Ai parlamentari che non hanno votato Mattarella

Durante la settimana in cui si è svolta l’elezione del Presidente della Repubblica è andato in scena “il meglio” del teatrino della politica borghese.
Il risultato è stato il Mattarella bis. Fra mille giravolte e retroscena, gli unici a non partecipare al misfatto sono stati i parlamentari di Fratelli d’Italia e una componente del gruppo Misto insieme ai parlamentari di Alternativa, molti dei quali – se non tutti – fuoriusciti o espulsi dal M5S.
Riguardo a Fratelli d’Italia, c’è ben poco da dire. Giorgia Meloni prosegue le manovre per attestarsi come “opposizione responsabile” alle Larghe Intese. Ma è opposizione di facciata.
Fratelli d’Italia è parte del sistema politico delle Larghe Intese, è compartecipe della sottomissione del paese alla NATO, alla UE e al Vaticano (altro che patrioti!) è stato ed è coprotagonista di tutte le manovre antioperaie e antipopolari.
E gli altri? Per loro il discorso è molto diverso.
La maggior parte dei parlamentari del gruppo Misto e Alternativa che non hanno votato Mattarella sono davvero in opposizione a Draghi e alle Larghe Intese. Il loro ruolo e la loro azione possono essere preziosi per gli organismi operai e popolari (ricordiamo qui solo la presentazione del DDL antidelocalizzazioni degli operai GKN). Ma la loro azione è frenata dal fatto che non hanno mai fatto un bilancio dell’esperienza (della parabola) del M5S e pertanto tendono a ripetere gli stessi errori.
Abbiamo detto molte volte che la parabola del M5S non è da imputare principalmente a questo o quel capo politico: l’opportunismo, il carrierismo, la corruzione morale dei singoli (soprattutto dei dirigenti) sono fenomeni, per certi versi, da “mettere in conto”. Ma se un progetto politico della portata del M5S si disgrega con la stessa rapidità con cui è nato (anzi più velocemente), la questione è politica e non può essere liquidata come un limite dei singoli.
Noi di questioni ideologiche politicamente limitanti, interne al M5S, ne abbiamo individuate tante, ma tre sono quelle decisive:

il legalitarismo, cioè la convinzione che i motivi per cui il paese è allo sfascio risiedono nel mancato rispetto delle regole e delle leggi da parte di chi governa e che per cambiare le cose è sufficiente rispettare le leggi “giuste” che già ci sono e abrogare/impedire quelle sbagliate, fatte a tutela degli interessi “della casta”;

il conciliatorismo, cioè cercare di tenere insieme interessi che per loro natura sono inconciliabili: quelli dei capitalisti e quelli dei lavoratori, quelli di chi devasta l’ambiente e quelli delle popolazioni avvelenate dall’inquinamento, quelli degli speculatori e quelli delle masse popolari;

la sfiducia nelle masse popolari che si è manifestata nel progressivo restringimento degli spazi di discussione, decisione, trasparenza e protagonismo dal basso (declamati a parole), in favore del politicantismo tipico dei vecchi tromboni della politica borghese.

Nei mesi scorsi abbiamo cercato un confronto con vari parlamentari dimessi o espulsi dal M5S; abbiamo avviato con alcuni un ragionamento per indurli a confermare, arricchire o smentire la nostra analisi, a partire dalla loro personale esperienza.
In termini pratici, tuttavia, quei limiti li riscontriamo ancora. La rielezione di Mattarella ci offre la possibilità di fare un esempio.
È stato molto positivo aver trovato un candidato alternativo su cui far convergere i voti dell’opposizione (quella vera). Il pregio non è stato tanto nel nome del candidato, Paolo Maddalena, ma soprattutto nel fatto che è stato avviato un percorso di aggregazione, un percorso comune.
Poi, forse per reali questioni di principio (la posizione di Maddalena molto arretrata sull’aborto) o forse perché queste questioni sono state usate per rinverdire lo spirito di concorrenza in vista di eventuali prossime elezioni, quel percorso è stato interrotto.
Dall’elezione di Mattarella si è susseguita una pioggia di dichiarazioni e prese di posizione: sullo schifo del teatrino della politica, sull’incostituzionalità della manovra, sulle trame delle Larghe Intese per tentare di tenere “la barca in pari”. Ma nessuno si è preso la responsabilità di convocare una manifestazione.
Il primo messaggio che passa da un simile comportamento è che la situazione descritta attraverso denunce e prese di posizione non è poi tanto grave. Il secondo messaggio è che se anche fosse grave, questo è il massimo che si può fare. Il terzo messaggio è che non si ha sufficiente fiducia nelle masse popolari, come se l’unica forma di opposizione alle Larghe Intese debba esprimersi “nei palazzi” perché nelle piazze nessuno ha niente da dire.
Si tratta, anche in questo caso, di manifestazioni palesi dei limiti del M5S, che abbiamo visto mille volte: “Noi vorremmo cambiare le cose, ma non ce lo lasciano fare”. Ma il risultato di questo atteggiamento lo conosciamo bene e lo conoscono bene anche i parlamentari ex M5S.

Rivolgendoci idealmente proprio a loro, questo è il discorso.
Il paese è allo sbando e l’opposizione fatta di dichiarazioni e piccoli esempi di condotta individuale contano poco. C’è bisogno di un’opposizione che si ponga realmente in alternativa alle Larghe Intese. Non basta dire “noi siamo l’alternativa”; occorre fare l’alternativa. Come?

– Facendo e promuovendo un bilancio serio, approfondito, collettivo e pubblico della vostra esperienza e dei motivi della parabola discendente del M5S. Esso è necessario, come per un individuo che diventa adulto e vuole prendere la sua strada è indispensabile tracciare un bilancio sulla propria famiglia di origine.

– Ponendosi come riferimento per le masse popolari. Non assestandosi, però, al ruolo di “opinionisti di riferimento” (atteggiamento tipico di chi fa politica per raccogliere voti), ma promuovendo concretamente la mobilitazione, rafforzando gli organismi operai e popolari che esistono e contribuendo a crearne di nuovi (politica intesa come partecipazione).

Vale per voi ciò che vale per il CLN: chi si incaponisce nel perseguire la strada elettorale per cambiare il paese è destinato a fallire. Si ritroverà in un vicolo cieco. Non lo diciamo (solo) noi, lo dice l’esperienza della sinistra radicale dal 2008 a oggi e, più in grande, quella del M5S.

Potete svolgere un ruolo e un’azione preziosi, a patto che vi mettiate a completa disposizione di quegli organismi di base che già si mobilitano, che sono già “il cuore della nuova resistenza”.

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