratica, immediatamente. Ebbene, non è forse evidente che questo può farsi solo alla condizione non solo di essere giunti nel campo della teoria alla saldissima convinzione che il capitalismo è ormai pienamente maturo per essere trasformato in socialismo, ma anche di essere andati oltre e di ritenere che questa trasformazione, cioè la rivoluzione socialista, è realizzabile in pratica, immediatamente, subito?
Eppure, quando si parla del rifiuto di difendere la patria quasi sempre si trascura proprio questo punto. Nel migliore dei casi si riconosce “teoricamente” che il capitalismo è maturo per essere trasformato in socialismo, ma non si vuole nemmeno sentir parlare dell’immediato e radicale rinnovamento di tutta l’attività del partito per renderla adeguata ai compiti della rivoluzione socialista imminente!
Si obietta che il popolo non sarebbe ancora preparato!
Ma qui siamo di fronte a una incongruenza perfino ridicola. Delle due l’una.
O noi non dobbiamo proclamare il rifiuto immediato di difendere la patria, oppure noi dobbiamo svolgere o cominciare a svolgere immediatamente un’azione metodica di propaganda per la realizzazione immediata della rivoluzione socialista. Beninteso, in un certo senso il “popolo” è “impreparato” sia al rifiuto di difendere la patria sia alla rivoluzione socialista. Ma da ciò non consegue che noi abbiamo il diritto di rimandare per ben due anni – due anni! – l’inizio della preparazione sistematica della rivoluzione (Lenin si riferisce al periodo trascorso tra l’agosto 1914, quando iniziò la Prima Guerra Mondiale e il dicembre del 1916)!

2. In secondo luogo, cosa si oppone alla politica della difesa della patria e della pace sociale? La lotta rivoluzionaria contro la guerra, le “azioni rivoluzionarie di massa”. Così è riconosciuto nella risoluzione del congresso del partito tenuto ad Aarau del novembre 1915. Si tratta, senza dubbio, di una risoluzione eccellente, ma… ma la storia del partito dopo quel congresso, la sua condotta effettiva mostrano che questa risoluzione è rimasta sulla carta!
Qual è l’obiettivo della lotta rivoluzionaria di massa? Ufficialmente il partito non ha detto niente al riguardo e in generale non si parla affatto di questo problema. Si considera del tutto naturale o si riconosce apertamente che l’obiettivo [della lotta rivoluzionaria di massa] è il “socialismo”. Al capitalismo (o all’imperialismo) si contrappone il socialismo.
(…) Ma oggi non si tratta di contrapporre genericamente due sistemi sociali. Si tratta invece di opporre la pratica concreta della concreta “lotta rivoluzionaria di massa” ad un male concreto, cioè all’odierno rincaro della vita, all’odierno pericolo di guerra o alla guerra in corso. (…)
L’oggetto concreto della “lotta rivoluzionaria di massa” può consistere soltanto nelle misure concrete della rivoluzione socialista, non nel “socialismo” in generale.
I compagni olandesi nel loro programma, pubblicato nel n. 3 del Bollettino della Commissione socialista internazionale (Berna, 29 febbraio 1916), hanno indicato con precisione queste misure concrete: annullamento dei debiti dello Stato (del debito pubblico), espropriazione delle banche, espropriazione di tutte le grandi imprese. (…)

3. In terzo luogo, il partito ha “riconosciuto” che occorre la lotta rivoluzionaria di massa. Benissimo! Ma è capace il partito di promuovere e dirigere una lotta rivoluzionaria di massa? Si sta preparando a questo compito? Studia questi problemi, raccoglie il materiale necessario? Crea organizzazioni e organismi adeguati? Discute questi problemi in mezzo al popolo, con il popolo?
Niente di tutto questo! Il partito continua ostinatamente e senza deviare d’un passo a procedere sulla sua vecchia carreggiata esclusivamente parlamentare, sindacale, riformista, legalitaria. Il partito continua a essere incontestabilmente incapace di promuovere e dirigere la lotta rivoluzionaria di massa. È chiaro e noto a tutti che il partito non si prepara affatto a questo compito. (…)
Quasi tutti sono pronti ad accettare la lotta rivoluzionaria contro la guerra. Ma si deve pur immaginare l’immensità del compito di mettere fine a questa guerra con la rivoluzione! No, non è un’utopia! La rivoluzione sta avanzando in tutti i paesi. Oggi non si tratta più di scegliere tra continuare a vivere in maniera tranquilla e sopportabile o buttarsi invece nell’avventura. Oggi si tratta di decidere se continuare a soffrire la fame ed essere mandati al massacro per interessi estranei, per gli interessi di altri, o se fare invece grandi sacrifici per il socialismo, per gli interessi dei nove decimi dell’umanità.
(…) Non possiamo sapere in anticipo quanto tempo sarà necessario per avere la meglio, quando cioè le condizioni oggettive consentiranno la vittoria di questa rivoluzione. Dobbiamo quindi sostenere ogni minimo miglioramento, ogni miglioramento effettivo della situazione economica e politica delle masse. La differenza tra noi e i riformisti non sta nel fatto che noi siamo contrari e loro sono favorevoli alle riforme. Non è questo il punto. La realtà è che essi si limitano alle riforme e quindi si degradano alla semplice funzione di “infermieri del capitalismo” (…). Noi invece diciamo agli operai: votate pure per la proporzionale, ecc. ma non limitate a questo la vostra attività. Mettete piuttosto in primo piano la propaganda sistematica dell’idea della rivoluzione socialista immediata. Preparatevi a questa rivoluzione e operate a tale scopo i cambiamenti profondi che si rendono necessari in tutta l’attività del partito! Le condizioni della democrazia borghese ci costringono troppo spesso ad assumere questa o quella posizione su tutta una serie di piccole e minute riforme. Ma bisogna saper prendere o imparare a prendere posizione a favore delle riforme in modo tale che – per dirla in termini alquanto semplificati onde essere più chiari – in ogni nostro discorso della durata di mezz’ora dedichiamo cinque minuti alle riforme e venticinque alla rivoluzione imminente.
La rivoluzione socialista non può essere realizzata, se non si combatte un’accanita lotta rivoluzionaria di massa, una lotta che costa molti sacrifici. Ma sarebbe incoerente accettare la lotta rivoluzionaria di massa, riconoscere come giusta l’aspirazione a metter fine subito alla guerra e al tempo stesso respingere la rivoluzione socialista immediata! La prima senza la seconda sarebbe soltanto parole a vuoto!

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