Nel contesto di disinformazione e intossicazione dell’opinione pubblica che caratterizza il nostro paese, girano voci che a ridosso dell’elezione del presidente della Repubblica il Ministro Franco avrebbe depositato un disegno di legge per prorogare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2022.
Che la notizia sia vera o falsa è irrilevante, ai fini del discorso che stiamo facendo. Non ci affanneremo né a cercare conferme né a cercare smentite: la notizia è la tipica arma di distrazione di massa, una fra le tante, che vengono strumentalmente usate per alimentare la diversione dalla realtà.
La realtà, però, sono i fatti che bussano alla porta di casa nonostante il teatrino messo in piedi per l’elezione del Presidente della Repubblica, nonostante le menzogne e le chiacchiere per nascondere la gestione criminale della pandemia da parte del governo Draghi e delle Larghe Intese; la realtà sono gli aumenti del carovita e delle bollette nonostante la caccia ai “NO VAX” e nonostante il super Green Pass, sono i licenziamenti che cadono a pioggia, sono le aziende che chiudono e delocalizzano da un giorno all’altro, sono i 4 morti al giorno sul posto di lavoro e i milioni di contratti precari a 600 euro al mese.
La realtà è che, senza ci fosse il bisogno di decretarlo, il nostro paese è in stato di emergenza da molto tempo prima della pandemia e che le “misure di emergenza” della UE, degli imperialisti USA, di Draghi e di Confindustria peggiorano la situazione per tutte le masse popolari aumentano la sottomissione del nostro paese alla Comunità Internazionale degli imperialisti e alimentano la guerra fra poveri.
Per l’unità d’azione dei comunisti!
Indichiamo quattro campagne comuni sulle quali è possibile costruire subito l’unità d’azione:
1. contro lo smantellamento dell’apparato produttivo, in sostegno alle iniziative degli operai che si organizzano e alla promozione di organismi di operai (cosa che fa la differenza anche rispetto all’esito della singola vertenza, come emerge bene confrontando l’esito della lotta della GKN con quella della Whirlpool di Napoli o della Gianetti Ruote), con particolare attenzione ad alcuni settori strategici come l’automotive, la siderurgia, gli elettrodomestici e il trasporto aereo;
2. per la difesa e il miglioramento della sanità pubblica (contro lo smantellamento del SSN attraverso esternalizzazioni, privatizzazioni e gestione manageriale delle strutture ancora pubbliche);
3. contro la repressione (che si articola nella lotta contro l’obbligo di fedeltà aziendale, i divieti di manifestare, il Green Pass, ecc.);
4. per la sovranità nazionale, contro la UE e l sue istituzioni (debito pubblico, patti di stabilità, ecc.), contro la NATO (basi e installazioni militari, partecipazione a missioni di guerra, partecipazione alle sanzioni economiche contro altri paesi, ecc.), contro il Vaticano. Leggi tutto
“Lo stato di emergenza lo dichiariamo noi” dicevano i 99 Posse in una canzone del 2014 e avevano ben ragione a dirlo. In questi 8 anni trascorsi, la questione si è chiaramente posta sul piano della pratica: bisogna farlo.
Poiché non sono e non saranno le liturgie della democrazia borghese a risolvere la situazione (dall’elezione del Presidente della Repubblica alle elezioni politiche, referendum, ecc.) ci sono tre cose da fare per imporre dal basso misure straordinarie per fare fronte allo stato di emergenza.
1. Guardare oltre la propaganda di regime e resistere alla diversione dalla realtà promossa dai media di regime. Ogni volta che la classe dominante impone misure restrittive, reprime, cerca di isolare e criminalizzare una parte delle masse popolari, significa che da qualche parte la resistenza al programma comune di capitalisti, padroni e speculatori c’è. Anche se i media non ne parlano o ne parlano per terrorizzare la massa della popolazione, la resistenza esiste.
Ci sono mille focolai di resistenza che operano in ordine sparso, slegati fra loro e che invece bisogna unire e coordinare. Dai comitati per la sanità pubblica delle periferie delle grandi città ai comitati di cittadini contro la devastazione ambientale dei paesi: appartengono allo stesso campo, quello delle masse popolari; hanno lo stesso nemico, la borghesia imperialista, possono coordinarsi e il loro coordinamento deve essere favorito in ogni modo.
Il concetto è che nessuno è da solo, ogni gruppo che resiste, anche da solo, anche se apparentemente isolato, incarna la spinta al cambiamento del paese. Affinché oltre ad avere la spinta abbia anche la forza di cambiare il paese, deve legarsi ad altri.
2. Quale che sia la tematica per cui un organismo popolare nasce e di cui si occupa, deve legarsi alla mobilitazione della classe operaia. La classe dominante sta smantellando l’apparato produttivo del paese e sta saccheggiando e devastando il territorio. Solo la classe operaia ha la forza, la potenzialità di organizzazione e la possibilità di mettersi alla testa di una prospettiva alternativa. La storia del nostro paese è costellata di esempi del fatto che la quando la classe operaia è organizzata e promuove la sua politica, tutto il movimento delle masse popolari ha trovato slancio: dai Consigli di Fabbrica del Biennio Rosso fino a quelli degli anni Settanta. Oggi, un embrione di quella esperienza è ben riconoscibile nell’esempio del Collettivo di Fabbrica della GKN che proprio in ragione del tipo di organizzazione che si è dato, è stato capace di condurre efficacemente la battaglia contro i licenziamenti e di assumere un ruolo di spinta per tutto il movimento popolare della zona in cui opera e oltre (la battaglia è entrata oggi in una fase nuova, quella per l’effettiva reindustrializzazione).
3. Organizzarsi, organizzarsi e organizzarsi! In ogni azienda, in ogni scuola, in ogni quartiere: non importa essere in tanti, l’importante è iniziare. Passare dalla lamentela che le cose vanno male alla discussione sul perché vanno male e al ragionamento su cosa è possibile fare per invertire il corso disastroso delle cose. È vero, come abbiamo detto sopra, che nessuno è da solo, è altrettanto vero che nessuno si salva da solo!
Tre cose da fare per un obiettivo: un governo di emergenza popolare
“Nonostante le apparenze e la propaganda di regime, la questione del “dopo Draghi” è all’ordine del giorno.
Realisticamente le possibilità sono solo due: un governo delle Larghe Intese che “tira a campare” aggravando la crisi politica e lasciando il paese nelle mani della Comunità Internazionale, oppure un governo che affronta gli effetti più gravi della crisi in modo da salvaguardare gli interessi e i diritti delle masse popolari.
Un simile governo non può limitare la sua azione al rispetto delle leggi e delle prassi (“vorremmo fare, ma ce lo impediscono” era il ritornello del M5S al governo), deve prendere misure di emergenza attraverso procedure straordinarie; deve avvalersi della mobilitazione delle masse popolari organizzate.
Questo tipo di governo è quello che chiamiamo Governo di Blocco Popolare” [da “La spinta dal basso. Come si costituisce il Governo di Blocco Popolare?” – Resistenza n. 1/2022].