Il 12 dicembre 1969 un ordigno esplose nella sede della Banca nazionale dell’agricoltura di Piazza Fontana a Milano. Il bilancio finale fu di 17 vittime e 88 feriti, dando il via agli anni della “strategia della tensione”.
Si trattò di un’operazione voluta dalla classe dominante, in combutta con i fascisti, nel tentativo di sedare le grandi mobilitazioni operaie e popolari che nei mesi precedenti caratterizzarono l’Autunno Caldo, isolare i movimento rivoluzionario e rinfocolare la fiducia verso il governo Rumor.
A tal fine fu il ferroviere anarchico e partigiano Giuseppe Pinelli ad essere indicato dalla polizia come l’autore dei fatti e venne ucciso pochi giorni dopo in Questura per insabbiare le reali responsabilità.
La strage di Piazza Fontana determinò dunque in quegli anni un salto di qualità nella lotta di classe del nostro paese, che diventò una vera e propria guerra che la borghesia condusse servendosi del suo Stato e dei suoi scagnozzi fascisti. L’attentato inoltre divenne anche uno degli strumenti del regime di controrivoluzione preventiva usato dalla classe dominante di tutti i paesi imperialisti per distogliere la classe operaia e le masse popolari dalla lotta di classe ed evitare che le contraddizioni di classe sfociassero in uno scontro aperto.
Malgrado l’intento della classe dominante, la strage di Piazza Fontana innescò una risposta operaia e popolare al disegno stragista dei padroni che sfociò nella stagione delle lotte degli anni ’70, un movimento caratterizzato da una forte determinazione e un’ampia partecipazione popolare ma che venne sconfitto. A mancare fu proprio un partito comunista all’altezza del compito di rappresentare lo Stato Maggiore di quella guerra e condurre i lavoratori alla vittoria, a fare la rivoluzione socialista nel nostro paese. Le organizzazioni comuniste nate in quegli anni infatti, non furono capaci di assumere questo ruolo e nonostante la dedizione e la generosità dei loro membri esse deviarono nel militarismo o nel dogmatismo.
Oggi ci troviamo ancora a scontare le conseguenze di quella sconfitta: gli effetti della crisi del sistema capitalista che affamano e uccidono le masse popolari continuano ad aggravarsi non perché la borghesia è forte o perché la classe operaia e le masse popolari non sono combattive. Al contrario, la classe dominante mostra sempre di più la sua debolezza proprio perché non ha più soluzioni positive ai problemi e alle necessità delle masse popolari, mentre monta da un capo all’altro del paese la mobilitazione che coinvolge tutti i settori delle masse popolari: dagli operai della GKN ai portuali, dalle proteste contro i cambiamenti climatici a quelle contro lo smantellamento della sanità e della scuola pubblica, dagli scioperi spontanei nelle fabbriche fino a quelli unitari promossi dai sindacati di base e le mobilitazioni contro il Green Pass.
Il motivo per il quale la situazione oggi è quella che è, va ricondotto alla disfatta storica del movimento comunista, una sconfitta dalla quale oggi è necessario riprendersi per proseguire nella ricostruzione di un partito comunista che sia all’altezza di guidare la classe operaia e le masse popolari nella guerra contro la borghesia e il suo clero. Un partito che sia capace di far confluire tutte e mobilitazioni spontanee delle masse popolari nel fiume della rivoluzione socialista mostrando la strada verso la vittoria.
La questione della rinascita del movimento comunista è oggi una questione decisiva per passare dalla difesa all’attacco, invertire i rapporti di forza e avanzare verso la rivoluzione socialista ma, sono i comunisti che devono perseguire questo obiettivo intervenendo uniti in ogni fabbrica o quartiere per promuovere l’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari e promuovendo e sviluppando la discussione politica su quale sia la strada da imboccare per fare dell’Italia un paese socialista.
Il compito immediato che si pone davanti a chi aspira alla rinascita de movimento comunista è quello di dare una direzione rivoluzionaria al malcontento e al dissenso che le masse popolari manifestano contro il corso delle cose imposto dalla borghesia e dai padroni attraverso le misure lacrime e sangue del governo Draghi che scarica quotidianamente gli effetti della crisi sui lavoratori.