I media di regime proseguono con la loro opera di intossicazione delle coscienze e diversione rispetto alla guerra in Ucraina. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945, quella in corso è la seconda guerra che si svolge in Europa dopo quella (1991-2001) scatenata dalla NATO, dal Vaticano e dai gruppi imperialisti USA, sionisti e UE in Jugoslavia, alla quale, in plateale violazione dell’art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana, parteciparono anche le forze armate (FFAA) italiane con l’avallo formale del governo capeggiato da Massimo D’Alema. Ma ora l’iniziativa militare è della Federazione Russa contro l’espansione della NATO e l’attività antipopolare in Ucraina di milizie nazifasciste dirette da agenzie dei gruppi imperialisti USA.
Varie sono le questioni politiche e ideologiche che questa nuova guerra solleva e molti degli organismi che si dichiarano comunisti e di loro singoli esponenti ne hanno trattato e ne tratteranno. I loro scritti e discorsi rientrano nel dibattito franco e aperto necessario alla rinascita del movimento comunista. Il Partito dei CARC indica come sbagliate le posizioni di neutralità (né con Putin, né con Biden) e ogni tifoseria (tifare è il contrario di agire per rafforzare il movimento comunista italiano e internazionale). La linea dei comunisti del Partito dei CARC rispetto alla guerra l’abbiamo indicata nell’articolo Guerra e rivoluzione, cui rimandiamo. In occasione della ricorrenza della morte di Iosif Stalin, avvenuta il 5 marzo 1953, vogliamo rafforzare quanto affermato riportando l’attenzione sulla questione dell’internazionalismo proletario e del dibattito che vide protagonisti i maggiori dirigenti dell’URSS dopo la sua morte.
Le tesi anticomuniste utilizzano anche questo argomento per sminuire la storia dell’URSS e la figura di Stalin, indicandolo come un reazionario nazionalista da porre negli archivi della storia nello stesso cassetto riservato a Hitler, Mussolini e altri cani da guardia della borghesia imperialista.
Questa strumentalizzazione nasce dallo scontro tra la teoria del “Socialismo in un solo paese” che adottò il PCUS diretto da Stalin e la “Rivoluzione permanente” ideata da Trotskij.
In ballo c’erano questioni determinanti, per esempio il ruolo e il sostegno ai contadini russi (che nella rivoluzione permanente non avevano posto), la fiducia nel proletariato degli altri paesi nel fare la rivoluzione (nella rivoluzione permanente tutto doveva partire dal proletariato russo) e la costruzione di una base rossa mondiale, l’URSS, che potesse sostenere i comunisti e le masse popolari degli altri paesi nel fare la rivoluzione socialista nel proprio paese.
Il “nazionalista” Stalin lasciò, con la sua morte, il movimento comunista a un livello di diffusione e splendore ineguagliabile. Un terzo dell’umanità viveva in paesi socialisti e in tutti i paesi occidentali si erano formati grandi e influenti partiti comunisti sostenuti dai comunisti sovietici.
Questi semplici dati servono a dare il senso dell’infondatezza e inefficacia dell’internazionalismo parolaio menscevico e trotskista da un lato, ma soprattutto della forza e della capacità dimostrata dal materialismo dialettico e dal movimento comunista cosciente e organizzato di trasformare la storia dell’umanità e la vita di milioni e milioni di operai ed esponenti delle masse popolari di tutto il mondo.
Stalin lo scrive chiaramente: «La Rivoluzione d’Ottobre spicca innanzitutto perché ha spezzato il fronte dell’imperialismo mondiale, ha abbattuto la borghesia imperialista in uno dei più grandi paesi capitalistici e ha portato al potere il proletariato socialista. Per la prima volta nella storia dell’umanità la classe dei salariati, la classe dei perseguitati, la classe degli oppressi e degli sfruttati è assurta alla situazione di classe dominante, guadagnando col suo esempio i proletari di tutti i paesi. Ciò significa che la Rivoluzione d’Ottobre ha aperto una nuova epoca, l’epoca delle rivoluzioni proletarie nei paesi dell’imperialismo. Essa ha tolto ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti gli strumenti e i mezzi di produzione e li ha fatti diventare proprietà sociale, opponendo così alla proprietà borghese la proprietà socialista. In tal modo essa ha smascherato la menzogna dei capitalisti, secondo cui la proprietà borghese è sacra, inviolabile ed eterna. Essa ha strappato il potere alla borghesia, ha privato la borghesia dei diritti politici, ha distrutto l’apparato statale borghese e trasmesso il potere ai Soviet, opponendo così al parlamentarismo borghese, alla democrazia capitalistica, il potere socialista dei Soviet, la democrazia proletaria».
L’internazionalismo proletario ancora oggi è l’ambito che più accende i cuori di quelli che portano la bandiera rossa e la falce e martello nel cuore. Di tutti quelli che guardano alle rivoluzioni socialiste che si muovono in altri paesi o che si sono sviluppate ai quattro angoli del pianeta durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, di tutti quelli che aspirano a un mondo diverso da quello che il capitalismo e la Borghesia Imperialista riservano alle masse popolari.
A tutti questi oggi, Stalin e la gloriosa storia di tutta la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale, dicono che il miglior modo per sviluppare l’internazionalismo proletario è quello di fare la rivoluzione socialista nel proprio paese.
I gruppi imperialisti sono scissi e in lotta tra loro ma sono al contempo legati da un rapporto di interdipendenza universale che è il capitale. È solo rompendo il proprio pezzo della catena imperialista che si favorisce, quindi, lo sviluppo della rivoluzione socialista in tutti i paesi del mondo, valga questo anche per l’Italia, in cui il cuore dell’imperialismo è costituito dal Vaticano e dal suo legame con i gruppi imperialisti statunitensi, europei, sionisti e con le organizzazioni criminali.
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Stalin
Il carattere internazionale della Rivoluzione d’Ottobre
Per il decimo anniversario dell’Ottobre
La Rivoluzione d’Ottobre non è solo una rivoluzione “nel quadro nazionale”. Essa è innanzitutto una rivoluzione di ordine internazionale, mondiale, perché segna, nella storia universale del genere umano, una svolta radicale dal vecchio mondo capitalista al mondo nuovo, socialista.
Nel passato le rivoluzioni terminavano di solito con la sostituzione al timone dello Stato di un gruppo di sfruttatori con un altro gruppo di sfruttatori. Gli sfruttatori cambiavano, lo sfruttamento restava. Così fu al tempo dei movimenti di liberazione degli schiavi. Così fu nel periodo delle insurrezioni dei servi della gleba. Così fu nel periodo delle famose “grandi” rivoluzioni in Inghilterra, in Francia, in Germania. Non parlo della Comune di Parigi, che fu il primo glorioso ed eroico, ma tuttavia vano, tentativo del proletariato di far marciare la storia contro il capitalismo.
La Rivoluzione d’Ottobre si distingue da queste rivoluzioni in linea di principio. Essa si propone non già di sostituire una forma di sfruttamento con un’altra forma di sfruttamento, un gruppo di sfruttatori con un altro gruppo di sfruttatori, bensì di sopprimere ogni sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, di sopprimere tutti i gruppi di sfruttatori, di instaurare la dittatura del proletariato, di instaurare il potere della classe più rivoluzionaria fra tutte le classi oppresse finora esistite, di organizzare una nuova società socialista senza classi.
Appunto perciò la vittoria della Rivoluzione di Ottobre segna una svolta radicale nella storia del genere umano, una svolta radicale nei destini storici del capitalismo mondiale, una svolta radicale nel movimento per l’emancipazione del proletariato mondiale, una svolta radicale nei mezzi di lotta e nelle forme d’organizzazione, nei costumi e nelle tradizioni, nella cultura e nell’ideologia delle masse sfruttate di tutto il mondo.
È questa la ragione per cui la Rivoluzione d’Ottobre è una rivoluzione di ordine internazionale, mondiale.
È questa la radice della profonda simpatia che le classi oppresse di tutti i paesi nutrono per la Rivoluzione d’Ottobre, vedendo in essa l’arma della loro liberazione.
Si potrebbe segnalare una serie di questioni fondamentali, nelle quali la Rivoluzione d’Ottobre influisce sullo sviluppo del movimento rivoluzionario di tutto il mondo.
- La Rivoluzione d’Ottobre spicca innanzitutto perché ha spezzato il fronte dell’imperialismo mondiale, ha abbattuto la borghesia imperialista in uno dei più grandi paesi capitalistici e ha portato al potere il proletariato socialista.
Per la prima volta nella storia dell’umanità la classe dei salariati, la classe dei perseguitati, la classe degli oppressi e degli sfruttati è assurta alla situazione di classe dominante, guadagnando col suo esempio i proletari di tutti i paesi.
Ciò significa che la Rivoluzione d’Ottobre ha aperto una nuova epoca, l’epoca delle rivoluzioni proletarie nei paesi dell’imperialismo.
Essa ha tolto ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti gli strumenti e i mezzi di produzione e li ha fatti diventare proprietà sociale, opponendo così alla proprietà borghese la proprietà socialista. In tal modo essa ha smascherato la menzogna dei capitalisti, secondo cui la proprietà borghese è sacra, inviolabile ed eterna.
Essa ha strappato il potere alla borghesia, ha privato la borghesia dei diritti politici, ha distrutto l’apparato statale borghese e trasmesso il potere ai Soviet, opponendo così al parlamentarismo borghese, alla democrazia capitalistica, il potere socialista dei Soviet, la democrazia proletaria. Lafargue aveva ragione quando fin dal 1887 diceva che il giorno dopo la rivoluzione “tutti gli ex capitalisti sarebbero stati privati dei diritti elettorali”.
In tal modo la Rivoluzione d’Ottobre ha smascherato la menzogna dei socialdemocratici, secondo cui sarebbe possibile oggi il passaggio pacifico al socialismo per mezzo del parlamentarismo borghese.
Ma la Rivoluzione d’Ottobre non si è arrestata e non poteva arrestarsi a questo punto. Distrutto il vecchio mondo, il mondo borghese, essa ha iniziato la costruzione del mondo nuovo, del mondo socialista. I dieci anni trascorsi dalla Rivoluzione d’Ottobre sono stati dieci anni di edificazione del partito, dei sindacati, dei Soviet, delle cooperative, delle organizzazioni culturali, dei trasporti, dell’industria, dell’Esercito rosso. I successi indiscutibili del socialismo nell’URSS sul fronte dell’edificazione hanno dimostrato all’evidenza che il proletariato può governare con successo il paese senza la borghesia e contro la borghesia, che può costruire con successo l’industria senza la borghesia e contro la borghesia, che può dirigere con successo tutta l’economia nazionale senza la borghesia e contro la borghesia, che può edificare con successo il socialismo, nonostante l’accerchiamento capitalistico.
La vecchia “teoria”, secondo la quale gli sfruttati non possono fare a meno degli sfruttatori, così come la testa e le altre parti del corpo non possono fare a meno dello stomaco, non è patrimonio esclusivo del famoso senatore dell’antica Roma, Menenio Agrippa. Questa “teoria” costituisce oggi la pietra angolare della “filosofia” politica della socialdemocrazia in generale e della politica socialdemocratica di coalizione con la borghesia imperialista in particolare. Questa “teoria”, che ha assunto ormai il carattere d’un pregiudizio, costituisce attualmente uno dei più gravi ostacoli alla penetrazione dello spirito rivoluzionario nel proletariato dei paesi capitalistici. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa “teoria” menzognera.
C’è ancora bisogno di dimostrare che questi e altri risultati analoghi della Rivoluzione d’Ottobre non potevano e non possono non avere una grande influenza sul movimento rivoluzionario della classe operaia nei paesi capitalistici?
Fatti universalmente noti come il continuo sviluppo del movimento comunista nei paesi capitalistici, l’aumento della simpatia dei proletari di tutti i paesi per la classe operaia dell’URSS, e infine l’affluire di delegazioni operaie nel paese dei Soviet, dimostrano in modo indubbio che il seme gettato dalla Rivoluzione d’Ottobre incomincia già a dare i suoi frutti.
2. La Rivoluzione d’Ottobre ha scosso l’imperialismo non soltanto nei centri del suo dominio, non solo nelle “metropoli”. Essa ha anche colpito l’imperialismo nelle retrovie, alla sua periferia, scalzando il dominio dell’imperialismo nei paesi coloniali e nei paesi dipendenti.
Abbattendo i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, la Rivoluzione d’Ottobre ha spezzato le catene del giogo nazionale e coloniale e ha liberato da esso tutti, senza eccezione, i popoli oppressi di un vasto Stato. Il proletariato non può liberare se stesso senza liberare i popoli oppressi. Il tratto caratteristico della Rivoluzione d’Ottobre è il fatto che essa ha compiuto nell’URSS queste rivoluzioni nazionali e coloniali non sotto la bandiera degli odi nazionali e dei conflitti fra le nazionalità, ma sotto la bandiera della fiducia reciproca e della amicizia fraterna degli operai e dei contadini delle nazionalità dell’URSS, non in nome del nazionalismo, ma in nome dell’internazionalismo.
Appunto perché le rivoluzioni nazionali e coloniali si sono compiute da noi sotto la direzione del proletariato e sotto la bandiera dell’internazionalismo, appunto perciò i popoli paria, i popoli schiavi sono assurti per la prima volta nella storia dell’umanità alla posizione di popoli realmente liberi e realmente uguali, guadagnando col loro esempio i popoli di tutto il mondo.
Ciò significa che la Rivoluzione d’Ottobre ha aperto una nuova epoca, l’epoca delle rivoluzioni coloniali, che si compiono nei paesi oppressi di tutto il mondo in alleanza col proletariato, sotto la direzione del proletariato.
Nel passato “era d’uso” pensare che il mondo da tempi immemorabili fosse diviso in razze inferiori e razze superiori, in negri e bianchi, i primi refrattari alla civiltà e condannati a essere oggetto di sfruttamento, e i secondi unici depositari della civiltà, chiamati a sfruttare i primi.
Oggi questa leggenda deve essere considerata come sfatata e respinta. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa leggenda, dimostrando coi fatti che i popoli non europei, liberati e trascinati nella corrente dello sviluppo sovietico, sono atti non meno dei popoli europei a contribuire allo sviluppo di una cultura veramente progredita e di una civiltà veramente avanzata.
Nel passato “era d’uso” pensare che il solo metodo per liberare i popoli oppressi fosse il metodo del nazionalismo borghese, il metodo di allontanare le nazioni le une dalle altre, il metodo di dividerle, il metodo di rafforzare gli odi nazionali tra le masse lavoratrici delle diverse nazioni.
Oggi bisogna considerare questa leggenda come sfatata. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa leggenda, dimostrando coi fatti la possibilità e l’opportunità del metodo proletario, internazionalista, di liberazione dei popoli oppressi, come solo metodo giusto, dimostrando coi fatti la possibilità e l’opportunità dell’unione fraterna degli operai e dei contadini delle nazionalità più diverse, unione basata sul principio del libero consenso e dell’internazionalismo. L’esistenza della Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, che costituisce il prototipo della futura unione dei lavoratori di tutti i paesi in una economia mondiale unica, non può non esserne la prova diretta.
È superfluo dire che questi e analoghi risultati della Rivoluzione d’Ottobre non potevano e non possono che esercitare una grande influenza sul movimento rivoluzionario dei paesi coloniali e dei paesi dipendenti. Fatti come lo sviluppo del movimento rivoluzionario dei popoli asserviti della Cina, dell’Indonesia, dell’India, ecc. e l’aumento della simpatia di questi popoli per l’URSS lo confermano in modo sicuro.
L’era del tranquillo sfruttamento e dell’oppressione indisturbata delle colonie e dei paesi soggetti è tramontata.
È incominciata l’era delle rivoluzioni liberatrici delle colonie e dei paesi dipendenti, l’era del risveglio del proletariato di questi paesi, l’era della sua egemonia nella rivoluzione.
- La Rivoluzione d’Ottobre, gettando il seme della rivoluzione nei centri dell’imperialismo e nelle sue retrovie, indebolendo la potenza dell’imperialismo nelle “metropoli” e scuotendone il dominio nelle colonie, ha messo in forse l’esistenza stessa del capitalismo mondiale, nel suo insieme.
Se nel periodo dell’imperialismo lo sviluppo spontaneo del capitalismo ha degenerato – a causa della sua ineguaglianza, a causa dell’inevitabilità dei conflitti e delle collisioni armate, a causa, infine, del massacro imperialista senza precedenti – in un processo di decomposizione e di agonia del capitalismo, la Rivoluzione d’Ottobre e il conseguente distacco di un paese immenso dal sistema mondiale del capitalismo non potevano che accelerare questo processo, minando a passo a passo le fondamenta stesse dell’imperialismo mondiale.
C’è di più. La Rivoluzione d’Ottobre, scuotendo l’imperialismo, ha creato in pari tempo la prima dittatura proletaria, base potente e dichiarata del movimento rivoluzionario mondiale, base che questo movimento non aveva mai avuto precedentemente e sulla quale oggi può appoggiarsi. Essa ha creato un centro potente e dichiarato del movimento rivoluzionario mondiale, centro che questo movimento non aveva mai avuto prima e attorno al quale, oggi, esso può raggrupparsi, organizzando il fronte unico rivoluzionario dei proletari e dei popoli oppressi di tutti i paesi contro l’imperialismo.
Ciò significa, innanzi tutto, che la Rivoluzione d’Ottobre ha inferto al capitalismo mondiale una ferita mortale, che esso non sanerà mai più. Appunto per questo il capitalismo non ritroverà mai più l’”equilibrio” e la “stabilità” che possedeva prima dell’Ottobre.
Il capitalismo può stabilizzarsi parzialmente, può razionalizzare la sua produzione, dare al fascismo la direzione del paese, domare momentaneamente la classe operaia, ma non ritroverà mai più la “tranquillità”, la “sicurezza”, l”’equilibrio” e la “stabilità” di cui si vantava nel passato, perché la crisi del capitalismo mondiale ha raggiunto un tal grado di sviluppo che le fiamme della rivoluzione devono inevitabilmente aprirsi un varco ora nei centri dell’imperialismo, ora alla periferia, rendendo vani tutti i palliativi capitalistici e affrettando di giorno in giorno la caduta del capitalismo. Precisamente come nella nota favola: “Se ritira la coda, affonda il becco; se ritira il becco, affonda la coda”.
Ciò significa, in secondo luogo, che la Rivoluzione d’Ottobre ha elevato notevolmente la forza e il peso specifico, il coraggio e la combattività delle classi oppresse di tutto il mondo, costringendo le classi dominanti a tener conto di esse come di un fattore nuovo, importante. Oggi non è più possibile considerare le masse lavoratrici del mondo come una “folla cieca”, errante nelle tenebre e priva di prospettive, perché la Rivoluzione d’Ottobre ha creato per queste masse un faro che illumina loro la via e apre loro delle prospettive. Se nel passato non v’era una tribuna universale aperta per manifestare e formulare le speranze e le aspirazioni delle classi oppresse, oggi questa tribuna esiste, ed è la prima dittatura proletaria.
Non si può mettere in dubbio che la distruzione di questa tribuna piomberebbe per lungo tempo la vita politica e sociale dei “paesi progrediti” nelle tenebre d’una reazione nera e sfrenata. Non si può negare che il semplice fatto dell’esistenza dello “stato bolscevico” mette un freno alle forze nere della reazione, facilitando alle classi oppresse la lotta per la loro liberazione. Ciò spiega, in fin dei conti, l’odio bestiale che gli sfruttatori di tutti i paesi nutrono contro i bolscevichi.
La storia si ripete, quantunque su una base nuova. Come nel passato, nel periodo della caduta del feudalesimo, la parola “giacobino” suscitava l’orrore e l’odio degli aristocratici di tutti i paesi, così attualmente, nel periodo della caduta del capitalismo, la parola “bolscevico” suscita nella borghesia di tutti i paesi odio ed orrore. E viceversa, come Parigi era nel passato l’asilo e la scuola dei rappresentanti rivoluzionari della borghesia ascendente, così Mosca è oggi l’asilo e la scuola dei rappresentanti rivoluzionari del proletariato in ascesa. L’odio contro i giacobini non salvò il feudalesimo dal naufragio. Chi può mettere in dubbio che l’odio contro i bolscevichi non salverà il capitalismo dalla sua inevitabile disfatta?
L’era della “stabilità” del capitalismo è tramontata, e con essa è tramontata la leggenda dell’incrollabilità dell’ordine borghese.
È incominciata l’era del crollo del capitalismo.
- La Rivoluzione d’Ottobre non è soltanto una rivoluzione nel campo dei rapporti economici, politici e sociali. Essa è anche una rivoluzione nelle menti, una rivoluzione nell’ideologia della classe operaia. La Rivoluzione d’Ottobre è nata e s’è rafforzata sotto la bandiera del marxismo, sotto la bandiera dell’idea della dittatura del proletariato, sotto la bandiera del leninismo, che è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie. Perciò essa segna la vittoria del marxismo sul riformismo, la vittoria del leninismo sul socialdemocratismo, la vittoria della III Internazionale sulla II Internazionale.
La Rivoluzione d’Ottobre ha tracciato un solco incolmabile tra il marxismo e il socialdemocratismo, tra la politica del leninismo e la politica del socialdemocratismo.
Nel passato, prima della vittoria della dittatura del proletariato, la socialdemocrazia poteva pavoneggiarsi, drappeggiata nella bandiera del marxismo, senza negare apertamente l’idea della dittatura del proletariato, ma anche senza far nulla, assolutamente nulla, per affrettare la realizzazione di quest’idea; è chiaro che un simile atteggiamento della socialdemocrazia non creava nessuna minaccia per il capitalismo. Allora, in quel periodo, la socialdemocrazia, da un punto di vista formale, si confondeva, o quasi, col marxismo.
Oggi, dopo la vittoria della dittatura del proletariato, quando tutti hanno visto coi loro occhi dove conduce il marxismo e che cosa può significare la sua vittoria, la socialdemocrazia non può più pavoneggiarsi, drappeggiata nella bandiera del marxismo, non può più civettare con l’idea della dittatura del proletariato senza creare un certo pericolo per il capitalismo. Avendo rotto da tempo con lo spirito del marxismo, essa è stata costretta a rompere anche con la bandiera del marxismo, si è schierata apertamente e senza equivoco contro la Rivoluzione d’Ottobre, frutto del marxismo, contro la prima dittatura proletaria del mondo.
Oggi essa si è dovuta separare e si è effettivamente separata dal marxismo, perché nelle condizioni attuali non ci si può chiamare marxisti se non si sostiene apertamente e senza riserve la prima dittatura proletaria del mondo, se non si conduce una lotta rivoluzionaria contro la propria borghesia, se non si creano le condizioni per la vittoria della dittatura del proletariato nel proprio paese.
Tra la socialdemocrazia e il marxismo si è aperto un abisso. Ormai l’unico assertore e baluardo del marxismo è il leninismo, il comunismo.
Ma non ci si è fermati qui. Segnata una linea di demarcazione tra la socialdemocrazia e il marxismo, la Rivoluzione d’Ottobre è andata oltre, respingendo la socialdemocrazia nel campo dei difensori diretti del capitalismo contro la prima dittatura proletaria del mondo. Quando i signori Adler e Bauer, Wells e Levi, Longuet e Blum diffamano il “regime sovietico” esaltando la “democrazia” parlamentare, essi vogliono dire, con ciò, che combattono e continueranno a combattere per la restaurazione dell’ordine capitalistico nell’URSS, per la conservazione della schiavitù capitalistica negli stati “civili”.
L’attuale socialdemocratismo è il sostegno ideologico del capitalismo. Lenin aveva mille volte ragione quando diceva che gli uomini politici socialdemocratici dei nostri giorni sono “veri agenti della borghesia in seno al movimento operaio, commessi operai della classe dei capitalisti”, di dire che “nella guerra civile del proletariato contro la borghesia” essi si
schiereranno inevitabilmente “a fianco dei ‘versagliesi’ contro i ‘comunardi”’.
È impossibile finirla col capitalismo, senza aver posto fine al socialdemocratismo nel movimento operaio. Perciò l’era dell’agonia del capitalismo è in pari tempo l’era dell’agonia del socialdemocratismo nel movimento operaio.
La grande importanza della Rivoluzione d’Ottobre consiste tra l’altro nel fatto che essa segna il trionfo ineluttabile del leninismo sul socialdemocratismo nel movimento operaio mondiale.
L’era del dominio della II Internazionale e del socialdemocratismo nel movimento operaio è tramontata.
È incominciata l’era del dominio del leninismo e della III Internazionale.
(Stalin, Opere complete, vol. 10, pagg. 252-263)