La classe dominante riversa sulle masse popolari gli effetti della crisi generale. Questo provoca il costante peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone, che subiscono lo smantellamento dei diritti – anche quelli considerati “universali” fino al giorno prima – e delle tutele conquistati con le lotte dei decenni passati (due per tutti: il diritto al lavoro e alla salute).
La Costituzione è ridotta, sempre più, a carta straccia, ogni spazio di agibilità politica e sociale è rimesso in discussione. Ciò genera fra le masse popolari un diffuso malcontento, produce mobilitazioni e ribellioni a cui la classe dominante risponde – non può fare altrimenti – con la repressione.
Repressione selettiva dei comunisti e delle avanguardie di lotta (coloro che comprendono la natura della repressione e contrastano la guerra fra poveri in favore della lotta di classe) e repressione sempre più dispiegata e aperta delle ampie masse popolari.
Molti avvenimenti “grandi e piccoli” degli ultimi mesi confermano questa tendenza: inchieste per “terrorismo” e “associazione a delinquere” colpiscono collettivi e organizzazioni politiche (in ultimo il Circolaccio anarchico di Spoleto), altre organismi operai e popolari (dal CALP di Genova al Movimento NO TAV); licenziamenti per “motivi disciplinari” piovono su delegati sindacali e operai combattivi mentre migliaia di multe, DASPO, denunce e fogli di via colpiscono il movimento contro il Green Pass.
In questo contesto il P.CARC avvia dal mese di gennaio una campagna nazionale di lotta alla repressione.
L’obiettivo che ci poniamo è valorizzare e arricchire la lunga esperienza maturata dalla Carovana del (nuovo)PCI nella più che trentennale esperienza di resistenza e lotta alla repressione e sviluppo della solidarietà di classe per formare e formarci a combattere al meglio la lotta di classe in corso. Ciò significa, tra l’altro, far valere praticamente il principio per cui la repressione è una manifestazione di debolezza del nemico e può essere rovesciata contro chi la promuove; può rafforzare chi ne è colpito; può essere alimento – e non ostacolo – alla lotta di classe. A patto che qualcuno diriga il processo.
Con la campagna ci poniamo l’obiettivo di strutturare uno specifico settore di lavoro, la cui assenza ha comportato che nel corso del tempo il nostro patrimonio di elaborazione ed esperienza pratica fosse valorizzato solo in parte nelle battaglie che pure abbiamo condotto (dalla lotta contro il licenziamento politico del compagno Luciano Pasetti nel 2018 al processo contro Rosalba Romano per il sito Vigilanza Democratica, per fare due esempi).
La strutturazione del settore di lavoro ci permette di affrontare un aspetto ideologico che attiene direttamente alla relazione fra la lotta alla repressione e la rinascita del movimento comunista: i comunisti non possono – e quindi non devono – condurre la lotta alla repressione solo “in difesa”, cioè solo quando sono attaccati dal nemico. Anche nella lotta alla repressione devono passare all’attacco. Ciò significa lavorare ordinariamente all’educazione alla vigilanza rivoluzionaria, alla formazione ideologica e pratica, alla costruzione e al rafforzamento della rete di solidarietà, all’uso degli appigli che la crisi politica offre per indebolire il fronte nemico e alla promozione della rete delle organizzazioni operaie e popolari.
Nel nostro paese la crisi politica è tale che inevitabilmente la repressione poliziesca e giudiziaria aumenterà. Per mantenere il suo ruolo, la classe dominante farà ricorso a ogni mezzo, compresi l’istituzione dello stato di emergenza permanente per legittimare discriminazioni e persecuzioni e il terrorismo dispiegato. Ogni passo in questo senso è una manifestazione della debolezza della borghesia e delle sue istituzioni.
La solidarietà di classe deve diventare un terreno attraverso cui alimentare la costruzione del nuovo potere, quello delle organizzazioni operaie e popolari schierate attorno al movimento comunista.
Il punto di partenza della Carovana fu, negli anni Ottanta, il Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione, che riunivano amici e famigliari dei rivoluzionari prigionieri e compagni che rifiutavano la via del pentimento e della dissociazione dal movimento rivoluzionario degli anni Settanta.
Fin dalla nascita del Coordinamento, e per i 30 anni a seguire, la Carovana è stata oggetto di una persecuzione poliziesca a giudiziaria che aveva l’obiettivo di annientarla, di impedire la fondazione del (nuovo)PCI – che è poi avvenuta nel 2004 – e di disperdere le forze rivoluzionarie che era andata raccogliendo. I successi ottenuti dalla Carovana nella lotta alla repressione – primo fra tutti aver resistito efficacemente ai tentativi di annientamento e aver usato la repressione per allargare le sue file – portano la classe dominante a pesare due, tre, quattro volte le sue operazioni giudiziarie e poliziesche contro la Carovana.
Ciò non significa che la Carovana sia immune alla repressione, ma il nemico considera che ogni operazione condotta contro la Carovana gli si è ritorta contro.