La lotta degli studenti scuote il paese. Avanti fino alla vittoria!

Da un capo all’altro del paese gli studenti delle superiori e universitari sono tornati a riempire le piazze e a occupare scuole e facoltà. Un’ondata di proteste che non si vedeva da tempo, un segnale positivo che può e deve confluire nella mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari per cacciare il governo Draghi.

No alla scuola dei padroni!
L’ondata di mobilitazioni studentesche comincia tra novembre e dicembre, con le proteste e le occupazioni contro la gestione della pandemia. Il 21 gennaio lo studente diciottenne Lorenzo Parelli muore schiacciato da una trave durante il suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro. Nei giorni seguenti gli studenti protestano nelle piazze di tutte le principali città del paese.
La risposta del governo arriva con le manganellate della celere che reprime i cortei studenteschi, in particolare a Torino, Milano, Roma e Napoli. Negli stessi giorni il Ministro dell’Istruzione Bianchi reintroduce le due prove scritte per l’esame di maturità, misura immediatamente contestata dagli studenti, che chiedono un esame più “leggero” in ragione degli ultimi due anni passati in DAD.
Gli studenti non si fanno intimorire dalla repressione e rilanciano la mobilitazione con una nuova ondata di occupazioni – nel momento in cui scriviamo solo a Torino sono 20 le scuole occupate – e di proteste da un capo all’altro del paese.
Si susseguono manifestazioni chiamate da reti cittadine dei collettivi, dai sindacati degli studenti, dal Fronte della Gioventù Comunista, che combinano la protesta contro l’alternanza scuola-lavoro, contro lo smantellamento della scuola pubblica e la gestione della pandemia con quella contro gli esami scritti alla prova di maturità. In questo contesto, il 14 febbraio muore un altro studente, Giuseppe Lenoci, durante uno stage lavorativo, in un incidente stradale avvenuto a 70 km dall’azienda dove “lavorava”: ecco a cosa porta affidare ai padroni la formazione dei giovani!
La manifestazione nazionale del 18 febbraio, chiamata inizialmente contro l’esame scritto per la maturità, diventa occasione per ricordare Lorenzo e Giuseppe e momento di protesta contro l’alternanza scuola-lavoro, contro Confindustria e contro il governo. Più di duecentomila studenti invadono le strade di tutto il paese.
Sono confluiti nelle manifestazioni di queste settimane anche diversi gruppi di studenti universitari contro il Green Pass che, in vista dell’entrata in vigore dell’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro, hanno ripreso con forza la lotta, occupando dal 26 al 28 gennaio il rettorato dell’università di Torino e chiamando alla manifestazione del 19 febbraio a Milano alla quale hanno partecipato alcune centinaia di persone.

Gli studenti hanno elevato il livello e la qualità della mobilitazione
I temi sollevati dagli studenti non sono “corporativi”, non riguardano cioè solo loro, ma vanno alla radice del problema, investono tutta l’azione di governo e il modello di società capitalista. Questo apre allo sviluppo del legame tra mobilitazioni studentesche e operaie.
Inoltre da subito è emersa la tendenza al coordinamento tra i gruppi di studenti di differenti città: fin dalle prime proteste autunnali si è evidenziato un legame sia ideale (adozione delle stesse parole d’ordine) che organizzativo con incontri nazionali e momenti comuni di confronto politico. Ad esempio gli studenti romani del Coordinamento della Lupa hanno tenuto assemblee a Milano, portando la loro esperienza sulle occupazioni di dicembre e dando impulso a quelle nel capoluogo lombardo; gli studenti del gruppo solidali GKN (sia universitari che medi) da settimane girano l’Italia per promuovere la partecipazione del mondo della scuola alla manifestazione del 26 marzo a Firenze, indetta dal CdF. Studenti e lavoratori di tutto il paese si uniscono nella lotta contro il governo Draghi e le sue misure!

Un orientamento giusto contro la repressione
Un post sulla pagina Facebook del Fronte della Gioventù Comunista in poche righe sintetizza un principio fondamentale: mai farsi dividere dalle autorità e dalle istituzioni fra buoni e cattivi.
“È iniziata l’operazione per dividere il movimento studentesco. Diversi giornali lanciano fake news, parlano di “strumentalizzazioni”, manovre politiche, infiltrazioni. Vanno alla ricerca di dichiarazioni per sostenere questa retorica; addirittura hanno inventato la notizia (poi smentita) della Consulta di Torino che si sarebbe dissociata dalle piazze.
Vogliono spaventare gli studenti, convincerli che la lotta non serve. Le organizzazioni giovanili vicine al governo, travolte dalle proteste di ieri, ora tenteranno di dividere e trascinare tutto su posizioni arrendevoli che portano alla sconfitta, col sostegno di certi giornali e delle tv.
È un copione già visto. Smascheriamoli, non permettiamogli di sfibrarci. Hanno paura della forza che hanno visto ieri.
Serriamo i ranghi, avanziamo uniti”.

Allargare ancora la mobilitazione
La mobilitazione degli studenti sta assumendo forza, si tratta adesso di far valere fino in fondo questa forza per cambiare il corso delle cose nel nostro paese. Come?
1. Promuovendo l’organizzazione e la mobilitazione degli studenti che ancora non partecipano, sviluppando ulteriormente lo scambio e il confronto tra diverse scuole e città.
2. Organizzandosi per rendere inapplicabili le misure contestate al governo e al Ministro Bianchi ed elaborare e imporre le proprie soluzioni, ad esempio boicottando l’alternanza scuola-lavoro e definendo in autonomia i percorsi formativi da svolgere.
3. Rafforzando il legame con le altre mobilitazioni, in particolare con quelle della classe operaia, cominciando dal confluire nella manifestazione promossa per il 26 marzo dagli operai GKN.

Prendere in mano l’alternanza scuola-lavoro
L’alternanza scuola-lavoro è un problema perché è piegata alla logica del profitto attorno a cui gira tutta la società. Come può essere formativa e sicura, se è gestita dai padroni, che in essa vedono solo l’opportunità di manovalanza a costo zero? Se avviene in un contesto dove ogni giorno piangiamo 3 o 4 morti sul lavoro?
Bisogna far saltare questa alternanza scuola-lavoro. Affiancare alle iniziative di protesta, iniziative per prendere in mano la questione, scuola per scuola, per: 1. boicottare i percorsi di alternanza che si ritengono inadeguati, 2. definire in autonomia (e imporre) percorsi realmente formativi per gli studenti e utili per le masse popolari del territorio.

Cosenza: Occupazione contro gli abusi sessuali
Di particolare importanza è stata la mobilitazione degli studenti dell’Istituto Valentini-Majorana per il verminaio che ha scoperchiato, per la partecipazione popolare che ha raccolto e per la forza che la lotta ha espresso.
Tutto è iniziato a inizio febbraio, quando gli studenti hanno denunciato la presenza di un insegnante che da anni molestava le ragazze della scuola, con la complicità della preside che lo copriva.
Decisi ad avere risposte, i ragazzi hanno occupato l’Istituto, tenendolo per due settimane e coinvolgendo genitori e docenti nella lotta, fino ad ottenere l’autosospensione della preside. Lo sfascio della scuola pubblica è anche questo: ancora una volta sono gli studenti che devono garantire la loro stessa sicurezza.

Costruire il legame con la classe operaia
Fin da subito sono scesi in piazza insieme agli studenti anche i lavoratori di varie sigle del sindacalismo di base che hanno partecipato ai presidi contro l’alternanza scuola-lavoro.
L’esempio più avanzato di costruzione di un saldo legame tra studenti e classe operaia è quello di Firenze, dove gli operai della GKN partecipano alle mobilitazioni, vanno a parlare nelle scuole, sostengono le occupazioni, mentre vengono a loro volta sostenuti dagli studenti di tutto il paese. Nelle piazze studentesche, da Firenze a Roma a Cosenza, è capitato spesso di sentire intonare il coro degli operai GKN.
Anche gli operai della Caterpillar di Jesi vanno nella stessa direzione. Hanno partecipato con uno spezzone al corteo studentesco del 18 febbraio a Fermo, mentre gli studenti di due classi dell’ISS Cuppari Salvati di Jesi sono stati portati da un professore al presidio degli operai per tenere lì una lezione di diritto del lavoro.

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