Il 15 febbraio è entrato in vigore l’obbligo vaccinale per i cinquantenni e a partire da questa fascia di età il super Green Pass è diventato obbligatorio sui posti di lavoro. In tutta Italia il movimento No Green Pass ha organizzato cortei, proteste e manifestazioni. La mobilitazione contro questa misura, che si era affievolita nei mesi scorsi sotto i colpi della repressione, è ripartita in tutto il paese. Se i numeri non sono quelli dell’autunno passato, il passo avanti è nel ruolo assunto dai lavoratori. La mobilitazione convocata dai sindacati di base ha visto, infatti, una partecipazione principalmente operaia e le parole d’ordine hanno assunto connotati di classe più evidenti.
A Milano le proteste sono cominciate già il 14 febbraio, con lo sciopero proclamato dal Si Cobas e un presidio sotto la Prefettura.
Il 15 febbraio c’è stata una nuova giornata di sciopero, indetto a livello nazionale dal Sol Cobas e dalla Fisi, e un corteo cittadino. Nonostante la pioggia e il formale divieto della Questura, il corteo si è svolto con la partecipazione di circa 1000 persone fra studenti universitari e, principalmente, operai (in particolare lavoratori della logistica, del trasporto pubblico, di aziende metalmeccaniche).
Il P.CARC è intervenuto mettendo al centro la necessità di liberare il paese dal governo Draghi e indicando tre passi per sviluppare la mobilitazione: 1. rendere inapplicabile il Green Pass disobbedendo in forma sistematica e organizzata a questa misura; 2. non limitarsi all’essere contro le misure del governo, ma elaborare un piano alternativo di gestione dell’emergenza; 3. sviluppare il coordinamento con le altre organizzazioni operaie e popolari e rompere l’isolamento in cui tentano di confinarci.
Il Si Cobas ha proclamato per il 14 febbraio una giornata di sciopero generale nazionale. Questa decisione ha avuto il pregio di portare una linea più avanzata nella mobilitazione contro il Green Pass, perché ha chiamato alla lotta contro le altre misure del governo Draghi, ma ha anche alimentato il settarismo (e quindi la divisione tra i lavoratori) dal momento che lo sciopero è stato indetto in aperta contrapposizione con quello del 15 febbraio della Fisi e di altri sindacati di base, fra cui il Sol Cobas e varie federazioni della Cub.
Tuttavia il passo compiuto dal Si Cobas è stato importante perché ha rafforzato la mobilitazione dei tanti organismi operai e popolari e delle tante organizzazioni politiche che fin da subito si sono mobilitate per denunciare il carattere antioperaio del Green Pass e per contendere la direzione delle mobilitazioni No Green Pass alle organizzazioni reazionarie.
A Firenze si è svolto un presidio sotto la Prefettura. Hanno partecipato circa 70 persone, tra cui il Comitato Io non ci sto, il Comitato Precari contro il Green Pass, il Comitato lavoratori ALIA, un gruppo di lavoratrici sospese dall’ospedale Careggi, i lavoratori GKN, la Cub, i compagni dell’occupazione di Viale Corsica e la Sezione di Rifredi del P.CARC.
A Bologna si è svolta il 19 febbraio una manifestazione indetta dal Si Cobas ha trovato l’adesione della Cub e di Emilia Romagna Costituzione (un coordinamento di varie forze). L’alta partecipazione ha dimostrato che l’esigenza di una mobilitazione unitaria e quella a far valere il ruolo della classe operaia vivono già nelle piazze. Sono del tutto secondarie le discussioni su ciò che è emerso da alcuni interventi al microfono (ad esempio sulla situazione in Ucraina) o sul fatto che nella stessa piazza “convivessero” bandiere rosse e bandiere italiane: tutto quello che converge nella mobilitazione della classe operaia e che da essa trae forza è da valutare positivamente: è dimostrazione della necessità di individuare una nuova classe dirigente del paese nel disordine che avanza (vedi articolo a pag. 1).
Ancora a Milano il 19 febbraio, un corteo originariamente lanciato dagli studenti contro il Green Pass ha trovato l’adesione di realtà varie, anche molto diverse fra loro: dal Fronte del Dissenso, a Nuova Direzione e Ancora Italia, fino al P.CARC. Agli occhi di chi vive di uno sterile formalismo, i nomi e le scelte cromatiche dei simboli di alcune organizzazioni hanno richiamato alla mente “organizzazioni neofasciste”, motivo per cui una parte del movimento milanese è rimasta alla finestra.
Quello che hanno visto tutti coloro che hanno seguito la manifestazione, è stata la repressione della polizia che prima ha bloccato il corteo, poi ha sequestrato per due ore i partecipanti e infine ha scatenato la “consueta” caccia all’uomo per le identificazioni e le denunce a tappeto.
Una giornata di “ordinaria follia” che ripropone il problema della violenza poliziesca, dell’agibilità politica e della difesa degli spazi e delle forme di manifestazione in una “città vetrina” buona per gli spot della classe dominante, ma in cui crescono il degrado, l’insicurezza, la povertà… e la repressione.