La nave dei padroni affonda, ma noi no

Pubblichiamo la breve testimonianza di una lavoratrice dipendente nel settore del turismo che sta affrontando, con i colleghi, una lunga procedura di licenziamento. Dato il contesto, preferisce rimanere nell’anonimato. 
Sono milioni i lavoratori in balia dei licenziamenti selvaggi.
Quest’esperienza mostra che anche dove non c’è possibilità di mantenere il posto di lavoro (perché l’azienda ormai è una “nave che affonda”) esiste la possibilità di sviluppare organizzazione.

Sono una lavoratrice di un’azienda del terzo settore a Firenze e voglio riportare la mia esperienza perché penso possa essere utile alle migliaia di lavoratori e lavoratrici nelle mie stesse condizioni.

Con la pandemia il settore turistico nella nostra città è crollato. A marzo 2020 l’azienda ha chiuso gran parte dei servizi e ha ridotto il lavoro di oltre il 70%. È da quella data che quei pochi che come me hanno continuato a lavorare, lavorano il 30% dell’orario ordinario, con quello che ne consegue in termini di riduzione dello stipendio.

A partire da gennaio 2021 l’azienda ha cominciato a ridurre ulteriormente l’orario di lavoro. È iniziata una forte pressione da parte dei vertici aziendali che ha indotto molti a dare le dimissioni.

A dicembre 2021 la direzione convoca – separatamente – me e altri colleghi per proporre ad alcuni un accordo consensuale di risoluzione del contratto e ad altri una variazione contrattuale (ovviamente al ribasso). Ciascuno di noi è invitato a “mantenere la riservatezza”: un modo per isolarci e mantenerci in uno stato di soggezione. Contravvenendo all’invito ho deciso di contattare tutti i colleghi a cui era stata fatta questa proposta e così abbiamo avuto modo di parlare tra noi. È venuto fuori che l’azienda, per avvalorare il tentativo di licenziamento, aveva dichiarato di avere l’approvazione della CGIL.

Abbiamo quindi contattato la CGIL che, ovviamente, ha negato tutto e l’abbiamo costretta a inviare una lettera di smentita all’azienda rispetto al presunto accordo.

A seguito di questa lettera l’azienda è uscita allo scoperto con una mail, questa volta non individuale, ma indirizzata a tutti, dove prende atto della comunicazione della CGIL e cerca di prendere tempo. Subito dopo rilancia mettendo tutti i lavoratori a rischio licenziamento, me compresa, in cassa integrazione.

Ragionando con i colleghi, abbiamo deciso di non dare le dimissioni volontarie e di organizzarci per strappare tutto quello che ci spetta.

Da poco abbiamo scoperto che alcuni lavoratori, licenziati per aver “puntato i piedi”, sono stati sostituiti da altri nelle loro mansioni, cosa che prefigura una violazione del contratto e che ci offre altri mille agganci per proseguire questa battaglia (denuncia all’Ispettorato del Lavoro, vertenza per comportamento antisindacale, ecc.).
CE

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