Da quando a inizio gennaio il professor Ugo Mattei ha annunciato la ri-costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) è stato bersagliato da critiche e denigrazioni da tutto lo schieramento di utili e inutili idioti del mainstream al servizio di Draghi e della borghesia e pure da una parte della sinistra che si ritiene esclusiva erede e depositaria dei valori e delle conquiste della Resistenza.
Ugo Mattei ha detto il vero. Serve un nuovo CLN che come il vecchio si metta alla testa della mobilitazione popolare per liberare il paese dalle forze occupanti. E ha ragioni da vendere, anche se le condizioni in cui si trova a operare il nuovo CLN sono diverse da quelle in cui operò il suo predecessore per liberare l’Italia dai nazifascisti. Le sue ragioni vanno quindi contestualizzate all’oggi.
Nell’Editoriale di questo numero di Resistenza spieghiamo cosa significa che l’Italia è un paese occupato, riassumiamo il percorso che ha portato a questa situazione e aggiungiamo che la nuova lotta di liberazione nazionale, per essere vittoriosa, deve coincidere con una tappa della lotta per l’instaurazione del socialismo.
Sappiamo che questa analisi e questa linea incontreranno più critiche che sostegno. La debolezza del movimento comunista del nostro paese, oltre ad essere concausa della situazione in cui versa il paese, è anche uno dei motivi per cui sono tanto diffuse le speranze illusorie che la soluzione alla crisi generale e ai suoi effetti possa arrivare da qualche esponente illuminato della classe dominante o cadere dal cielo (vedi articolo “Ragionare oltre i limiti del senso comune”). Le critiche, dunque, saranno utili per andare più a fondo nel dibattito con i lavoratori di avanguardia sull’analisi della situazione e sui compiti dei comunisti.
Noi, però, non possiamo basare la nostra azione sulla comprensione/condivisione che di essa hanno i partiti e gli organismi della sinistra borghese il cui orizzonte si limita a cercare di riformare il capitalismo e alla partecipazione elettorale o che pensano sia sufficiente radicalizzare ed estendere le lotte per cambiare il corso disastroso delle cose.
Il centro del discorso è che limitarsi a raccogliere le forze per presentarsi alle elezioni o per dare più slancio alle proteste non affronta e non risolve la questione principale: i lavoratori organizzati e le masse popolari organizzate devono imporre un governo che faccia i loro interessi, un governo di emergenza popolare.
Portare i lavoratori organizzati e le masse popolari organizzate a imporre un loro governo di emergenza è il nostro obiettivo. Il CLN è uno strumento utile per adempiere questo compito.
Se il CLN sarà all’altezza delle aspettative, alcuni dei suoi membri e aderenti formeranno questo governo che attuerà tutte le misure necessarie a far fronte agli effetti più devastanti della crisi. Se non sarà capace di farlo, esso si dissolverà e le masse popolari dovranno trovare un’altra strada per proseguire la lotta per una nuova liberazione nazionale.
È chiaro, con questa premessa, che il principale compito del nuovo CLN è favorire la più ampia e capillare organizzazione delle masse popolari. Esattamente come fece il vecchio CLN: costruendo comitati di liberazione in ogni azienda, scuola, quartiere, città e regione e creando una rete politica e organizzativa.
E, certo, bisogna combinare l’iniziativa sul piano istituzionale, giuridico e legale con l’iniziativa sul piano della mobilitazione e delle proteste di piazza. Bisogna favorire l’organizzazione dal basso affinché siano gli stessi organismi aderenti al CLN a elaborare le soluzioni ai problemi e a mobilitarsi per attuarle.
Cosa deve fare concretamente il nuovo CLN
A fronte della minaccia di chiusura e delocalizzazione di un’azienda il nuovo CLN deve
– predisporre la battaglia giuridica (presentazione di esposti, denunce, ricorsi),
– portare ogni organismo che afferisce ad esso o ne è influenzato a mettere in campo iniziative di protesta contro i vertici della Repubblica Pontificia e i padroni e iniziative di sostegno alla mobilitazione degli operai (promozione di casse di resistenza, supporto logistico ai lavoratori in presidio o che occupano la fabbrica);
– mettere a disposizione tecnici, ingegneri ed esperti di vario genere per elaborare e dare gambe a progetti di produzione (far funzionare l’azienda) per difendere i posti di lavoro esistenti e crearne di nuovi;
– dare risonanza mediatica alla lotta attraverso tutti i mezzi a disposizione.
Nella lotta contro il Green Pass il nuovo CLN deve
– disporre la battaglia istituzionale e giuridica (sia contro i decreti legge che lo impongono che per la difesa e la tutela legale delle migliaia di discriminati e denunciati, multati, arrestati durante le manifestazioni di protesta);
– portare ogni organismo che afferisce ad esso o ne è influenzato a mettere in campo iniziative di disobbedienza civile ed estenderle ovunque possibile, oltre a farne promuovere di eclatanti dai suoi personaggi più autorevoli;
– promuovere il coordinamento delle diverse mobilitazioni popolari, in modo da rafforzare il fronte comune della nuova liberazione nazionale e contrastare la guerra fra poveri promossa dalla classe dominante.
Gli esempi in cui il nuovo CLN può operare da subito sono innumerevoli, tanti quanti sono i focolai di mobilitazione contro gli effetti della crisi di cui sono protagonisti i lavoratori e le masse popolari. Dalla sanità alla scuola pubblica, dalla difesa dell’ambiente alla lotta per il diritto alla casa.
Nel nostro paese, in questa fase, non serve moltiplicare i focolai di lotta e resistenza, serve costruire un centro politico autorevole che li coordini tutti; che valorizzi quello che gli organismi operai e popolari già fanno e che li spinga oltre; che raccolga aspirazioni e obiettivi in un programma politico di mobilitazione PRATICA; che si dia i mezzi per perseguire quel programma senza se e senza ma.
Se il nuovo CLN sarà capace di incarnare questo centro, diventerà autorevole e corrispondente al nome che si è dato. Allora assumerà un ruolo positivo e aprirà una strada.
Con l’obiettivo di favorire questo processo il P.CARC partecipa ai lavori per la sua costituzione, per il suo rafforzamento, per la sua ramificazione e sviluppo, chiamando i comunisti e gli organismi operai e popolari a entrarvi in relazione, a collaborare, a coordinarsi e ad agire come ramificazioni locali del CLN.
Tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943, la classe dominante italiana travolta da una disfatta bellica ormai sicura, decide di sbarazzarsi di Mussolini e dell’alleanza con la Germania di Hitler. In tutta Italia cominciano a formarsi spontaneamente, nelle aziende, nei quartieri e nei caseggiati, comitati popolari che si pongono l’obiettivo di condurre fino alla vittoria la guerra di liberazione contro il nazifascismo. Il 9 settembre 1943, i sei principali partiti antifascisti (comunisti, socialisti, liberali, democristiani, azionisti, demo-laburisti) costituiscono il Comitato di Liberazione Nazionale, un organismo che ha il compito di coordinare l’azione dei comitati già esistenti, promuovere la formazione di nuovi comitati, inserirli in un quadro nazionale. Il CLN agisce come governo alternativo del paese, in grado di contendere colpo su colpo il potere al governo ufficiale e alle sue istituzioni e dotato di proprie forze armate, le brigate partigiane. Nelle zone di occupazione tedesca, in particolare, esso non si limita alla lotta armata contro i nazifascisti, ma attraverso i CLN locali svolge la funzione di nuovo potere, organizzando scioperi, sabotaggi, riorganizzando la produzione, la requisizione e la distribuzione alla popolazione dei viveri in partenza per la Germania. Nell’estate del 1944, si costituiscono nel Nord del paese 21 repubbliche partigiane, zone libere dall’occupazione tedesca dove si installano giunte di governo locale che prefigurano il futuro assetto dell’Italia liberata. In esse vive l’espressione più compiuta del nuovo potere delle masse popolari. (...) Il CLN non fu un semplice coordinamento di partiti antifascisti, ma un centro politico in grado di dare slancio all’iniziativa delle masse popolari. La sua forza era data dal legame con le masse popolari, dai CLN di base, che lo rendeva capace di elaborare parole d’ordine che le masse seguivano perché le riconoscevano utili ai loro interessi. Da qui, in definitiva, derivò il potere del CLN, l’efficacia e il riconoscimento delle sue disposizioni e della sua organizzazione”. Da “Come il CLN nella Resistenza” – Resistenza n. 4/2020.
Sovranità nazionale
La lotta contro le forze occupanti e per la sovranità nazionale in questa fase si articola su quattro fronti:
– lotta per impedire chiusure e delocalizzazione delle aziende italiane e la loro vendita ai gruppi multinazionali; per mantenerle aperte e in funzione (pretendere l’attuazione degli articoli 41, 42 e 43 della Costituzione); per nazionalizzare quelle come Alitalia, Stellantis, TIM, ecc. Non c’è sovranità nazionale, non c’è benessere sociale né sicurezza personale senza un’effettiva direzione statale e dei lavoratori sulle attività economiche che si svolgono in Italia;
– lotta contro la UE e le sue istituzioni (rifiuto del debito pubblico, dei patti di stabilità, del pareggio di bilancio in Costituzione, dell’assegnazione di quote di produzione in campo agricolo e industriale, ecc.);
– lotta contro la NATO (no alle basi e installazioni militari, alla partecipazione a missioni di guerra, alle sanzioni economiche contro altri paesi, all’impunità giudiziaria per i militari USA, ecc.);
– lotta contro il Vaticano (abolizione dei Patti Lateranensi e di tutti i privilegi di cui gode la Chiesa cattolica).
Mantenere il Vaticano
1.250.000.000 € per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole 1.131.196.216 € per l’Otto per Mille 620.000.000 € esenzioni IMU (ICI, TARES, TASI) 500.000.000 € contributi delle amministrazioni locali alle scuole cattoliche 430.000.000 € contributi statali alle scuole cattoliche 300.000.000 € servizi appaltati in convenzione ad organizzazioni cattoliche 2.532.708.033 € altri costi (contributi erogati da Comuni, Regioni e Stato, esenzione IVA, convenzioni pubbliche con la sanità cattolica, Cinque per Mille, contributi statali alle università cattoliche, contributi statali per i cappellani negli ospedali, altre tariffe agevolate o esenzioni, ecc.) TOTALE 6.764.274.249 € Secondo l’inchiesta dell’UAAR queste sono le cifre (approssimate per difetto) di quanto costa ogni anno allo Stato italiano mantenere il Vaticano e le sue ramificazioni. La cifra reale è impossibile da quantificare.
“In Italia la Chiesa non è una religione. La religione è solo il pretesto e la veste ideologica di una struttura politica monarchica feudale. (…) La Chiesa e il suo capo assoluto, il Papa, formano il governo supremo di ultima istanza dell’Italia. Essa non annuncia né programmi né orientamenti né presenta alcun bilancio del suo operato, perché sul suo operato essa non riconosce al popolo italiano alcun diritto di voto e nemmeno d’opinione”
da Il Manifesto Programma del (nuovo)PCI