Rilanciamo, con annessa risposta, una interessante lettera inviataci da un nostro lettore, che si firma Giacomo Londra, rispetto alla conferenza stampa tenuta dal presidente del consiglio Mario Draghi lo scorso 9 gennaio.
Buona lettura!
***
Cari compagni dell’Agenzia Stampa,
“il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta…” è una vecchia filastrocca che non significa niente, ma se ben interpretata, ha rappresentato il successo di decine di attori. Allo stesso modo, in conferenza stampa, Draghi ha parlato di niente, ma la prova di recitazione non è stata memorabile.
Numeri, dati, invettive e indicazioni che significano poco, o meglio, dicono poco per evitare di non dire proprio niente e che quindi si capisca tutto. Le cose vanno bene ma la situazione è critica, l’economia cresce ma siamo in perdita, ci sono dei problemi ma non dipendono da noi, tutti uniti ce la faremo perché l’Italia è l’Italia.
Ecco la personale interpretazione di Draghi del “lonfo” in era Covid.
Ma che ha detto Draghi? “Vogliamo essere cauti ma anche cercare di minimizzare gli effetti economici e sociali della pandemia”. Effetti economici e sociali della pandemia. E quali sono? Le multinazionali che delocalizzano e licenziano da un giorno all’altro? I tre morti sul lavoro al giorno? Gli ospedali al collasso per mancanza di personale e posti letto? E scuole che nonostante l’allontanamento del personale non vaccinato sono diventate subito un luogo di contagio? Le piccole aziende che falliscono?
Quali sono per Draghi gli effetti economici e sociali della pandemia? O meglio, per chi il governo intende minimizzare gli effetti della pandemia? Certamente non per i lavoratori e il resto delle masse popolari. Il suo governo, del resto, non ha preso mezza misura per impedire le delocalizzazioni delle multinazionali, anzi ha manovrato per impedire l’approvazione di un emendamento scritto dagli operai GKN.
E i morti sul lavoro? Bisogna parlarne, tirare fuori i numeri e dichiarare nei tg che è una brutta cosa. Si ma poi? E poi niente. I morti so’ morti. La produzione è così, al rischio di impresa per il padrone corrisponde il rischio di morte per l’operaio. A ognuno il suo!
E gli ospedali? “La maggior parte dei problemi che abbiamo oggi è perché ci sono persone non vaccinate”. Mah. Ok, siamo d’accordo, il vaccino è un trattamento sanitario utile e necessario per fronteggiare la pandemia. Ma siamo sicuri che sia solo quello il problema? È almeno da dieci anni (in realtà è un processo cominciato 40 anni fa), dal governo Monti, che la sanità pubblica del nostro paese viene maciullata da tagli e privatizzazioni. In dieci anni sono stati tagliati: 37 miliardi di euro (al netto dell’inflazione), 70mila posti letto, il 6,8% dei medici di famiglia, il 10% dei presidi di guardia medica, 6mila medici, 12mila infermieri e 46mila dipendenti totali, il 51% dei posti di terapia intensiva e circa 200 ospedali. È da almeno dieci anni che la sanità è in ginocchio. Ma per Draghi la colpa è dei No Vax, come per Brunetta era dei fannulloni, per Tremonti dei parassiti ruba-stipendi e via così.
“La scuola va tutelata, protetta e non va abbandonata”. Esattamente quello che gli studenti e gli insegnanti stanno cercando di dire da mesi. Il problema è: come farlo? Per Draghi basta riaprire. Del resto Germania e Francia hanno riaperto, che figura ci facciamo? Per chi ci studia e ci lavora servono controlli, aule più grandi e classi meno numerose, misure sanitarie serie e che garantiscano la salute del personale e degli studenti. Ma il governo della BCE, della NATO, di Confindustria e del Vaticano risponde a loro non certo a studenti e insegnanti. Se si deve riaprire che si apra. Il come è secondario. Anche se, stante la situazione, anche il come è abbastanza scontato: a cazzo di cane.
E vabbè ma che ti aspettavi da Draghi, dirà qualcuno. Eppure c’hai ragione. Il punto è che fermarsi a constatare l’inutilità e la nocività del governo Draghi per chi la mattina si alza e va a lavorare è solo un pezzo del ragionamento.
Ma la questione è: che cosa si deve fare per liberarci di questo pessimo attore?
Giacomo Londra
***
Caro Giacomo,
hai ragione su parecchie cose. È un teatrino dell’orrore in cui il pessimo Draghi ha SOLO rinfocolato la caccia all’uomo contro i “no vax”. Ma soprattutto hai ragione nel dire che la questione principale è capire cosa dobbiamo fare e farlo. Proviamo a risponderti…
La questione è comprendere un altro aspetto e con esso quello che possiamo fare per invertire questo andazzo. L’aspetto è questo qui: gli artigli e il cinismo mostrato da Draghi e il suo governo sono la maschera dietro cui nasconde la sua debolezza.
È debole perché è un’accozzaglia, di partiti e relativi gruppi d’affari, messi insieme dalla disperazione. Si spingono e aggrappano l’uno all’altro sul ciglio del burrone in cui hanno condotto il paese. Un’accozzaglia che tiene il governo non per farsene qualcosa ma solo per impedire che lo prenda qualcun altro. Quel qualcun altro sono le masse popolari organizzate che in tutto il paese a vari livelli si organizzano e mobilitano contro il “governo dei migliori”; i tanti e nuovi soggetti (esponenti sindacali, politici antisistema, società civile, ecc.) che assumono ruolo di dirigenti e portavoce dei lavoratori e del resto delle masse popolari in antagonismo alle politiche dei partiti al governo; la parte delle masse popolari più avanzata in termini di coscienza, organizzazione e comprensione della realtà, i comunisti.
Sono queste le forze di cui l’accozzaglia che è al governo ha il terrore. Un’accozzaglia che non ha più nulla da dire se non provare a rompere l’unità di queste forze, a metterle l’una contro l’altra, a delegittimarle con i suoi mezzi d’informazione o a reprimerle con la forza della repressione. Un’accozzaglia fatta di parassiti e sfruttatori. Morti che camminano. Anzi strisciano.
E allora cosa bisogna fare per porre fine a questa sorta di apocalisse zombie? La soluzione ce l’abbiamo sotto il nostro naso. È lo sviluppo della forza, organizzazione e unità delle masse popolari, dei suoi elementi autorevoli e del movimento comunista cosciente e organizzato. La risposta è nel nostro campo.
Prendiamocele le fabbriche che le multinazionali abbandonano, riconvertiamole, nazionalizziamole e usiamole per il bene collettivo. Fermiamo noi la produzione che non rispetta i parametri di sicurezza e facciamo ingoiare con la lotta e la mobilitazione ai padroni ogni singola unghia che ci rompiamo. È questo il vero rischio d’impresa cari!
Riapriamoli noi gli ospedali, rimettiamo in funzione la sanità territoriale, prendiamoci cura della nostra salute in maniera pubblica, gratuita e universale. Diamo centralità alla scuola, non più batterie di polli da tenere a parcheggio per poi triturarli nella società ingiusta in cui viviamo ma luoghi di organizzazione, partecipazione, coscienza e formazione degli uomini e delle donne di domani. Insomma organizziamoci, uniamo le forze e diventeremo noi il governo del paese.
Tutto questo non è un sogno. È ciò che possiamo e dobbiamo fare. È quello che la borghesia cerca con tutte le sue forze di impedirci di fare come un pugno di uomini che tiene in ostaggio una città intera.
Il primo passo da fare è organizzarsi. In ogni luogo di lavoro, in ogni strada, quartiere o città bisogna unirsi a chi è nelle nostre stesse condizioni. Bisogna confrontarsi su quali sono i problemi e cominciare a cercare soluzioni, bisogna chiamare via via altri a fare lo stesso, a unirsi alla lotta per rendere realtà quelle soluzioni. Bisogna collegarsi con i lavoratori di altre aziende, altri quartieri e città e scambiarsi esperienze, unire le battaglia e mobilitarsi insieme.
Bisogna costruire una forza tale da andarsi a prendere la testa di Draghi e imporre un proprio governo del paese. Un governo che fondi la sua azione su quello che i lavoratori gli indicheranno di fare. Un Governo di Emergenza Popolare!
Le uniche risposte serie alle domande che ci poniamo sono quelle che dobbiamo darci da noi. Draghi, Mattarella, Bergoglio e il resto della cricca che comanda in Italia non hanno niente da dirci se non qualche fumoso discorso per prenderci per i fondelli: “Il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta…”. E di ‘sto fumo francamente non sappiamo più che farcene. È tempo d’arrosto.